Finanza

Usura bancaria: chi vuole lottare contro i mulini a vento?

16 Maggio 2017

Intervista all’Avv. Biagio Riccio a cura di Maria Gabriella Branca.

Si parla tanto di Giubileo Bancario, in cosa consiste e quali sono i tempi di attuazione?

È stato depositato il 6.03.2017 alla Camera ed al Senato un disegno di legge in 10 articoli.

In sintesi si propone, cristallizzando la situazione al 31 dicembre 2016, che i debitori delle banche possano chiedere  di definire la loro posizione e non avere più debiti, né contenziosi con le stesse, offrendo un importo non superiore al valore netto di bilancio delle loro singole esposizioni.

Le banche hanno già ridotto nei loro bilanci l’importo del debito originario al 40% del valore iniziale; questa riduzione è stata attuata anche a spese della fiscalità generale e del bilancio dello Stato, come ha brillantemente dimostrato il prof. Minenna, nel convegno, cui ho partecipato il 19 aprile scorso, al Senato della Repubblica biblioteca Spadolini. Ci stiamo riferendo in ultima analisi al fenomeno dei crediti deteriorati, definiti in inglese Non performing loans. Si tratta delle sofferenze bancarie ancora nelle pance degli istituti di credito, perché non esatte. Da qui la proponibilità di fondi di investimento (per esempio il Fondo Atlante) che compra questi crediti ad un prezzo fortemente decurtato, per effetto di una vera e propria cessione.

Vi è dunque un cedente (la banca originaria) un cessionario (esempio il fondo Atlante) un debitore ceduto, che si identifica con quello originario. Se il credito è pari a 1000 viene venduto e trasferito al fondo al prezzo di 500, ma il cessionario chiederà al debitore ceduto sempre 1000, oltre interessi intanto maturati.

In realtà sia il cedente che il cessionario, per ottenere la soddisfazione del credito, devono comunque sottoporre i beni del debitore ceduto ad espropriazione forzata, con la concreta ipotesi di non riuscirci o addirittura di non conseguire un ricavato della vendita, che possa coprire il prezzo di cessione. Se infatti con un’asta immobiliare si realizza un ricavato pari a 400, il cessionario non rientra del suo investimento ed il debitore ceduto è sempre debitore per la differenza.

La stessa situazione si è verificata sul piano fiscale con i crediti portati da cartelle esattoriali, ma in questo caso lo Stato bene ha fatto a delineare lo strumento della rottamazione.

La rottamazione delle cartelle Equitalia ha dimostrato che, se al debitore viene offerta la possibilità di pagare soltanto la sorte capitale (nel caso delle banche l’esposizione  viene mondata dagli interessi anatocistici), l’adesione è ampia ; centinaia di migliaia di imprese e famiglie hanno chiuso i loro contenziosi con il fisco e sono ritornate a produrre, dare lavoro, consumare con maggiore serenità.

Si può stimare che anche nel caso del debito bancario il capitale sia il 50% e la somma di interessi maturati,more, penalità, ecc. costituisca l’altro 50%.

Il progetto di legge stabilisce degli incentivi fiscali per le banche che vi aderiscono e delle penalizzazioni nella vendita dei crediti per quelle che non prestano il loro assenso.

L’avvocato Tieghi, partner dello studio Fantozzi (già  ministro delle finanze) ha fatto poi delle sensate proposte per rendere nullo l’impatto fiscale di queste transazioni sulla contabilità delle aziende.

L’avvenuto pagamento del debito comporterebbe la rinuncia del creditore al maggior credito e  la liberazione di tutte le garanzie personali e reali (fideiussioni ed ipoteche) costituite sui beni del debitore, oltre l’automatica cancellazione della posizione del debitore dalle segnalazioni della Centrale rischi, tenuta dalla Banca d’Italia come sofferenza.

Appare evidente che stiamo al cospetto di una proposta che può arginare e porre fine al massacro sociale, nel quale sono coinvolte, famiglie, imprese e le stesse banche che non smaltiscono le dette sofferenze.

Credo che questa proposta di legge, sposata dalla Sinistra democratica ( onorevole Paglia) e dal gruppo di Alternativa possibile (on.Maestri), trova  nell’avvocato Dino Crivellari,  il suo effettivo ispiratore. Può ottenere il consenso di tutte le forze politiche, come dimostrato nel nostro del convegno, cui tra l’altro ha partecipato il senatore Quagliariello, il Procuratore Generale Antimafia Roberti e l’onorevole Pomicino, che già aveva sostenuto queste tematiche, con autorevoli interventi sul Foglio,  Il Sole 24 Ore, Il Fatto Quotidiano.

