Terrorismo
Isis, Is, Daesh: chi sono, cosa fanno, cosa vogliono
Lo Stato Islamico: quando nasce e come si evolve?
Il gruppo affonda le proprie radici nell’insurrezione che sconvolse l’Iraq post-2003. Dal 2004 viene chiamato semplicemente al-Qaida in Iraq (Aqi), visto che l’ex leader del gruppo, Abu Musab al-Zarqawi, aveva giurato fedeltà a Osama bin Laden. Sebbene Aqi riconoscesse la leadership di al-Qaida emergevano sempre più chiaramente le fratture con una parte della leadership. La morte del leader al-Zarqawi nel 2006 e la perdita di consenso di Aqi nell’Iraq centro-meridionale (a maggioranza sciita) portano a un declino del gruppo. AQI cambierà così natura e nome, proclamando la nascita dello Stato Islamico in Iraq (ISI). L’auto-proclamato Califfo dello Stato Islamico è Ibrahim Awwad Ali al-Badri al-Samarrai (noto come Abu-Bakr al-Baghdadi o Califfo Ibrahim)
Il 2010 e il 2011 sono anni cruciali. Il ritiro degli Stati Uniti dall’Iraq, l’ostinazione delle politiche settarie del governo al-Maliki nonostante i ripetuti appelli della comunità internazionale a bilanciare il patto sociale tra sunniti e sciiti, e infine l’incapacità dell’esercito iracheno nel controllare il territorio sono fattori che giocano a favore della rinascita di questo gruppo. Nello stesso anno muore Osama Bin Laden e al-Qaeda è costretta a riorganizzarsi.
Pochi mesi prima era iniziata la rivolta in Siria contro Bashar Al-Assad, che consente al gruppo iracheno di presentarsi come attore essenziale di una lotta regionale contro quelli che i jihadisti definiscono taghout.
La denominazione Stato Islamico di Iraq e al-Sham (Isis) viene assunta nel gennaio-febbraio 2013. In questo periodo il gruppo ricerca la fusione con le brigate al-Nusra in Siria, fedeli ad al-Qaida, ricevendo però un rifiuto da parte del leader qaidista Ayman al-Zawahiri.
Nel febbraio 2014, al-Qaida rompe qualsiasi legame con ISIS, che proclama il califfato il 29 giugno 2014, modificando il suo nome in Stato islamico (IS). Questo avviene dopo la conquista di Mosul (14 giugno 2014), la seconda città irachena, e dopo una serie di vittorie militari che conduce il gruppo alle porte di Baghdad.
Qual è stato lo sviluppo territoriale di IS e quali i suoi obiettivi?
I combattenti che nel 2006 formano il gruppo “Stato Islamico dell’Iraq” (Isi) operano inizialmente nella zona sunnita dell’Iraq contro le truppe americane. Nel 2013 alcuni appartenenti a questo gruppo riescono a ottenere il controllo di zone del territorio orientale della Siria, approfittando delle rivalità interne al fronte dei ribelli. Il gruppo si sposta nuovamente verso l’Iraq, dove riesce a prendere possesso di alcuni territori nel nord-ovest, inclusa la città di Mosul. In seguito viene proclamato il Califfato.
Negli ultimi mesi il gruppo è avanzato in Siria, dove ha conquistato Palmira e consolidato il suo dominio in diverse zone del paese, mentre in Iraq è riuscito a prendere possesso di Ramadi, ma ha perso Tikrit e alcune zone del nord, riconquistate dai curdi.
L’obiettivo a livello locale dello Stato Islamico è di diventare la forza egemone all’interno dell’area sunnita che, partendo da Damasco, arriva fino a Baghdad. In questo senso, IS mira a presentarsi come uno stato che controlla il territorio ed eroga efficacemente i servizi alla popolazione locale, facendo leva sui malumori e le frustrazioni in particolare di comunità che si sono sentite ai margini dei progetti politici di questi territori.
A livello globale IS mira ad espandere la sua presenza in alcune zone a maggioranza sunnita secondo uno schema che prevede il giuramento di fedeltà (baya) da parte di uno o più gruppi jihadisti, creando così un gruppo di combattenti che portino avanti la causa.
