Medio Oriente
Sulla guerra in Iraq Tony Blair ha ammesso gli errori, ma non ha chiesto scusa
Secondo la versione che circola da qualche ora, Tony Blair avrebbe chiesto scusa per l’intervento in Iraq durante un’intervista rilasciata alla Cnn. L’ex Primo ministro laburista ha affrontato l’argomento a viso aperto: tra gli alleati del presidente americano George W. Bush è sempre stato quello più esposto alle critiche, spesso feroci, facendo i conti con molte resistenze all’interno del suo esecutivo, specialmente da parte di Robin Cook, che aveva ricoperto il ruolo di segretario per gli Affari esteri fino al 2001.
“The most important thing for TB was to communicate to the Iraqis (…) that they would benefit from fall of Saddam“: è un appunto dell’ex spin doctor di Blair, Alistair Campbell, raccolto nei diari e pubblicato nel libro “The Blair Years”, uscito nel 2007.
La posizione non è cambiata, dal momento che Blair al giornalista della Cnn ha dichiarato di scusarsi perché i rapporti ottenuti dall’intelligence sulle armi di distruzione di massa attribuite a Saddam erano sbagliati e ha ammesso che certamente ci sono stati errori nella pianificazione delle operazioni in Iraq, “but I find it hard to apologize for moving Saddam“, ha aggiunto.
Parole che contrastano con le versione approssimativa fornita dalla stampa, così come è fuori luogo la conclusione alla quale sono giunti i commentatori per cui Blair avrebbe ammesso che sia stata unicamente la guerra in Iraq ad alimentare la nascita e la proliferazione dell’Isis.
Blair ha sottolineato come la nuova ondata di terrorismo islamico abbia messo radici inizialmente in Siria, lanciando una frecciatina sulle gestioni delle crisi prima in Libia (intervento senza truppe) e poi nello stato siriano (nessun intervento militare): niente nomi, ma basta una supposizione logica per intuire che i destinatari del messaggio siano l’amministrazione Obama e l’Europa.
Insomma, sarebbe bastato ascoltare attentamente l’intervista.
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