Perché il Giubileo Bancario non può essere paragonato ad un condono?

Non si tratta di un condono: se volessimo indicarne i tratti distintivi sul piano giuridico, parlerei semmai di remissione del debito. Nel diritto privato romano, come insegna Antonio Guarino, era possibile il pactum de non petendo, il patto di non esigere, in forza del quale il creditore si obbligava a non esigere l’adempimento per intero. Altra forma di remissione era la transactio cioè una transazione, con la quale creditore e debitore si facevano reciproche concessioni,ma sempre aventi ad oggetto una decurtazione della sottesa pretesa creditoria. Nel nostro ordinamento giuridico la remissione del debito rientra tra i modi non satisfattivi di estinguere un’obbligazione di pagamento, proprio perché il debitore può esserne liberato totalmente od in parte. Essa è disciplinata dall’articolo 1236 del codice civile.

L’espressione giubileo ha invece una ricaduta etica, perché comporta comunque una rinuncia del creditore o di chi detiene ricchezza che la dottrina sociale della Chiesa fa risalire a fondamentali encicliche: la Rerum Novarum di Leone XIII,la Populorum Progressio di Papa Paolo VI, la Centesimus Annus e la Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II e la Caritas in veritate di Papa Benedetto XVI.

Per certi aspetti ne parla anche Marx nei Manoscritti filosofici giovanili, quando il capitalista deve rinunciare a parte dei suoi profitti.

Quali sono i benefici per il sistema bancario e per i debitori?

È ben evidente che una sofferenza bancaria, come noto, impone una ferrea legge di bilancio: quella di appostare un fondo prudenziale della sua stessa entità o di una somma minore, qualora non sia possibile la sua effettiva soddisfazione sul piano giuridico.

Per esempio il credito incagliato, pari a 1000 che chiamiamo sofferenza proprio perché non è stato conseguito dal suo titolare che è la Banca, è posto come fondamento per un’espropriazione forzata sui beni che il debitore ha concesso in garanzia  alle banche. In questo caso è imposto alla banca un fondo cosiddetto prudenziale, nel quale deve essere  collocata una somma di denaro che può essere 1000 o un importo poco inferiore, nel caso in cui l’espropriazione non renda il risultato sperato. Questo significa che  quell’importo posto nel fondo prudenziale è sottratto al comparto delle erogazioni, in ultima analisi ai prestiti che chiedono le imprese. Ecco perché le banche  si vogliono liberare delle sofferenze, per fare in modo che le somme bloccate nei fondi siano messe in circolazione per produrre reddito. Questa liberazione viene attuata con il metodo della cessione del credito, che arricchisce fondo speculativi, in quanto il nostro credito di 1000, l’originaria sofferenza, viene acquistato per un modesto ed irrisorio importo anche 300 o 200. Ma è stato provato che le banche non smaltiscono le sofferenze ed i debitori, che intanto hanno perso la casa, rimangono debitori a vita. Chi si arricchisce sono solo i fondi speculativi, senza che tuttavia il problema in radice sia risolto.

Immaginiamo un altro scenario: il debitore tratta con la Banca direttamente. La stessa non deve ricorrere all’espropriazione forzata. Dunque già si evitano spese enormi di gestione della pratica, perché non si pagano, notai, avvocati, non si affronta il rischio del contenzioso. La banca realizza immediatamente il suo profitto, seppure scontando il credito, non più 1000, bensì 500 ed intanto la parte non esatta può anche essere defiscalizzata. Il debitore dal suo canto non perde la casa e si libera di tutte le sue fideiussioni, oltrechè il suo nominativo non compare più nella centrale rischi.

Intanto la sofferenza libera le somme appostate a fondo prudenziale ed il circuito del reddito ne è alimentato.

L’economia reale, in ultima analisi riparte.

Lei che da anni sostiene imprese e famiglie in contenziosi bancari cosa pensa della frase che  dietro ogni debito c’è una vita?

Con l’aumento vertiginoso delle espropriazioni forzate, che hanno dato la stura ad un collaterale mercato fiorentissimo di immobili pignorati al punto tale che le banche oggi hanno creato agenzie di vendita, possiamo affermare, candidamente, che la storia è tornata indietro: il debitore è schiavo del suo debito per tutta la vita. Infatti se un’asta immobiliare non sortisce l’effetto sperato, per esempio, perché con il ricavato della vendita forzata del bene pignorato il debito non viene coperto, il creditore- di solito una banca o l’ente di riscossione- Equitalia- continua con l’attività di recupero forzoso. Gli è consentito dal nostro ordinamento giuridico, perché il debitore risponde con tutti i suoi beni presenti e futuri, per le obbligazioni contratte.

