Bologna

Da che parte sta il PD?

6 Agosto 2019

Oggi abbiamo assistito ad uno degli atti politici più spiacevoli degli ultimi tempi: lo sgombero del centro sociale di Bologna Xm24. E no, non viene da un’amministrazione comunale di destra ma è tutto merito del sindaco Virginio Merola del partito democratico, l’ultimo partito di sinistra nel panorama politico italiano. Ma è davvero così?

È da tempo che effettivamente il Partito Democratico da segni di avere oltre alla sua anima liberale, un cuore ben posizionato al centro, ma che tende spiacevolmente a destra. Sì può forse biasimare Renzi per aver abolito l’articolo 18 o per aver approvato decreti contro la tutela dei lavoratori. Ma nella precedente legislazione il PD aveva già dato pieno appoggio al cosiddetto governo tecnico di Monti, che in realtà aveva dato il via a riforme economiche molto a destra. L’addio al governo a maggioranza Democratica, nel senso di un vero e proprio canto del cigno dato che è altamente improbabile il ritorno del PD al potere, lo diede Minniti e il suo famigerato appoggio alla fantomatica Guardia Costiera libica. Abbiamo quindi un bello storico di misure approvate o appoggiate dal Partito Democratico che sono misure di destra, sia per aspetti sociali che civili.

Questo è molto strano perché solitamente il PD viene annoverato di sinistra proprio per l’attenzione ai diritti civili. Anche se già di per sé è impossibile separare gli aspetti civili da quelli sociali e quindi politiche liberiste come quelle del PD influenzeranno negativamente gli aspetti civili di cui si occupa. Infatti, tornando all’attualità dello sgombero questo fa parte della gentrificazione appoggiata dagli investitori dell’area, i borghesi costruttori, e nel frattempo nega il diritto a un realtà importante di Bologna di esistere, diritto concesso da un’amministrazione che la Repubblica definisce di “destra”. Il sindaco di “sinistra” Merola, invece, su Facebook ci tiene a mettere in chiaro che le ruspe in azione sono le sue e non quelle di Salvini. Tralasciando che già una rivendicazione per ribadire che il successo demolitivo non è leghista ma dell’amministrazione di “sinistra” potrebbe far accendere i lampeggianti blu di come questa sia una palese misura di forza, che prende il plauso di tutta la “destra” da sempre impegnata nel demonizzazione dei centri sociali. Ma è proprio lo stesso sindaco che chiarisce, inconsciamente, la differenza tra la Lega e il PD:

Qui a Bologna sappiano benissimo cosa fare per garantire legalità e rispetto: lo facciamo con gli strumenti della buona amministrazione[…]

Una differenza che per l’appunto è unicamente formale. È il politicamente corretto. È la cravatta che si contrappone alle cubiste. Per il resto il Partito Democratico, semplificando, è un partito di destra, o al più centro-destra. Non è un fulmine a ciel sereno questa descrizione, molti elettori infatti preferiscono votare direttamente M5S o Lega piuttosto che il calco paternalista delle stesse idee. Spesso si dice che i populismi siano un problema, ma in realtà sono solo un effetto di una tendenza intrinseca alla demagogia nel nostro sistema politico rappresentativo. Questa è coadiuvata dall’emotivismo televisivo o del web che reagisce a un discorso politico privo di contenuti, ma che nel suo nichilismo si rivela essere un telo che cerca di coprire l’elefante nella stanza. Ossia che all’opposizione e al governo ci sono partiti demagogici, ma con linguaggi differenti, la competenza o gli 80€ per gli uni e la casta o l’immigrazione per gli altri. La realtà, l’elefante, si rivela guardando sotto ai proclami, dietro al marketing: come nel sistema americano entrambi fanno l’elastico al potere mentre chi gestisce le nostre vite è un controllo oligarchico dell’economia.

La stessa accusa di populismo e di incompetenza è proprio un tentativo di trovar differenze, tra contenuti molto simili come per l’appunto fa notare il sindaco di Bologna. Così sinistra è diventata una bella etichetta per status quo e non a caso chi vota PD si sente spesso appellato come Radical Chic. Nel turbinio semantico molti elettori leghisti fanno l’ormai comune errore di parallasse di identificarsi come più a sinistra dei democratici, proprio perché sentono più vicino il linguaggio comunicativo di Salvini, uomo comune vicino al popolo, capitano acclamato dal basso. Guardano da lontano le lezioni ex cathedra dei “professoroni” del PD, che come faceva notare Dario Corallo lo scorso autunno, sposano troppo spesso questa comune percezione: sono ammalati di scientismo economico appoggiando l’austerità e rifiutano strade alternative a quelle proposte dal governo di destra europeo; fanno la paternale sui migranti ma ipocritamente è il governo Gentiloni ad approvare una delle leggi più dure; additano gli elettori gialloverdi come ignoranti quando il ceto scolasticamente più ignorante è quello più povero e quindi proprio gli elettori tipicamente di sinistra.

Così in un circolo vizioso classista questi vengono allontanati e si avvicinano gli studiati, che però peccano socraticamente di sapere risultando ignoranti come tutti gli altri. Si avvicinano i cattolici, gli amanti del decoro e della legalità, del politically correct, dell’influenza atlantica e della meritocrazia, della governance globalista e del mercato. In breve ti ritrovi tra le mani un elettorato conservatore e di fatto sei un partito conservatore; con il paradosso che i tuoi elettori si considerano di sinistra perché progressisti, ingannandosi che progresso significhi progresso economico invece che progresso sociale. PD, Lega e M5S sono come macchine che viaggiano nella stessa direzione ma per strade sfalsate o differenti, per cui a seconda dell’osservatore, per la relatività di destra e sinistra, questi aggettivi possono cambiare attribuzione. Quello che non cambia è che tutti questi partiti fanno gli interessi economici della classe ricca, borghese o piccolo borghese, a dispetto di quello che dicano i loro rappresentati o di quello che credano demagogicamente i propri elettori, sono tutti partiti di destra.

 

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