La solitudine di Alain Delon e i suoi cani

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23 Agosto 2024

Raccontano le cronache che Alain Delon era devastato dalla depressione, dalle conseguenze di un irrimediabile ictus.
Ma quello che lo ha ferito a morte è stata la volgare cupidigia dei suoi figli (“cieca cupidigia che vi ammalia”, diceva Dante), accalcati come sciacalli sul suo cadavere, sulla sua carcassa, anelanti e vogliosi del bottino cospicuo della sua eredità.
Ma era rappreso dalla solitudine,gelo che scende nell’anima che fa chiudere gli occhi ed allontana la gioia.
Taglia come una lama affilata ogni pensiero ed annuncia il vuoto divorante, che prelude all’isolamento.
Alain ha avvertito che si è soli quando viene la malattia che incupisce, detrito di luce, finestra imbrunita, lenta marea che rifluisce e s’infrange sull’arido lido.
Si è soli quando si sa di dover morire e si chiama Dio per placare la sofferenza.
Si è soli quando si è ricchi e si prova l’annichilimento della vacuità dello spirito.
Si è soli quando si recide la parola e si chiude il dialogo: ad un cuore spezzato nessun si volge, se non quello che ha l’arduo privilegio d’aver altrettanto sofferto.
Si è terribilmente soli nel cupio dissolvi, perché si vuole buttare via la vita: arriva il deserto dei sentimenti.
Quando prende il rimpianto e la nostalgia invade con ricordi vividi che rimembrano la felicità perduta: lei non ti tocca, abbassa gli occhi e volge ad altri il sorriso.
Non trovo più la tua carezza.
Si è soli quando si prega, alla ricerca dell’Eterno: ci fa compagnia la notte del silenzio che vuole l’ infinito degli interminati spazi, la luna del lungo inverno.
Si è soli nel vedere il mondo mangiato dalla follia di una corsa senza senso contro il tempo, irriducibile, che passa e non ritorna ed è sprecato.
Si è soli contro la lacerante indifferenza.
La futilitas di questi eredi si ammanta di spirito gradasso, cadono nel ciarpame d’accatto.
Sono senza poesia, l’afflato divino della letteratura: poverissimi.
Alain, come il mito, ha incarnato la bellezza e la nera Atropo ha reciso il filo della sua vita per placare il dolore di tempi che non ritornano.
Ha preferito i suoi cani con i quali riposerà: è l’esito di un destino di un uomo troppo alieno e lontano da questo mondo che non gli apparteneva più.
E mi prende la malinconia se ricordo il ballo sontuoso del “Gattopardo”.

TAG: Alain Delon, solitudine
CAT: Cinema, costumi sociali

Un commento

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  1. andrea-lenzi 3 settimane fa

    si è soli…ma perché tirare sempre in ballo la superstizione religiosa? Credi a queste scemenze e ti senti confortato? Buon per te, ma una persona normale, che abbia letto con un briciolo di attenzione qualche passo biblico, non prederebbe tempo dietro ad una sadica divinità, che tra le altre cose dona ictus e tumori, parte integrante del gioco a premi che secondo un credente cristiano prevede tante prove prima dell’aldilà.
    La cattodemenza è una malattia sociale

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