Ne consegue che i creditori non si fermano e continuano a massacrare il debitore, con lettere ed atti giudiziari anche quando gli hanno portato via la casa con tutti gli arredi.

Al tempo dei romani chi era debitore diventava schiavo del creditore: c’era il nexum ,il nesso. Nel 326 avanti Cristo fu promulgata la Lex Poetelia Papiria de nexis su proposta dei Consoli C. Petelio Libone e L.Papirio Cursore. Tale legge rese possibile l’abolizione del nexum, il vincolo di schiavitù che legava un debitore ad un creditore, come forma di garanzia per l’adempimento di un debito assunto.Tito Livio scrisse: “che fossero i beni del debitore, non il suo corpo, a rispondere del debito. Pecuniae creditae bona debitoris, non corpus obnoxium esse.

Si è tornati alla schiavitù del debito, alla sua prigionia: si perdono le proprie case, la dignitas e l’onore: non si è più titolari di fatto di alcun diritto, di qualche potere. Si degrada nell’oblio della società: si perdono i diritti: sui iuris.

È conferito agli stessi creditori il diritto di chiedere le assegnazioni delle case e dei beni posti all’asta: dunque accade che la banca non solo è creditrice e perciò avvia il pignoramento, ma una volta che l’asta declassa per sua stessa struttura il bene, sarà la Banca medesima a divenirne aggiudicataria. In tal modo si costruisce una sorta di manomorta immobiliare: il patrimonio dei debitori si concentra sempre nelle stesse mani, quelle delle Banche, che nel contempo sono creditori ed assegnatari, in barba alla legge sulla trasparenza ed in dispregio del divieto di conflitto di interessi. La spire del serpente così si avvolge: la Banca riscrive il suo credito in bilancio, defiscalizzandolo e dunque recuperando o non pagando il carico impositivo: nel contempo diventa essa stessa assegnataria di beni immobili, comprati ad un’asta a prezzi ovviamente irrisori e stracciati. Se del caso affida al cliente interessato, futuro compratore, anche la proponibilità di un mutuo. Guadagna sulla povera gente, i debitori, che hanno subito la spoliazione immobiliare, per una legge del più forte: un codice di procedura civile che ha snellito il processo dell’espropriazione immobiliare, oggi più facile e spedito, per l’affidamento delle vendite forzate a notai ed avvocati, asserviti e speculatori, come sciacalli ed avvoltoi intorno alla corruzione di un cadavere.

Con la legge del sovraindebitamento può ovviarsi a questo massacro sociale?

Infatti dice bene: siamo a quel massacro sociale, che avvenne prima della Rivoluzione francese. E’un paragone e richiamo storico che ho fatto con un mio articolo che ha avuto fortuna, perché letto alla Camera dei deputati all’indomani dell’approvazione dello sciagurato decreto salvabanche. I debitori sono come il Terzo Stato che descrisse l’abate Sieyes: non contano nulla e vorrebbero diventar qualcosa. La legge sul sovraindebitamento nasce proprio per liberare i debitori dalla schiavitù descritta e per evitare il ricorso all’usura criminale. Le banche l’ostacolano nella sua attuazione, ma è l’unico serio strumento a disposizione della parte più debole.Dovrebbero i tribunali attrezzarsi e renderla fruibile, predisponendo gli organismi di composizione della crisi.Ma il processo è lungo e tortuoso ed i giudici sono restii ad applicarla, soprattutto per bloccare le aste, come sarebbe necessario, proprio come suggerisce lo spirito della legge medesima.

Andare contro dei colossi come le Banche a volte non sembra una lotta contro i mulini a vento?

Siamo a quello che Marx descrisse- nei Manoscritti e nel Capitale-nella sua spietata analisi contro il degrado della società industriale del suo tempo. Tenga presente che quelle acutissime riflessioni sono state riprese, sia pure con le dovute contromisure ed aggiustamenti storici, da una recente letteratura che avuto la consacrazione sotto tutte le latitudini: mi riferisco a Thomas Piketty, Joseph Stiglitz, Antonine Vauchez, Sir Anthony Barnes Atkinson, al nostro Luciano Gallino.Questi scienziati dell’economia, sociologi, concordano che il fondo monetario internazionale ha adottato la dottrina neo liberale, che ha prodotto austerity, con la conseguenza che si è impoverito il consumatore: il processo è semplice: la domanda non tira, i salari sono fermi, si produce disoccupazione, entriamo nella stagflazione. Chi ci guadagna sono solo le banche che utilizzano i prestiti della Banca centrale europea, non perché giungano all’economia reale per incrementare gli investimenti e produrre per la piena occupazione, ma per utilizzare questi fondi in operazioni di alta ingegneria economica: quella dei derivati, che possono anche produrre disastri, vedi caso Deutsche Bank e quello del nostro Monte dei Paschi di Siena. Il nostro Papa Francesco nella sua enciclica Laudato Sì  e durante il giubileo della Misericordia ha ricordato il sociologo Bauman: siamo ormai alla società dello scarto. Gli imprenditori che non vengono aiutati dalle banche sono come lo scarto, i rifiuti, fuori da ogni circuito reddituale. Da qui suicidi e disperazione.La legge del più forte si adotta anche nei tribunali: i magistrati utilizzano la formula della banca di Italia e non riconoscono l’usura, con il conseguente rigetto di tutte le domande di tutela. Lo diceva Sciascia: non hanno coraggio e sono come i burocrati del male, senza spina dorsale.Bisogna avere la forza e la preparazione adeguata per denunciare, non fermarsi mai per la tutela del più debole.

