Terrorismo

Il sostenitore di Bea

4 Marzo 2017

Sono ormai quasi 4 anni che in Germania si dibatte sui crimini dello NSU, la cellula terroristica di matrice neonazista attiva fino al 2011. Nelle Commissioni di inchiesta parlamentari e nell’aula del Tribunale di Monaco. Le accuse contro i soli 5 imputati a tutt’oggi portati alla sbarra sembrano reggere, ma il processo non è ancora finito. Le ombre sul ruolo quantomeno poco chiaro dei servizi di sicurezza dello Stato restano opprimenti. Le domande sul come sono state scelte le vittime, su quali e quanti siano stati i fiancheggiatori e su quanto è stato volutamente insabbiato sempre senza risposta.

 

Ancora una testimone deceduta
Ancora quest’anno poco prima di essere convocata innanzi alla commissione di inchiesta del Baden-Württemberg una donna 46enne è improvvisamente deceduta il 2 febbraio. È il quinto potenziale testimone in questa vicenda ad essere morto. Una ex fidanzata del neonazista Florian H. morì di embolia polmonare nel 2015; il suo ragazzo 31enne si suicidò nel 2016; lo stesso Florian H. si sarebbe ucciso dandosi fuoco nella sua auto a Stoccarda nel 2013. Dell’episodio esisterebbero 9 testimoni ma la polizia non ne avrebbe informato la commissione parlamentare. Si aggiunga anche che l’informatore neonazista Thomas Richter è deceduto a 39 anni, mentre era nel programma di tutela dei testimoni, per un diabete mai diagnosticato.

 
Ancorché un medico con esperienza forense che ha visto il cadavere della 46enne ha certificato una morte per cause naturali, il presidente della commissione di inchiesta del Land Wolfgang Drexler (SPD) avrebbe voluto richiedere un esame autoptico; ma è diventato impossibile perché la salma è stata cremata prima ancora che potesse farne istanza. La mancata testimone era ritenuta aver appartenuto negli anni ’90 ad un gruppo di estrema destra di Ludwisburg in contatto con omologhi circoli di Jena e Chemnitz e nel 1996 si sarebbe incontrata con Beate Zschäpe, Uwe Böhnhardt ed Uwe Mundlos. Si era legata ad un personaggio della Turingia, residente nel Baden-Württemberg, che ebbe un luogo centrale nell’organizzazione di concerti di band dell’estrema destra, dichiarandoli come feste di compleanno, cui affluivano simpatizzanti e gruppi da tutta la Germania. Tra questi anche la band Noie Werte la cui musica fu usata nel video di rivendicazione degli omicidi dello NSU. La mancanza di trasparenza dei servizi che hanno scientemente triturato montagne di documenti dà quindi adito a molte illazioni.

 

L’appello di 30 legali di parte civile
Nonostante un appello siglato da 30 legali di parte civile ai componenti della commissione di inchiesta parlamentare del Bundestag alla vigila dell’ultima escussione dell’ex capo dimissionario del Bundesamt für Verfassungschutz Heinz Fromm e del suo successore Hans-Georg Maaßen il 16 febbraio, la fitta cortina di incertezze che ammantano la vicenda d’altronde non è stata sollevata. Non si è ancora fatta piena luce sul ruolo dell’agente dal nome in codice Lothar Lingen -nonostante egli sia formalmente indagato- che l’11 novembre 2011 ha fatto distruggere gli atti degli informatori che erano stati piazzati nell’operazione Rennsteig alle costole dei 3 fuggiaschi che avevano dato vita allo NSU. Non si sa che ruolo abbia avuto l’informatore Ralf Marschner (nome in codice Primus) che è stato lasciato rifugiare in Svizzera ed i cui atti sono stati triturati nel 2010. Non si sa che informazioni il V-Mann Thomas Richter (alias Corelli) abbia dato ai servizi col cd di dati “NSU/NSDAP” e come abbia giustificato l’apparizione dell’annuncio di saluti allo NSU nel 2002 nella fanzine Weisser Wolf. È rimasto a tutt’oggi anche poco chiaro il ruolo svolto da un altro informatore, Jan Werner, che nel 1998 avrebbe dovuto procurare delle armi allo NSU. Così come e quanto sapevano realmente i servizi dell’incontro cui prese probabilmente parte Werner con Zschäpe e Mundlos a Berlino nel 2000 di fronte alla sinagoga della Rykestrasse. In ultima analisi non si sa come e perché i servizi non siano stati in grado di collegare le informazioni che pure si è palesato dovessero avere e non abbiano saputo evitare sul nascere i 10 omicidi tra il 2000 ed il 2007, 3 attentati e 15 rapine in banca, ascritti allo NSU.

