La sfida del verde pubblico
È ormai venuto il tempo in cui (anche) il cittadino si occupi del verde pubblico. È pressoché sconosciuta la “sollecitazione”, contenuta nella legislazione nazionale, per i cittadini, in forma singola o associata, di essere cittadinanza attiva, contribuendo alla manutenzione e al miglioramento delle aree verdi della città, cioè di un bene comune, spesso abbandonato, data la carenza di risorse pubbliche, umane ed economiche, disponibili; tema, oggi, ancor più attuale ed urgente in quanto connesso alla grave emergenza climatica, che impone a tutti di attivarsi, al più presto.
D’altra parte, i cittadini, anche i più sensibili al tema ambientale e al decoro urbano, subiscono un deficit di comunicazione e di coinvolgimento sulle politiche locali del verde pubblico, sulla tutela diffusa e (com)partecipata dell’ambiente urbano, in particolare del patrimonio arboreo, ovvero nella cura delle aree verdi, spesso minime, trascurate e disseminate su ogni territorio comunale.
Eppure, in linea con le tendenze politiche internazionali ed europee in materia di sviluppo sostenibile e di conservazione della biodiversità, è vigente la Legge n. 10 del 14 gennaio 2013 (“Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani”) che si occupa (finalmente!) del verde urbano, offrendo agli enti locali un quadro di riferimento normativo, innovativo ed esaustivo, su un aspetto dei centri urbani a torto e colpevolmente ritenuto secondario e di minore importanza, ma che oggi assurge a un rilievo primario, per affrontare il rischio climatico che incombe e conseguire la qualità della vita urbana, sempre più avvertita e richiesta dal cittadino, nei suoi vari profili, sociale, sanitario, culturale e non da ultimo economico.
Un ruolo importante viene assegnato alle amministrazioni locali, che non solo devono dotarsi degli strumenti necessari per il verde pubblico (piani, regolamenti…), ma soprattutto devono essere propulsive ad incentivare (con la sottoscrizione di apposite convenzioni) la cittadinanza (singoli cittadini, associazioni, comitati civici) a farsi parte attiva nel processo comune e condiviso di tutela del patrimonio arboreo cittadino, da preservare, curare, monitorare e sviluppare.
Per dare concreta attuazione alle proprie finalità, la legge ha previsto l’istituzione di un Comitato per lo Sviluppo del Verde Pubblico, presso il Ministero per l’Ambiente, cui sono affidati numerosi e delicati compiti: fra questi, quello di monitorare l’applicazione della nuova legge da parte delle amministrazioni più vicine al territorio, ovverosia i comuni, e promuoverne l’attuazione attraverso un continuo e attento supporto agli stessi, quali attori principali, nel disegno legislativo, del processo di definizione e orientamento delle politiche locali di sviluppo del verde. A tal scopo, il Comitato nel 2017 ha elaborato, insieme all’ANCI, la rappresentanza istituzionale delle amministrazioni comunali, delle linee guida per il governo sostenibile del verde urbano.
In particolare, le linee guida, considerato che dei 7914 Comuni italiani, ben 7406 hanno popolazione inferiore ai 20.000 abitanti, propongono un approccio differenziato che, mantenendo l’efficacia generale dei contenuti, risponda anche alle specifiche esigenze di gestione di queste realtà territoriali; individuando e proponendo per queste amministrazioni, una dotazione minima di strumenti indispensabili (censimento, regolamento e piano del verde, ma anche il bilancio arboreo), per una gestione del verde urbano che risponda adeguatamente alle esigenze di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.
Ma, gli scopi che il legislatore si propone con la legge n. 10/2013 implicano necessariamente, oltre il ruolo fondamentale dei Comuni, quali enti di prossimità del territorio, come espressamente esplicitato nelle linee guida, la partecipazione attiva e cruciale della cittadinanza nella gestione e valorizzazione di questo importante bene comune, il verde pubblico, elemento decisivo per il miglioramento della qualità della vita in città e nei paesi; già, molteplici sono le iniziative virtuose di adozione e di affidamento di aree verdi alla cura del volontariato cittadino.
Se adeguatamente pianificato, progettato e gestito, il verde può svolgere molte funzioni e produrre importanti benefici per l’ambiente e, quindi, per la società: in primo luogo, i suoi positivi effetti sul clima locale, sulla qualità dell’aria, sui livelli di rumore, sulla stabilità del suolo sono di tutta evidenza. La vegetazione, ad esempio, funge da “climatizzatore naturale”, stemperando quelli che sono gli eccessi termici che caratterizzano l’ambiente urbano; attraverso l’ombreggiamento la temperatura nei periodi estivi subisce un abbassamento di diversi gradi: il conseguente minor bisogno di ricorrere al condizionamento artificiale negli edifici determina, poi, un impatto positivo indiretto sui consumi energetici, sulla qualità dell’aria e sul surriscaldamento globale. Ed ancora, grazie all’attività fotosintetica e alla capacità di fissare carbonio nei propri tessuti, nonché di assorbire le sostanze gassose così altamente concentrate in ambiente cittadino, la vegetazione può contribuire alla riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico.
