Geopolitica

Kayla Mueller, quel sorriso che provoca un dolore senza tregua

11 Febbraio 2015

Per uno che fa il giornalista la morte è spesso una notizia da raccontare in maniera fredda e distaccata, magari nell’ambito delle cifre da snocciolare per quantificare l’entità di una catastrofe. Ma il sorriso di Kayla Mueller, morta in Siria per aver cercato di aiutare le popolazioni più sfortunate, non mi dà tregua. Davvero non riesco a spiegarmi il perché. Rivedo quell’immagine e non posso sfuggire alla sensazione di dolore, che finisce per sopraffare quella tendenza all’assuefazione da tragedia a cui siamo sottoposti.

Non conoscevo Kayla Mueller e ovviamente nemmeno sapevo che fosse stata rapita dall’Isis visto che la notizia era stata secretata. Anche la sua uccisione resterà per sempre un mistero nel rimpallo di propaganda tra Isis e Stati Uniti. Eppure la sua morte diventa un’esplosione di tutte le catastrofi degli ultimi mesi, caratterizzati da un lungo elenco di vittime che – appunto – provocano un’assuefazione quasi necessaria al cittadino mediamente informato. E credo che questo particolare dispiacere sia provocato dalla morte di una ragazza, che voleva dare tutto pur di sostenere i siriani colpiti dalla guerra civile che li flagella da anni senza alcuna pallida luce di speranza per il futuro prossimo.

Kayla Mueller, fosse stata italiana, sarebbe forse stata derisa innescando un dibattito sui motivi della sua partenza per la Siria e probabilmente qualche senatore avrebbe alluso a un ipotetico sesso fatto con guerriglieri (salvo poi correggere il tiro). Insomma sarebbe stata etichettata, da qualche cinico che si credeva più intelligente degli altri, come una povera idealista mezza scellerata.

Lei era già stata in Darfur, poi aveva lavorato in una clinica per malati di Aids. Era andata in Siria, al confine con la Turchia per aiutare i profughi, e in un’intervista aveva raccontato che la popolazione locale si chiedeva dove “fosse il mondo” di fronte a quanto stava accadendo. Ecco in territorio siriano è morta una ragazza di 26 anni, di Prescott (Arizona), che ha sacrificato la sua vita per gli altri. Un sacrificio arrivato all’estremo in un punto in cui probabilmente nemmeno lei era riuscita a immaginare. E che non ci sforziamo nemmeno troppo di apprezzare.

Forse per questo motivo il sorriso di Kayla Mueller mi provoca un dolore che non riesce a darmi tregua.

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