Terrorismo

Terrorismo: la guerra continua e si evolve

18 Luglio 2016

Molti pensavano che uccidendo Bin Laden e smantellando Al Qaeda tutto sarebbe tornato in ordine. Ma il terrorismo di matrice islamica non era certo destinato a sparire, bensì ad evolversi.

I terroristi hanno infatti dimostrato di saper sfruttare, più che subire, l’influsso della globalizzazione e il corso della Storia, evolvendosi di pari passo. Lo hanno fatto seguendo il flusso delle tecnologie e della forza dei suoi effetti sui media, adattandosi al progresso dei mezzi di sicurezza e sfruttando al meglio le esacerbate contraddizioni e divisioni del Medio Oriente, il fallimento degli USA nell’area, la debolezza e l’indecisione dell’Europa.

È un dato scientifico che i gruppi terroristici, i loro affiliati ed i loro simpatizzanti siano oggi un numero ben maggiore rispetto al passato. Questi sono in grado di sfruttare a pieno tutti i mezzi e le possibilità offerte dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per creare relazioni con i gruppi più disparati e addirittura con singoli soggetti, individuandone i più inclini alla causa e facendo network, come degli “head hunter” o dei “team builder” del terrore.

Se tutto ciò può sembrare scontato, analizzare brevemente alcuni aspetti basilari dell’evoluzione del terrorismo ci aiuterà ad entrare un po’ più nel dettaglio, nella speranza di aiutare a capire cosa e chi abbiamo di fronte.

Iniziando dalla logistica e dalle esecuzioni degli attacchi, l’upgrade rispetto al passato è evidente. Poiché l’abitudine fa venire meno l’effetto di cui il terrorismo va in cerca, si finisce con l’assistere a vere ”tendenze”: se per esempio gli aerei distrutti da bombe nel vano bagagli erano una tendenza degli anni Ottanta, oggi assistiamo ad attacchi che causano un ben maggior numero di vittime con soluzioni inaspettate ed imprevedibili, causati da mezzi che a volte possono essere sì rudimentali o improvvisati, ma comunque in grado di produrre lo stesso effetto che produrrebbero armi più sofisticate e più difficili da reperire. Un rapporto rischio/costo/efficacia terrificante.

Anche i motivi alla base degli attacchi sono diversi rispetto al passato: la logica dei gruppi nati per un’esplicita rivendicazione politica è ormai superata. Così come sono diversi i kamikaze: essi sono attratti da slogan universalisti e spesso non colpiscono per ottenere risultati (liberazione di prigionieri, riscatti ecc…), ma attaccano indiscriminatamente.

Quella attualmente protagonista è una generazione formata da persone determinate e pronte al martirio. Questa fermezza che li spinge fino alla morte li rende difficilmente individuabili. In movimento e motivati, vanno e agiscono ovunque la loro causa li spinga, fin nel cuore di un Occidente con cui sono perfettamente in grado di fondersi o in cui sono nati. Una gioventù in cerca di un credo assoluto, di una ragione di vita e di una causa per cui vivere e allo stesso tempo morire, una gioventù che quando non riesce a raggiungere le terre del Califfato decide di agire in loco, nella casa del nemico – che spesso coincide con la sua.

Tutto ciò è strettamente legato all’evoluzione strutturale dei gruppi stessi e delle modalità di reclutamento (che neanche sembra essere così necessario, viste le dinamiche di alcuni attacchi spesso privi di legami netti con la matrice fondamentalista).

Mentre le organizzazione terroristiche tradizionali erano spesso costituite da cellule o avevano struttura piramidale, le organizzazioni attuali sono ben diverse: satelliti autonomi che gravitano gli uni attorno agli altri o, al contrario, lupi solitari totalmente isolati; piccoli gruppi liquidi e mutevoli legati da collaborazioni momentanee e contatti sporadici, che si muovono e si riuniscono per realizzare un attentato, dunque particolarmente difficili da seguire ed identificare. Fantasmi che si muovono nell’ombra per poi diventare delle vere e proprie star del terrore attraverso i social ed il web, con l’obiettivo di reclutare nuovi adepti e facilitare il successo della causa per la quale ci si batte convincendoli della sua giustezza.

Il terrorismo moderno è quindi presente con regolarità ma allo stesso tempo è fugace, configurandosi quindi come una minaccia diffusa, dalle molteplici sfaccettature ed estremamente complessa. E questo, che piaccia o no, deve essere ben chiaro. Chiaro soprattutto a chi generalizza secondo logiche troppo semplicistiche credendo che ci siano soluzioni rapide ed immediate, le stesse che li avevano convinti che uccidendo Bin Laden e smantellando Al Qaeda si sarebbe tornati alla “normalità”.

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