Cinema

Hollywood, il ricatto degli sceneggiatori: se non ci pagate spoileriamo

9 Maggio 2023

Forse qualcuno avrà sorriso leggendo il titolo. Eppure, la situazione nella capitale mondiale dell’intrattenimento non è affatto divertente. Hollywood si vende da sempre, in tutto il mondo, come una vera e propria fabbrica di sogni ma, in realtà, vive con gli stessi principi e valori di una fabbrica come tutte le altre, nell’economia della quale i sogni contano ben poco.

All’ombra delle star

Quando si pensa a Hollywood a nessuno vengono in mente lavoratori in sciopero a causa di stipendi troppo bassi. Semmai l’esatto contrario. Siamo abituati a considerare a quel mondo patinato e costellato da attori di caratura mondiale come a una gabbia dorata e popolata da super-ricchi. Non è però così.

Attorno agli studios non si muovono soltanto gli attori, bensì anche tutte le altre maestranze necessarie alla buona riuscita di una pellicola. Tra queste, un ruolo di primo piano è quello ricoperto dagli sceneggiatori, la categoria che in questi giorni sta portando avanti uno sciopero che non ha nulla da invidiare a quelli che ogni tanto vediamo al telegiornale. Quel che ci appare straniante, però, è che questa volta non ci troviamo nella profonda provincia italiana, a fare i conti con l’ennesimo imprenditore senza scrupoli che abbia deciso di spostare la sua azienda in un Paese nel quale il costo del lavoro è considerevolmente più basso, bensì nella capitale morale della California – e forse degli interi Stati Uniti – all’ombra delle palme e con la scritta Hollywood che si affaccia dalle brulle Hills, sempre assolate.

All’ombra delle star, a quanto sembra, fa davvero freddo. Intervistata dall’agenzia ANSA, Claire Kiechel, sceneggiatrice di The Watchmen (serie prodotta da HBO) e The OA (Netflix), allarga le braccia adirata e sconsolata, confessando di essere stata pagata duemila dollari in diritti d’autore dalla casa della grande N rossa e 450 dollari per lo streaming, oltre alla paga minima, da Warner Bros, proprietaria del servizio via cavo e online di Home Box Office. Con simili salari, fatica a pagare l’affitto.

Dal Sunset Boulevard, lo scintillante corso di Hollywood – se così sia possibile definirlo, utilizzando una terminologia più comprensibile per il lettore italiano  – si intravedono chiaramente le grandi lettere bianche che compongono la celeberrima scritta e si può passeggiare di fronte al quartier generale di Netflix, posizionato proprio su questa arteria, per togliere ogni dubbio a chi ancora ne avesse qualcuno sul fatto che la casa di produzione voglia fare la guerra, commercialmente parlando, all’industria cinematografica.

“Sono venuta qui da New York per queste due insegne. Non avrei mai pensato che sarebbe stata così dura.”

Ha esternato una rassegnata Kiechel durante l’intervista. Non è certo l’unica a protestare. Per tutto lo scorso weekend si sono visti suoi colleghi, e altri professionisti del cinema, muoversi tra gli studios e i teatri hollywoodiani imbracciando cartelli con su scritte frasi come “Un computer non sa fare arte“; “No accordo, no Shrek 5” e ancora “Pagateci o spoileriamo il finale di Succession.” Le armi della protesta sono queste: le minacce di anticipazioni.

La guerra degli spoiler

La mobilitazione è stata indetta dalla Writers Guild of America (WGA), l’ente che raggruppa tutti i professionisti della scrittura e della sceneggiatura statunitensi. Va avanti ormai da una settimana e si snoda nei pressi degli studios di proprietà dell’Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP), quelli utilizzati da tutte le maggiori case cinematografiche americane – e dunque mondiali. Ma l’intera Hollywood è testimone della protesta: gli sceneggiatori sfilano con i loro cartelli di fronte alla sede di Netflix e quella della Paramount, davanti agli studi di Amazon, della Sony e di FOX così come attorno a quelli Disney, Warner e Paramount. La mobilitazione è generale e rimbalza sui social, grazie agli hashtag #WGAStrong e #Dothewritething.

“Tutto quello che guardiamo comincia con una pagina bianca e con qualcuno che ci scrive sopra. Se ci fermiamo noi, l’intero sistema si inceppa.”

Ricorda Travis Donnelly, sceneggiatore e sindacalista che fa parte del comitato incaricato di contrattare un nuovo accordo collettivo con i produttori cinematografici.

La WGA è un ibrido tra sindacato e ordine professionale. Di fatto, rappresenta il primo passo per chiunque voglia intraprendere una carriera nella sceneggiatura negli USA: le case di produzione e streaming americane possono assumere soltanto tra i professionisti iscritti a questa sorta di albo professionale. Lo sciopero è stato autorizzato a fine aprile, in seguito a un plebiscito che ha visto il 98% dei professionisti votare a favore dello strike, e, dal 2 maggio a oltranza, ogni iscritto alla Writers Guild deve obbligatoriamente aderirvi. La serrata sarà probabilmente lunga. Quindici anni fa avvenne lo stesso e si proseguì per circa tre mesi e mezzo, a cavallo tra 2007 e 2008. In quella occasione l’industria bruciò 2 miliardi di dollari e si persero 37.700 posti di lavoro (dati del Milken Institute). Molti degli aderenti sperano che questa volta vada meglio ma sono pronti a lottare e rischiare dal momento che oltre la metà degli scrittori percepisce il salario minimo e ambisce a qualcosa di più.

Nell’era dello streaming – che 15 anni fa era una tecnologia avveniristica e non era stata inclusa nel contratto – lo sciopero degli screenwriters si combatte a colpi di spoiler. Dal momento che il pubblico è ormai così appassionato di serie, non dobbiamo stupirci: rivelare il finale di una storia che ci appassiona, tanto da dedicarle un numero di ore estremamente più alto di quello che ci sarebbe sufficiente per esaurire la narrazione di un film, è davvero un’eventualità da scongiurare. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha affermato di sperare che si trovi presto una soluzione equa per gli sceneggiatori. Forse anche lui teme spoiler e anticipazioni sulla sua serie preferita.

Crediti fotografici: Venti Views su Unsplash

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