America
Uccidono più le armi che il terrorismo, ma nessuno pensa a misure speciali
Più di un morto al giorno, sabato e domenica inclusi. Un totale di 320 vittime in 238 giorni del 2015. Una strage quotidiana negli Stati Uniti che conta anche altre centinaia di feriti. Insomma, una scia di sangue interminabile. Ecco, ora per un attimo immaginiamo che i responsabili di questi delitti siano uomini barbuti, che inneggiano ad Allah: la conseguenza sarebbe logica, partirebbe la richiesta di misure speciali per contrastare la minaccia. Ci sarebbero lunghe e preziose riflessioni. Ma si dà il caso che i 320 morti certificati dal Mass Shooting Tracker non sono il bilancio degli attentati terroristici, ma si tratta della tragica conta delle persone uccise negli Stati Uniti per l’uso di armi da fuoco. Il tema è tornato d’attualità nel peggior modo possibile: con l’assassinio in diretta tv della giornalista Alison Parker e del cameraman Adam Ward, in Virginia.
Il raffronto tra vittime del terrorismo e della minaccia delle armi è stato proposto dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che, in un’intervista all’emittente Abc, ha esplicitamente affermato: “La violenza provocata dall’eccessiva diffusione di armi in America uccide più del terrorismo”. La questione non è un’opinione politica, ma una evidenza numerica. Del resto il numero uno della Casa Bianca, in un tweet del 21 giugno, aveva parlato della piaga sociale che flagella gli Stati Uniti. Secondo i dati, elaborati sulla base della popolazione, “si uccidono l’un l’altro con le pistole ad una velocità maggiore 297 del Giappone, 49 volte più della Francia, e 33 più di Israele”. In quel momento c’era l’onda lunga della strage di Charleston con 9 afroamericani uccisi in una chiesa. Dopo quell’episodio c’è stata la controversa sparatoria di Chattanooga, nel Texas, con Muhammad Youssef Abdulazeez come protagonista. Poi, come sempre, una coltre silenzio.
Here are the stats: Per population, we kill each other with guns at a rate 297x more than Japan, 49x more than France, 33x more than Israel.
— President Obama (@POTUS) 21 Giugno 2015
La sensazione, anche questa volta, è che le nuove vittime della follia non provochino alcune reazione vera da un punto di vista normativo. È troppo radicata la cultura del possesso delle armi, in nome della presunta sicurezza, con una nutrita pattuglia d parlamentari pronti a immolarsi sulla ‘difesa delle armi’ nelle mani degli statunitensi. E poco importa se questa ossessione finisce per alimentare violenze, lasciando scie di sangue: con una pistola (secondo i dati pubblicati da Vox il 42% degli americana possiede un’arma, come evidenzia il grafico qui sotto), un uomo in preda a un raptus di follia per provocare un bilancio di vittime davvero paragonabili a un feroce attacco terroristico. L’unica vera differenza, negli Stati Uniti ma anche nell’opinione pubblica europea, risiede nella percezione. La morte in un attentato è qualcosa di terrificante, mentre finire sotto i colpi di una tragedia di cronaca appare come un problema minore.
E sebbene questo discorso riguardi attualmente solo gli Stati Uniti, deve riecheggiare come un severissimo monito sul dibattito che emerge talvolta anche in Italia sulle armi come presunto strumento di sicurezza. Quando qualcuno parla di “farsi giustizia da soli”, bisogna sempre ricordare che solo nel 2015 negli Stati Uniti sono state uccise 320 persone in 238 giorni, in nome di questo principio.
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