Agrigento
Licata: sindaco abusivo finalmente abbattuto dalla sua maggioranza
“Licata, cacciato il sindaco anti-abusivismo edilizio
Polizia in tenuta antisommossa per proteggere le squadre di demolizione delle case abusive a Licata
Il consiglio comunale del comune siciliano “sfiducia” il primo cittadino con 21 voti. “Torno a insegnare matematica, ma tutti sanno perché sono stato messo alla porta”, spiega Angelo Cambiano, da mesi sotto scorta dopo l’incendio di due sue abitazioni”
Licata, eletto il sindaco a favore delle case costruite rispettando la legge
Polizia in bermuda da mare visto che non serve guardare le squadre di muratori che costruiscono le case regolari
Il consiglio comunale del comune siciliano vota il primo cittadino con n mila voti. “Smetto di insegnare matematica, nessuno sa come ma sono riuscito ad essere eletto”, butta lì Angelo Cambiano, da mesi in piena libertà dopo la costruzione di due sue case
Non me ne voglia Repubblica, ho preso un suo titolo di articolo e mi sono divertito con un piccolo esercizio di stile, a la Queneau. Perché in questa favola all’incontrario è utile partire dall’opposto di ciò che sembra reale.
Ciò che è reale è presto detto: un sindaco totalmente abusivo, che provava a sfidare le regole di una cittadinanza abituata a fare un po’ come cazzo gli pare, è stato finalmente abbattuto, di modo che il paesaggio possa tornare al suo abituale sdecoro urbano.
Scrivo un po’ di getto e un po’ di rabbia: Licata, da qualche tempo al centro dell’attenzione di parecchi media, ce l’ho nel cuore perché è il paese di mia madre. Confligge in me la metà sicula con l’altra alpino-lombarda: in media aritmetica sono di Roma, ma è la deviazione standard a caratterizzarmi meglio.
Quello che è successo nel piccolo paese dell’agrigentino avrebbe dell’incredibile se non fosse così maledettamente prevedibile, quasi noioso. E del resto qualcuno dovrebbe cominciare a porsela la questione del perché, a distanza di ben 59 anni, i riferimenti al Gattopardo sono ancora così fastidiosamente attuali, impedendo persino alla nobile arte della citazione di andare avanti. Di voltare pagina.
A Licata da sempre si cambia qualcosa per non cambiare niente e, da sempre, è stato tutto sottopra.
Cittadina barocca con chiese pericolanti di cui nessuno ha cura.
Bellissime spiagge spesso lasciate all’incuria di chi le frequenta e senza adeguati servizi per raggiungerle e farne un vero gioiello del turismo nostrano.
Strade sporche quel tanto al chilo, rotonde che si imboccano contromano, codice stradale basato sullo sguardo di sfida in assenza di semafori. Acqua che manca con regolarità svizzera, cani randagi a offrire un’ottima scusa per chi, come me, finge di alzarsi presto per andare a correre e poi torna pigramente a dormire a causa dell’evidente mancanza di sicurezza. Sogliole che aumentano di 20 euro al chilo solo se chi le compra mostra un vago accento nordico.
Che dire?
Un sindaco trentaseienne, una volta eletto, ha deciso di provare a far rispettare un’ordinanza, che stabiliva semplicemente di abbattere le case abusive costruite dentro i 150 metri dal mare. Una cosa normale.
Ma è appunto la normalità che è in grado di indignare i licatesi, di spingerli alla ribellione, al moto carbonaro: contro Angelo Cambiano si è rivoltata il consiglio comunale, la cittadinanza, i sindaci delle città limitrofe, la regione, in cerchi concentrici che espandono il raggio della minchioneria.
Ed ecco qui il tristo epilogo, con la seduta del consiglio di ieri sera, in cui la maggioranza del sindaco ha seguito lo spartito della vigliaccheria producendosi in una superba esecuzione (no, no, nessun morto eh) della sinfonia in tre movimenti: “Camurrìa. Scazzamento e Vaffanculo”.
Non c’è sorpresa. Non c’è neppure tanto clamore.
Tutto era annunciato, tutto era già scritto.
Io vivo da quasi quarant’anni e di acqua sotto i ponti ne è passata un bel po’: è caduto il Muro di Berlino, l’Inter ha fatto il Triplete, l’Inter ha comprato Nagatomo, ho visto nascere i cellulari, Internet, i social network.
Due cose rimangono, però, come ancore fedeli del mio pessimismo cosmico, due omaggi alle mie origini sia nordiche sia meridionali: il calendario di un noto istituto bancario del valtellinese e la festa del santo patrono di Licata.
Nel primo caso, si sono addirittura sciolti i ghiacciai ma non cambiano le foto dei 12 mesi stanchi che si ripetono, uno dopo l’altro, con litanica immobilità.
Il secondo, invece, è un evento antropologicamente affascinante che si ripete ogni anno, appunto a Licata, per cui la città si accende di passione e luminarie.
Un’urna pesante diversi quintali, credo di bronzo e argento, contenente le spoglie del santo patrono della città, Angelo, viene portata in spalla da un gruppo di giovani vestiti da marinai che corrono per le strade scalzi. Sui marciapiedi la folla estatica si getta a baciare the magic box e urla le proprie benedizioni al passaggio dei valenti corridori, incurante del pericolo e di quanto sia traballante l’urna medesima.
La fede dei licatesi in Sant’Angelo è incrollabile e, invero, la processione merita di essere vista come spettacolo senz’altro coinvolgente.
La prossima festa sarà a fine agosto, quindi la faccenda del sindaco è stata risolta giusto in tempo per godersi lo spettacolo: le luminarie sfavillanti, le bancarelle di artigianato e dei pistacchi, la gente che passeggia e l’urna in corsa che attraverso le strade.
È un epilogo, in fondo, assai appropriato, oserei dire una metafora perfetta: una folla estatica che urla felice e convinta di avere tra le mani un bel po’ di argento, mentre ad andare in giro, con tutta probabilità, è un mucchio di polvere inscalfibile.
N.B. Se l’ultima frase dovesse mancare di rispetto a qualcuno, è di proposito: c’è una città intera che manca di rispetto alla dignità
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