Anatocismo, tassi usurari, prelievi forzosi, clausole scritte in caratteri minuscoli o illeggibili o anche incomprensibili a volte, come difendersi da tutto ciò?

La magistratura è in una deriva reazionaria. La lotta dunque ha anche un riflesso politico, perché il governo, anche quelli apparentemente di sinistra, varano leggi pro-banche. Ricordo quanto scritto da un grande studioso, a commento della sentenza della Cassazione che ha ritenuto che la commissione di massimo scoperto non faccia parte del Teg e perciò è difficile riscontrare l’usura.Mi riferisco al Marcelli insigne giurista e perito, ha ritenuto che le pronunce della Cassazione non sono più giuridiche, bensì politiche e troppo prone al diktat della banca di Italia.Se i magistrati non si pongono, nel rispetto della Costituzione, per quanto insegnano gli articoli 3 e 41 della Carta, risulta improba la battaglia.Oggi abbiamo la legislazione del più forte: anatocismo legalizzato, riconoscimento del patto commissorio e dunque dell’usura reale nella concessione del credito, usura non riconosciuta se ci si uniforma alle istruzioni della banca di Italia. Rispetto a questo stato di cose dobbiamo batterci per offrire al debitore un potere contrattuale ad oggi inesistente.

Cosa implica per un’ impresa una errata comunicazione di un Istituto di Credito alla Centrale Rischi?

La sua fine, la sua distruzione. Infatti l’annotazione in centrale rischi e’ un allarme per gli altri istituti di credito che revocheranno i fidi concessi. In mancanza di liquidità l’impresa soffoca, non paga gli stipendi, i fornitori, si avvia dritta al fallimento. Vengono escusse anche le fideiussioni dei garanti titolari dell’impresa che perdono le proprietà personali.

Abbiamo presentato un disegno di legge al Senato per cercare di punire le banche che senza alcuna forma di contraddittorio preventivo segnalano erroneamente un imprenditore. Sarebbe giusto che in caso di erronea segnalazione la banca sia punita almeno tre volte l’importo incautamente segnalato. Ed ovvio che sia un organo terzo, il Giudice e non la banca ad infliggere la sanzione.

La segnalazione alla centrale rischi provoca una peste, come quella che descrisse Camus nel suo bellissimo libro, La peste, o anche quella narrata da Manzoni nei Promessi Sposi.

Il segnalato è un appestato escluso da tutti e la gogna mediatica prodotta ai suoi danni, impedisce anche alla di lui moglie di comprare un frigorifero a rate.

Anche nell’ambito dei concordati preventivi le imprese non possono beneficiare di nuova finanza, se hanno una centrale rischi rovinata. Lo hanno dimenticato in sede di riforma fallimentare: questo è molto grave.

Ci può fare un esempio di un caso clamoroso che ha incontrato nella sua professione?

Ho vinto diverse cause contro le banche, perché le medesime hanno segnalato erroneamente miei clienti alla centrale rischi: le più importanti al Tribunale di Milano.

Ne sto curando una in questo periodo, pendente al Tribunale di Nocera Inferiore, ove è stato chiesto alla banca un risarcimento di oltre 13 milioni di euro. Con un provvedimento di urgenza abbiamo già ottenuto la cancellazione dalla centrale rischi per oltre cinque milioni di euro e la richiesta di rinvio a giudizio per i responsabili della banca.Il giudice nel merito sta valutando la lesione costituzionale dell’art.41 della Carta: quello che stabilisce che l’iniziativa economica privata non si debba svolgere contro la utilità e dignità sociale. Lo dovrebbero capire, ahimè, anche le banche. Ma purtroppo lo hanno dimenticato.

 

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