Scarface di Brian De Palma, o la rabbia dell’ambizione

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3 Gennaio 2018

Scarface di ricorda il game over di un videogioco, quando il personaggio che ci rappresenta nel mondo virtuale, partito dall’esser quasi invincibile, si ritrova a dover combattere contro un’orda di nemici tutto solo, senza nessun tipo di aiuto e nemmeno molte armi. Ora, realisticamente, davanti a così tanti avversari la vittoria risulta un po’ improbabile.

Esso può vincere però in altro modo, moralmente, la sua vittoria morale risiede nello sprezzo del pericolo, nell’attitudine, nel coraggio e nel carisma da leader che metterà nella battaglia senza via d’uscita, lasciando ai posteri il mito, il ricordo, l’immagine e l’immaginario che di lui si avrà, per il carattere imperiale del comando e della vita.

Al Pacino è epico, impersona nell’imperfezione e nella perfezione criminale quest’espressione dell’essere umano, donando al mito la figura del celeberrimo gangster Tony Montana. È l’ascesa e la discesa di una leggenda.

La pellicola non porta moralismi a chi la vede, bensì focalizza l’attenzione sul fatto che la voglia di emergere, di far successo non guarda in faccia niente e nessuno, elimina a priori chi è d’ostacolo, sia certo che presunto.

La fame, la rabbia piantano le loro profonde radici nella personalità e nel carattere dell’uomo, facendolo emergere in qualsiasi modo, perché la voglia di fare, la sua potenza, anche se con mezzi antitetici alla giustizia, fa comunque salire in alto, smuovere dal liquido lacustre dove ci si trova; nel percorso si deve aver la mente sgombra come in origine, sapendo quel che si vuole, quel che si sta facendo e dunque quel che si vive, la dimensione e il contesto in cui ci si muove.

Se si mantengono le mani ferme sugli obbiettivi e i piedi saldi sulla strada si capirà successivamente che i metodi utilizzati han comunque il loro carattere nefasto, siccome sono contro l’essenza dell’azione compiuta: una crescita, un miglioramento delle proprie condizioni. Il caso di Tony sarebbe quello di chi prima cambia in concreto l’agire e poi la morale, mentre all’opposto vi sta chi ribalta prima la morale e poi la pratica.

Montana è un personaggio pragmatico, dal pensiero freddo e dal muoversi ardente, spregiudicato, amante della propria persona e del proprio ego, sia per incidere che per risplendere di luce propria, come una stella, senza bisogna di nessuno, se non pochissimi fidati. Il suo motto ne è la limpidissima manifestazione e conferma: ”The World is Yours” – ”Il Mondo è Tuo”, la vita, piena, può esser unicamente la propria, per brillare bisogna esser capaci di riempirla da soli, facendo, agendo. Antonio Montana incarna il Sogno Americano, e lo sottolinea con la sentita avversione contro i comunisti cubani, i quali: ”ti dicono sempre quello che devi pensare, quello che devi fare”, aggiungendo: ”come si può vivere con soldati che ad ogni angolo delle strade controllano ogni cosa che fai!?”.

Esso incarna la sfumatura di American Dream più anarchica, cerca non la libertà in senso comunitario e civile, ma una libertà individuale che permetta alla sua infinita figura di agire indisturbata, nel caso lo ritenga giusto, e di non fare, nel caso contrario; è il significato di libertà tipico chi è stato oppresso, di chi ha un fortissimo carattere nonostante sia stato limitato da un Sistema. Questa sua forma di uomo libero si configura come una specie di vendetta sul Sistema e quindi su un’Idea di organizzazione sociale opprimente e asfissiante ogni anfratto del libero arbitrio.

Al Pacino veste i panni di un immigrato cubano che nel 1980, in seguito all’Esodo di Mariel, si ritrova a Miami, assieme all’amico Manny Ribera, diventando uno dei più grandi boss della Coca. Negli Stati Uniti vede una terra di speranza e di opportunità, la sua figura suscita rispetto per la caparbietà e il carattere, per ”le balle” e la ”parola propria” che con potenza e virilità sa tirar fuori, rispettare e far rispettare. Il film incarna un’idea maschile predatrice (ma tipica di un certo retaggio agé).

Tony poi sbaglia, sbaglia perché arrivato in alto, invece di capire l’importanza delle sue capacità, continua ad incanalare e distribuire la rabbia negativamente, senza evolvere e continuando a perpetuare un’idea di capobranco utile alla salita quanto alla discesa. La rabbia non diventa più strumento ma fine è sé stessa, creando attorno al boss un sistema opprimente quanto quello di origine.