L’obiettivo degli attentati terroristici in Europa (Parigi), come riporta un’analisi su Limes, è quello di terrorizzarci per spingerci fuori dal Medio Oriente, che rappresenta la vera posta in gioco. Si tratta di una sorta di “guerra dei Trent’anni islamica”, in cui siamo coinvolti a causa della nostra (antica) presenza in quelle aree e dei nostri stessi interessi. L’ideologia di Daesh è sempre stata chiara su questo punto: creare uno Stato laddove gli Stati precedenti sono stati creati dagli stranieri quindi sono “impuri”.
Il gruppo si contraddistingue per le proprie elevate capacità operative, per un consistente numero di guerriglieri stranieri, nonché per una forte interazione con le comunità arabo-sunnite locali. Riveste un’importanza ormai nota la capacità comunicativa online dell’IS. Il web è usato come vero e proprio strumento di indottrinamento e reclutamento di combattenti.
Quale relazione tra al-Qaida e IS?
IS rappresenta il punto d’incontro ideologico tra la prima fase di al-Qaida, caratterizzata da una prospettiva globale e la seconda, che si concentra sulla dimensione locale. IS – e la sua versione antecedente AQI – si distingue da al-Qaida per avere degli obiettivi legati soprattutto alla realtà locale e per considerare prioritaria la lotta contro gli sciiti iracheni rispetto a quella contro l’Occidente.
Inizialmente infatti il gruppo operava soltanto in Iraq e Siria, ma con la proclamazione del califfato IS ha indicato la volontà di assumere una dimensione globale, esercitando di fatto un’attrazione competitiva rispetto ad al-Qaida su svariati gruppi jihadisti, anche nei confronti di quelli più o meno ufficialmente legati ad AQ centrale. Si inseriscono in questo contesto le dichiarazioni di fedeltà pronunciate dai gruppi Ansar Bayt al-Maqdis (poi rinominatosi Wilayat Sinai) in Egitto, Jund al-Khilafa in Algeria, Boko Haram in Nigeria, nonché alcune organizzazioni scissioniste dei talebani in Af-Pak, del Fronte moro in Filippine e di Hamas nella Striscia di Gaza.
Come si finanzia IS?
La principale fonte di denaro deriva dai profitti illeciti ricavati dall’occupazione del territorio: dall’estorsione operata verso gli istituti di credito al controllo di giacimenti e impianti di raffinazione del greggio (11 pozzi petroliferi controllati sui territori di Iraq e Siria), a vere e proprie rapine operate sugli asset economici dei territori occupati, alla tassazione illecita di beni che transitano sui territori occupati.
A questi si aggiungono rapimenti a scopo di estorsione, traffico di denaro, donazioni – effettuate anche da o attraverso organizzazioni non governative – e, infine, il supporto materiale offerto dai foreign fighters. Secondo quanto reso noto da fonti anonime dell’intelligence statunitense, IS riuscirebbe a guadagnare più di 3 milioni di dollari al giorno, disponendo di un capitale complessivo intorno ai due miliardi di dollari.
Foreign fighters
Questa categoria rappresenta quell’insieme di soggetti partiti dai quattro angoli del mondo per andare a combattere in Siria e in Iraq con le milizie di IS. Si tratta non solo di giovani musulmani di seconda e terza generazione non integrati nella società, ma anche di convertiti dell’ultima ora, che vedono in IS e nel jihad un mezzo di realizzazione personale. Secondo stime aggiornate dell’International Center for the Study of Radicalisation and Political Violence (ICSR), i foreign fighters in Siria e Iraq sono 20.730 unità (in crescita rispetto ai primi dati disponibili che ne contavano 15.000), di cui 4.300 (+900 rispetto ai precedenti dati) provenienti dall’Occidente (Europa, Stati Uniti, Canada e Australia). Questi combattenti provengono da 90 paesi (vedi grafico) e rappresentano il 15-25% del totale. I foreign fighters che hanno abbandonato il teatro di conflitto e sono tornati nelle loro terre, radicalizzati e addestrai, sono il 10-30% del totale. I foreign fighters morti in Siria e Iraq sono il 5-10% del totale.
(Fonte: Un anno di Califfato, un Medio Oriente a geometria variabile, ISPI Milano)
Devi fare login per commentare
Login