L’importanza della sposa
“Io sto con la sposa” è uscito al cinema il 9 ottobre e ancora oggi è in programmazione in diverse sale italiane. Fino ad ora, ha fatto registrare più di 190mila euro di incassi e ha superato i 30mila spettatori.
Non male per un documentario autoprodotto che racconta la storia di cinque profughi siriani e palestinesi che, insieme ad un gruppo di amici italiani, inscenano un finto corteo nuziale per raggiungere irregolarmente la Svezia da Milano.
La pellicola, firmata da Antonio Augugliaro, Gabriele Del Grande e Khaled Soliman Al Nassiry, è stata realizzata grande a una ben studiata campagna di crowdfunding che, nel giro di due mesi, ha raccolto più di 98mila euro grazie a 2.617 “produttori dal basso”, tutti rigorosamente citati nei titoli di coda dell’opera.
Non solo, “Io sto con la sposa” ha partecipato fuori concorso alla Mostra del cinema di Venezia e, anche per questo, ha goduto di una grande esposizione mediatica, culminata, per citare solo uno degli ultimi episodi, nella partecipazione a Che tempo che fa di uno dei registi, il giornalista e fondatore di Fortress Europe Gabriele Del Grande.
Per un film che pone al centro il tema della migrazione e che, per voce dei suoi autori, sostiene la libertà di movimento di tutte le persone, a prescindere dal passaporto che possiedono, è una grande conquista. Quella di “Io sto con la sposa” è un’operazione importante perché è riuscita a far arrivare a una platea molto ampia e eterogenea delle storie e delle idee che, altrimenti, moltissimi italiani non avrebbero praticamente mai avuto l’occasione di conoscere e ascoltare.
In un momento storico in cui le paure sembrano avere la meglio, in cui il discorso pubblico (a prescindere dai dati di realtà) sembra appiattito solo sul tema dell’invasione e in cui il 56 per cento degli italiani ritiene che gli immigrati in arrivo siano troppi e bisognerebbe rimandarne indietro molti, è un merito che va riconosciuto ai tre autori che stanno dietro a questo film-caso.
Senza dubbio, il progetto e, soprattutto, il documentario hanno dei limiti (ben riassunti qui dalla penna di Lorenzo Bagnoli), ma non così grandi da offuscarne il valore.
Da persone esperte e appassionate, che si occupano di migrazioni da anni, Augugliaro, Del Grande e Al Nassiry, hanno capito che, per provare a cambiare davvero le cose, era necessario uscire dalla “nicchia” di chi già mastica certi temi e rivolgersi al “grande pubblico” che poco li conosce. Così hanno chiesto alla prima (la nicchia) il sostegno necessario per essere in grado di parlare al secondo (il grande pubblico). E il gioco è riuscito.
Certo, gli ottantanove minuti del documentario non bastano a spiegare questioni complesse come la condizione dei profughi siriani in Europa o il controverso Regolamento di Dublino. “Io sto con la sposa”, però stimola domande, fa sorgere dubbi e lancia provocazioni.
L’intera operazione, più che il film in sè, mette in dubbio la narrazione dominante sui temi della migrazione e del viaggio, delle frontiere e della libera circolazione. E lo fa non rivolgendosi a chi queste idee già le condivide, ma parlando a tutti, in prima serata, con competenza e decisione, ma senza pregiudizi o preconcetti. Non capita spesso, purtroppo.
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