Essa è il punto cruciale del discorso, essa è la forza che istintivamente e primariamente esce fuori dalle persone a cui è stata tolta l’aria e l’espressione (ovvero il precedente vissuto cubano).

Riscrivendo la storia di Scarface, Montana, arrivato allo stato di benessere, avrebbe dovuto equilibrare la rabbia con un’altra forza di eguale portata, incanalandola e distribuendola positivamente. La rabbia probabilmente sarà per sempre la sua prima spinta, ma dopo la fase animalesca vi deve essere l’evoluzione in quella più umana, maggiormente da “uomo buono”, una situazione simile a quella descritta da Jean-Jacques Rousseau, per le quali l’uomo è buono finché non viene a contatto con altri suoi simili ed entrandovi in relazione si incattivisce.

Montana nel profondo non è un uomo cattivo ma è piegato dal suo vissuto. Ciò lo si vede, ad esempio, quando impedisce l’uccisione di una persona scomoda perché con la moglie e i due figli piccoli, oppure nel rapporto con Elvira, una “tigre” da lui definita. È un uomo schiacciato e cambiato dal contesto in cui ha vissuto, frutto di un governo distorto che finisce per ripercuotersi sull’individuo anche quando pare ne sia uscito. Tony avrebbe dovuto trasformare la rabbia e la solitudine in senso di protezione per le conquiste raggiunte e comprendere l’importanza dell’affetto, generato dal senso di protezione verso le persone vicine: Elvira, Manny, sua sorella e sua madre. Invece distrugge.

Di base non gliene frega niente di nulla e di nessuno, è un discorso di potenza e potere: la potenza necessaria per potere uscire da una situazione lercia, povera. Ma non solo, sarebbe riduttivo: Montana non riesce a liberarsi dal peso dei fantasmi che martoriano la sua anima; è la storia delle contraddizioni insite nella coscienza. Si vede traccia dell’uomo buono in qualche frammento di pellicola, nei discorsi di lealtà portati, si vede la voglia di appartenere a qualcosa, di tenere a qualcuno, di cercare un senso maggiore che elevi dallo schifo e dalla polvere.

Per questo Scarface può essere letto, alla fine, come una rappresentazione dello Stato di Natura (Thomas Hobbes) statunitense, uno stato che non si palesa direttamente, ma si nasconde nelle pieghe di un sistema economico cosi pervadente da divenire anche sistema sociale, eludendo il contatto sociale (Hobbes), improntato com’è su rabbia, prevaricazione, mascolinità animalesca, virile che finiscono per ergere una gabbia, identica a quella dell’organizzazione economica a cui si oppone.

È inutile infatti negare che Scarface rappresenti (in aggiunta) lo scontro fra i due mondi caratterizzanti l’epoca in cui è stato girato (1983): comunismo vs. capitalismo. Al di là dell’intrattenimento, filosoficamente, è la comunicazione di come, oltre la politica, i soldi, decostruendo, la crisi identitaria derivi dai rapporti fra ansia e affetto, paranoia ed espressione, da come queste 4 varianti si intersechino, trasversali e antecedenti i concetti di bene e male, e replicantisi in organizzazioni sociali che non fanno altro che amplificarne gli effetti.

Tony Montana è la narrazione della distorsione dell’identità fra luci e ombre, è un animale (umano) ferito, senza una casa, in mezzo a un branco di lupi, dall’ascesa è epica e dalla caduta leggendaria. La narrazione della lotta per trovare una definizione di sé oltre le brutture.

Due ulteriori aspetti, poi, sono fondamentali per la resa del film: l’ambientazione e la colonna sonora.

L’ambiente di Miami è eccezionale per una pellicola del genere:

  • lo skyline al tramonto, la città di luci artificiali e naturali, mentre Montana va a trovare la madre e la sorella, e lo stesso, notturno, quando se ne va
  • la sera rannuvolata da sfondo al dirigibile su cui sta scritto The World is Yours
  • la Miami da bere ed esotica della proposta ad Elvira

Oliver Stone, lo sceneggiatore, e Brian de Palma, il regista, assoldarono per i temi musicali Giorgio Moroder, producer italiano che di club, elettronica e italo-disco è un esperto, uno dei massimi esponenti. Moroder è riuscito a creare un tappeto di synth evocativi e leggeri, quanto l’anima sospinta dalla droga, incisivi e immateriali quanto l’ambizione dei protagonisti. Sarà per questi motivi che il videogame best-seller Grand Theft Auto: Vice City è ispirato al mito di Tony Montana e del mondo che lo circonda. Game over.

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CAT: Cinema, Filosofia

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