Se consideriamo gli aspetti socio-economici, è innegabile che una città “verde”, oltre ad apparire
esteticamente più apprezzabile e appetibile a livello turistico, è in grado di rispondere ai fabbisogni di ricreazione, relazione e aggregazione sociale, di crescita culturale e di salute dei propri abitanti.
Di assoluto valore, poi, è il proposito della legge di rilanciare il fondamentale ruolo svolto dagli spazi verdi urbani sul piano culturale. Da questo punto di vista, la legge 10/2013 affronta molteplici aspetti: l’istituzione della Giornata nazionale degli alberi, il 21 novembre (art. 1), che intende creare attenzione sull’importanza degli alberi, specie nei contesti urbanizzati; il rafforzato obbligo (già previsto dalla legge n. 113/1992!) per il comune di residenza, di porre a dimora un albero per ogni neonato o adottato e di realizzare un bilancio arboreo a fine mandato (art. 2); la promozione di iniziative locali per lo sviluppo degli spazi verdi urbani, nell’ottica del miglioramento ambientale e della sensibilizzazione della cittadinanza (art. 6); la tutela e salvaguardia degli alberi monumentali (art. 7), veri “patriarchi verdi” di grande valore culturale oltre che ambientale ed estetico: corre spontaneo il pensiero alla millenaria – Quercia Vallonea -, sita sulla provinciale Tricase-Tricase Porto, in provincia di Lecce, presente sin dal 1982 nell’Elenco nazionale degli alberi monumentali d’Italia, e di recente incoronata, dagli utenti web, con un vero e proprio plebiscito, – Albero italiano dell’anno 2019 – e, pertanto, accederà alla finalissima del concorso – Albero europeo dell’anno 2020 – .
Nonostante i molteplici benefici associati al verde, la situazione su scala nazionale mostra ancora delle criticità. La fotografia che emerge è quella di un Paese in cui il verde urbano è gestito prevalentemente sul piano tecnico e prescrittivo più che come risorsa strategica e positiva per orientare le politiche di sviluppo locale. Questo ritardo è dovuto probabilmente anche al vuoto che per anni ha caratterizzato il panorama legislativo nazionale in tema di verde urbano.
A tale compito, ormai indifferibile, di recupero del tempo perduto, sono chiamati oggi tutti i Comuni, anche i più piccoli, che dotandosi degli strumenti necessari, devono sollecitare e richiedere la partecipazione attiva dei cittadini, i quali a loro volta devono rispondere positivamente a questa “chiamata” di responsabilità civica nella gestione del verde pubblico, un bene comune che appartiene a tutti e ad ognuno di noi.
2 Commenti
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La campagna che definisce il verde urbano ” bene comune” è una vera e propria ” burla”. E’ la soluzione finale per calmare i gretini e per fare affogare le sardine in un mare di stupidità. Ditemi chi è questo legislatore idiota che affida al cittadino comune la cura del verde nelle città e nei paesi e che definisce ” bene comune” il fatto di piantare gli alberi in un sito da individuare e definire come ” bene pubblico”? Siamo giunti al termine di un viaggio che definire turlupinatura è poco.Credo si tratti solo di un modo per acquetare gli animi degli ingenui che hanno applaudito Greta ed affollato le piazze di stupide “sardine”.Gli alberi per mettere le radici hanno bisogno di suolo ed il suolo si può individuare solo attraverso il PIANO REGOLATORE che è lo strumento odiato dai costruttori di edifici a più piani e dai politici che dai costruttori traggono i voti necessari per governare e sedere sugli scranni del potere.Credo che con la legge n.10 del 14 gennaio del 2013 sia stata rispolverata una vecchia norma che ridà fiato alle trombe dei cretini e che li dovrà indurre a mettere in atto i piani regolatori per apporre i vincoli sulle aree dove piantare i famosi alberi.Questo è il vero problema , vecchio ed inascoltato.
Non ho ben capito come il comune cittadino, che normalmente di essenze arboree nonne capisce nulla, potrebbe occuparsi della gestione di aree verdi che necessitano, come tutto, di uno studio e di una specializzazione. Siamo sempre lì, la superficialità del volemose bene. Innanzi tutto per stabilire quali piante sì e quali no ci vogliono degli esperti botanici e paesaggisti, perché sennò si finisce col mettere delle piante inadatte da viale, per esempio. I meravigliosi pini italici o a ombrello, per esempio, che tanto fanno Italia e profilo romano e toscano, sono quanto mai inadatti per i viali, perché le chiome fanno vela e le radici corrono parallele al terreno, disturbando sia la circolazione per l’affioramento, sia per la facilità con cui un vento anche non troppo forte può sradicarli.
Solo un esempio tra i tanti. Per occuparsi del verde pubblico ci vogliono esperti, non è il terrazzo o il giardinetto di casa.