Il Museo Lombroso di Torino è un monumento al razzismo?
In un momento storico in cui nel nostro Paese, secondo alcuni, il razzismo è in crescita, può sembrare assurdo che a Torino ci sia un museo dedicato a uno studioso che ha cercato di dimostrare come alcune persone siano “geneticamente” portate a delinquere.
Parliamo del Museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso”, che raccoglie una notevole, e per certi versi inquietante, collezione di reperti ossei e manufatti, appartenuti principalmente ai criminali che lo scienziato studiò durante la sua vita accademica.
Periodicamente, in effetti, c’è chi chiede la chiusura di questo spazio espositivo proprio perché sarebbe “celebrativo del razzismo”.
Per capirne di più abbiamo chiesto il parere di Giorgio Droetto, medico legale e criminologo.
Davvero il Lombroso è un museo “razzista”?
“Assolutamente no. È una raccolta di reperti storico-scientifici che mettono in evidenza una ricerca in parte condivisibile, in parte ingenua, ascientifica e sicuramente erronea.
Ovviamente la testimonianza anche degli aspetti negativi è sempre importante, perché dalla spiegazione degli errori si può cercare la strada corretta e soprattutto stimolare il dialogo e la riflessione”.
Qual è l’importanza del pensiero di Lombroso?
“Per valutare i suoi studi dobbiamo tenere presente il contesto, quel periodo storico affascinante a cavallo tra ‘800 e ‘900, caratterizzato dal pensiero positivo, dal Darwinismo, dalla nascita del socialismo.
La sua attività scientifica fu assai eterogenea: andava dagli studi sulle malattie che colpivano i poveri come la pellagra, che deriva dalla carenza di alcune vitamine, fino alla ricerca dei segni della cosiddetta degenerazione atavica. Secondo Lombroso infatti alcune anomalie anatomiche (ovviamente macroscopiche, visti i mezzi disponibili all’epoca), potevano spiegare la predisposizione al crimine.
Il grande merito dello scienziato dunque fu da una parte tenere alta l’attenzione sulle sofferenze dei poveri, dall’altra spostare gli studi dal delitto all’autore del delitto stesso”.
Quale fu l’impatto delle sue teorie?
“Con i suoi studi Lombroso mise in crisi sia la Chiesa che il mondo della Giustizia.
La Chiesa, già alle prese con l’evoluzionismo di Darwin, che metteva in discussione il creazionismo, si ritrovò a fare i conti con le teorie di uno scienziato ateo di origine ebraica, che voleva individuare nel comportamento delittuoso, e quindi nel peccato, una causa organica. Lombroso, dunque, metteva in discussione il concetto di libero arbitrio e lo stesso peccato veniva a cadere.
Analogamente se il criminale non aveva una reale volontà di commettere un delitto, ma agiva sotto l’influsso della degenerazione atavica, cioè di quello che noi oggi chiameremmo il suo Dna, anche il reato, o meglio la volontà libera di commetterlo veniva a mancare. Pertanto, si poneva il problema di come perseguire il colpevole”.
Oggi noi sappiamo che la sua teoria della degenerazione atavica è infondata.
“Certo, e come ho detto è importante conoscere i suoi studi per imparare dai suoi errori.
Il razzismo ritengo non c’entri nulla con Lombroso, che fu comunque uno scienziato famosissimo, socialista e padre di teorie errate e smentite, ma comunque fautore di un tentativo di ricerca attento ai bisogni delle classi più povere”.
Un commento
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Il temine ” razzismo “, in questo nostro periodo storico, ha una connotazione esclusivamente politica. In tale accezione sono perfettamente convinto anch’ io che la ricerca lombrosiana ( i cui risultati vengono ritenuti scientificamente erronei ), il Lombroso ed i suoi lavori non sono accostabili al termine. Tanto più che le connotazioni somatiche prese in esame dallo scienzato prescindono da presunte categorie razziali.