Bruxelles
Merkel, Hollande, Rutte, Rajoy, svegliatevi: serve una FBI europea!
Dopo la strage di Berlino sorge spontanea la domanda: cosa serve ai politici europei per creare un’agenzia paragonabile all’FBI statunitense? Cosa occorre alla Merkel e ai suoi colleghi di Parigi, Roma, Varsavia, L’Aia, Madrid? Quanti attentati servono prima di decidersi a lanciare ai cittadini europei un segnale concreto, tangibile, ma anche di forte valenza simbolica? Perché non si vuole disarmare, almeno un po’, la retorica emergenziale e violenta dei populisti, che gridano al “pericolo islamico”, all’“esercito di terroristi”, e invocano il ritorno alle frontiere, le espulsioni di massa, il restringimento dei diritti?
Il 14 novembre 2015, all’indomani della strage di Parigi, il sottoscritto, proprio su questo quotidiano, proponeva la creazione di un’FBI europea. Non si trattava, diciamolo subito, di chissà quale colpo di genio; era solo la constatazione, quasi ovvia, di una banale ma assoluta necessità. Da allora sono stati diversi i politici e gli opinionisti europei che hanno chiesto un’FBI europea: solo tra gli italiani, voglio menzionare Gianni Pittella (dicembre 2015), Enrico Letta ed Emma Bonino (marzo 2016), Eugenio Scalfari (giugno 2016).
Vale la pena notare che i politici di destra, a parole sempre più duri delle “molli” controparti socialiste e liberaldemocratiche, sull’FBI europea dicono poco o nulla. L’idea non piace? Esistono soluzioni più efficaci? Le agenzie anti-terrorismo nazionali bastano e avanzano? Non parliamo poi dei demagoghi di ultradestra, che non sanno andare al di là di una retorica velenosa, scriteriata e inutile. Qual è la loro idea, esattamente? Bloccare il Mediterraneo? Invadere il Nord Africa? Rilanciare la Festung Europa che funzionò così bene negli anni ’40?
“Serve un Fbi europeo con comando unico, dedicato solo alla lotta al terrorismo islamista”. A dirlo, nel marzo 2016, è stato Dany Yatom, ex generale dell’esercito israeliano e soprattutto ex capo del Mossad. Ma evidentemente in fatto di anti-terrorismo neanche Yatom ne capisce granché, agli occhi di certi governi nazionali che invocano il pericolo islamista soltanto per distrarre le rispettive opinioni pubbliche dai propri fallimenti, e per ricattare con ancora più efficacia Bruxelles.
E invece bisogna creare un’FBI europea che possa fronteggiare in modo efficace le minacce che riguardano l’intera Europa. Non si tratta di utopie. Quando gli Stati Uniti (che pure sono una federazione dove ogni ente statale o locale è gelosissimo delle sue prerogative) crearono l’FBI, nel 1908, erano alle prese con gravi problemi di ordine pubblico, in primis il terrorismo anarchico (che solo pochi anni prima aveva causato la morte del presidente McKinley).
Naturalmente una “FBI europea” dovrebbe operare all’insegna dei principi di legalità, libertà, giustizia e democrazia che sono il vanto dell’Europa. Il suo direttore (magari un avvocato, come già accade per i servizi di intelligence scandinavi) dovrebbe rispondere al Parlamento europeo, e il mandato di questa nuova agenzia dovrebbe essere definito in modo chiaro e univoco. Tra i compiti principali dell’FBI americana ci sono la protezione degli Stati Uniti dal terrorismo e dallo spionaggio straniero; la lotta alla criminalità cibernetica, alla corruzione e alle mafie: non si tratta di sfide che riguardano sempre di più anche gli Stati europei?
Dopo ogni attentato i ministri degli interni e della giustizia della UE invocano sempre maggior cooperazione, un rafforzamento della collaborazione tra le intelligence, un più forte coordinamento. Si tratta soltanto di chiacchiere, burocratese fumoso a cui nessun europeo crede. Invece l’FBI europea, oltre a essere una struttura reale e concreta, avrebbe anche un significativo impatto simbolico: e Dio solo sa quanto serva all’Europa una maggior presa morale e ideale sui suoi cittadini.
Una piccola nota, per chi in Germania, Olanda o Finlandia dubita delle capacità degli europei del sud, così caotici e approssimativi, di fronteggiare il terrorismo islamista: le polizie e le intelligence mediterranee se la cavano egregiamente nella lotta contro il jihad. Lo dimostra il grande successo dell’operazione JWEB, guidata proprio da Roma, e grazie alla quale è stata smantellata nel 2015 una rete terroristica che andava dal Tirolo meridionale alla Norvegia. Lo dimostra la fine di Amri a Milano.
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