La pia illusione di superare la crisi bancaria italiana eliminando le Popolari

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20 Gennaio 2015

Oggi il pericolo non è l’inflazione, se ne sono accorti tutti dopo tre anni che il povero professor Sapelli lo predicava: il pericolo è la deflazione. Poco prima di Natale sono andato in un paese della Val Trompia, che era uno dei territori più ricchi del mondo, per un convegno sindacale. Il segretario della Fim del luogo mi ha disse ch’era in pensione, ma il figlio e la figlia, in cassa integrazione, erano tornati a vivere in casa con lui e la moglie perché non avevano più i soldi per pagare il mutuo.

Stiamo erodendo la ricchezza non solo dei ricchi, ma anche dei poveri o delle classi medie (dove sono compresi anche gli operai). Il pericolo è la deflazione, cioè che si fermi tutto. Abbiamo iniettato nel sistema trilioni di liquidità: dovremmo avere l’inflazione al 20% e invece è il crollo , il fallimento storico della direzione della BCE che è stata incapace di impedire la deflazione!. Qui arriviamo al vero problema e le banche dovrebbero farsene farsi carico con coraggio: questi soldi non sono andati all’economia reale, ma sono serviti a salvare le banche e, se non pensiamo a riformarle, continueremo a cercare di salvarle per molto tempo ciclicamente, inutilmente. Dobbiamo tornare a separare banche di investimento e banche d’affari. Il governo Renzi, se è autonomo dai poteri di fatto (è un eufemismo per non dire poteri forti, definizione che non vuol dire scientificamente nulla, ma basta vedere la composizione del cosiddetti governo dei tecnici per capire che il tanto criticato conflitto d’interessi esiste sempre…), deve fare una riforma delle banche, dividendo banche d’ affari da banche commerciali e deve imporre questa riforma all’ Europa tutta, sull’ orma dei passi avanti lentissimi ma significativi compiuti in questo senso dagli USA e dal Regno Unito: e questo sarà molto difficile ma è necessario (lo chiese non inutilmente anche il governatore della Banca d’Inghilterra Mervyn King già anni or sono).

Non si può parlare di sussidiarietà e poi pensare che un organismo dall’alto controlli migliaia di intermediari finanziari, tantomeno a livello europeo. Occorre dunque separare le banche. Bisogna chiedere agli imprenditori di creare le proprie banche, di rafforzare le banche cooperative, le Bcc e nuove strutture di intermediazione creditizia dal basso. I paesi con un forte sistema di banche cooperative sono già da parecchio oltre la crisi bancaria: rimane quella industriale e da basso consumo. Il problema è che nessuna economia è uguale all’altra e il mondo è diseguale. Se si guarda dentro le cifre, anche quelle dell’Ocse, dietro la media statistica ci sono settori che sono anticiclici, il biomedicale, le nanotecnologie, un certo tipo di informatica, le macchine utensili, un settore in cui eravamo i primi nel mondo e che stiamo continuando a distruggere e che invece bisogna avere l’intelligenza di difendere a tutti costi, anche con l’intervento pubblico. Non è detto che si possa uscire dalla crisi solo con la mano privata. Bisogna intervenire su ciò in cui i privati da soli non possono fare, auspicando anche degli interventi di capitale estero. Non si tratta necessariamente di interventi pirateschi.

La crisi che attraversiamo è fatta di luci e ombre. È una crisi con molte componenti morali e spirituali, quindi è anche una crisi di attesa. Attendiamo che ci sia la soluzione. Occorre abbassare le tasse sulle imprese. Occorre cercare di aumentare la massa salariale. Occorre rafforzare quelle popolazioni organizzative attive sui mercati che sono anticicliche e non cicliche, come lo sono invece le banche capitalistiche. Le banche popolari sono un formidabile attore economico anticiclico perché sono un attore sociale cooperativo che coopera, appunto, e assicura che gli utili che derivano dall’ erogazione del credito alle famiglie e alle imprese si riversino sui e nei territori in cui vivono e operano i soci: sono un’entità economica sussidiaria che possono agire come strumenti di governo dell’economia perché allocano in forma non capitalistica individuale i diritti di proprietà , in forma di proprietà collettiva di gruppo non statalistica. Sono diffuse in tutte il mondo e negli USA hanno conosciuto in questi anni una rinascita straordinaria, nonostante i fallimenti per mala governance che le hanno afflitte nel Regno Unito e – ahimé -in Italia soprattutto a Milano, come è noto. La recente decisione del governo Renzi – in un tempo di vacatio istituzionale di intervenire con un decreto legge contro di esse, mentre si avvicina il redde ratione della necessità di addivenire al salvataggio di due inferme banche come MPS e Carige, non fa presagire nulla di buone ed è un gravissimo atto di protervia capitalistico-plutocratica, ossia di subalternità della politica ai poteri di fatto che calpestano la poliarchia e non contribuiscono invece a modellarle virtuosamente secondo gli insegnamenti dei grandi interpreti di essa, come Alberto Predieri e Charles Lindblom.

E per quanto riguarda il salvataggio delle banche citate, sarebbe assai più saggio fare come si fece negli USA alla fine degli anni ottante del Novecento allorché centinaia di banche di risparmio entrarono in crisi per affari incestuosi con il sistema assicurativo: creare una o più bad banks con gli assets a rischio, tossici, ecc, e trasformare le suddette banche in banche territoriale e perché no, in banche popolari legate al territorio. Si eviterebbe inutili sacrifici e si ridarebbe a quei territori una speranza di crescita. Se ci illude di porre rimedio, sull’onda dell’odio ideologico di Banca Italia e della Banca centrale europea contro le banche cooperative, e Popolari in specie, alla crisi del sistema bancario italiano, ci si sbaglia di grosso.

L’assenza di separazione tra banche d’affari e banche commerciali e la mobilizzazione a colpi di decreti e di atti di forza di capitali sottratti con questa manovra alle banche cooperative popolari per riversarle nelle banche inferme, si rivelerà fallimentare. Si vuole distruggere il voto capitario per sottrarre alla democrazia assembleare le destinazione del flusso di capitali accumulati in decenni di sacrifici e gestioni meritocratiche e comunque sempre sottoposte al giudizio di migliaia e migliaia di padri di famiglie e di imprenditori.

Il furore neo-liberista che vi è in questa decisione del governo Renzi, se verrà attuata, lascia costernati anche chi come me continua a pensare che il governo Renzi abbia invertito la marcia dell’austerità per intraprender quella della crescita dopo le tristissime giornate montiano. Purtroppo le illusioni cadono sotto i colpi del pensiero unico e della subalternità che pensavamo superata rispetto all’ oligarchia finanziaria che sussume sotto il suo controllo i nuovi partiti personali e neo caciquisti. Il Pd può sfuggire a questo destino iniziando a liberarsi dalle sirene liberiste e dai debiti contratti con i sostenitori delle terze vie che hanno condotto il mondo alla rovina Bisogna studiare di più ed essere più umili Occorre ascoltare non solo gli amici e non solo gli interlocutori che in realtà sono tutori interessati. La vicenda delle banche popolari è la cartina di tornasole per un governo che può ancora salvare se stesso se non cade sotto i colpi della vergogna che si chiama subalternità culturale alle ideologie che hanno condotto il mondo nella crisi economica peggiore dopo il 1907.

Nella foto, il presidente della Bce Mario Draghi e il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (foto tratta da www.bancaditalia.it)

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CAT: Banche e Assicurazioni

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