 

* * *

L’andamento del processo per Beate Zschäpe, l’imputata principale
Sul fronte giudiziario dopo una melina di oltre una settimana il trio dei difensori d’ufficio di Beate Zschäpe (ma come già riferito in altri post ricusati dalla medesima) è dovuta capitolare e lasciare che il perito d’ufficio lo psichiatra professor Henning Saβ deponesse. Inesorabile il suo verdetto. L’imputata non manifesta ragioni psichiatriche pregresse per poter addurre di essere giudicata non colpevole. Quanto poi alla valutazione sulla sua potenziale pericolosità il perito pur essendo tenuto a prospettare un duplice scenario, lasciando la valutazione ultima ai giudici, ha espresso un parere tranchant. Se si dovesse ritenere che l’imputata nelle sue dichiarazioni rivolte alla Corte abbia detto la verità la sua pericolosità non sarebbe oggi elevata, ma la loro lettura attraverso i suoi legali e la formulazione priva di emotività lasciano propendere per una loro scarsa autenticità. Se si dovesse ritenere che l’imputata non sia sincera peraltro la sua pericolosità potrebbe sussistere molto a lungo nel tempo. Oltre dieci anni vissuti in copertura la avrebbero abituata ad adattarsi all’ambiente senza lasciar trasparire il suo vero modo di pensare.

 
Il trio di difensori d’ufficio Wolfgang Stahl, Wolfgang Heer ed Anja Sturm hanno cercato di smontare per oltre un mese la tesi del professor Saβ. Hanno segnato un punto evidenziando che le sue conclusioni sono costituite da una serie di valutazioni che ha formulato lo stesso perito e che raramente ha trovato applicazione per  donne imputate con accuse di terrorismo. Ma quelli usati dal perito sono una scelta di criteri che comunque ha fatto scuola. I tre difensori hanno anche imputato al perito che il suo parere, formulato solo da osservazioni in aula e da documenti, è inficiato dalla mancanza di un colloquio diretto con l’imputata. D’altronde ella non si è lasciata esaminare proprio su loro istruzioni. Il professor Saβ è una delle massime autorità nel suo campo in Germania e non si è lasciato smontare, replicando che la mole di materiale a sua disposizione  gli ha permesso comunque di giungere a conclusioni logicamente accettabili e ripercorribili dai giudici.

 
Il colpo di grazia a caducare tutti i tentativi dei 3 legali è venuto dalla nuova difesa dell’imputata. In primo luogo l’avvocato di fiducia di Beate Zschäpe Hermann Borchert ha svolto un controinterrogatorio del professor Saβ del tutto inefficace, arrivando addirittura ad inferire che la sua assistita avrebbe potuto scaricare da Internet dei contenuti grafici usati in una lettera ad un altro estremista di destra. Fatto impossibile, stante che in carcere non ha accesso alla rete. Poi ha inferito che un’incaricata della prigione avrebbe potuto testimoniare che la sua assistita è una detenuta modello, ma poi ha tergiversato nel formulare l’istanza di convocazione. Tanto che i giudici hanno deciso di procedere d’ufficio convocando la direttrice amministrativa della prigione femminile di Stadelheim. La funzionaria ha effettivamente dato un ritratto di Beate Zschäpe come pressoché irreprensibile: non ha litigato con nessuna detenuta e neanche preso parte al lancio di farina e uova con altre recluse, solo un paio di volte è stata richiamata a riordinare la sua cella troppo piena di disegni e bricolage. Educata anche quando ha fatto richiesta di una palla per la pallavolo nell’ora d’aria; non veste in modo militaresco ed ha contatto con più o meno tutte le detenute. Essendo la reclusa da più tempo nel carcere -mentre l’istituto di pena è previsto per detenzioni più brevi o reclusi ammessi ad ore di libertà esterna- la direttrice ha riconosciuto che Beate Zschäpe tutt’al più ha acquisito un ruolo di rinomanza tra le altre arrestate. Solo un’altra internata è dovuta essere trasferita indirettamente a causa sua, dopo che venne riportato da altre recluse che avrebbe sputato dietro al suo passaggio.

 
Ma poi alle domande delle parti civili si è aperta una breccia su questo ritratto idilliaco. Su quali persone la visitino, la funzionaria ha rivelato che Beate Zschäpe oltre che da congiunti riceve visite anche da una certa Desirée K., non si chiarisce chi possa essere, ma probabilmente fa capo al nuovo team di difesa. Forse incuriosito comunque l’avvocato Sebastian Scharmer  ha voluto sapere anche se e da chi l’imputata ricevesse del denaro. La testimone ha provato ad obiettare che forse sono dati personali, ma il Presidente del senato giudicante Manfred Götzl l’ha invitata a rispondere evidenziando che vi era autorizzata. Al che è emerso che oltre a ricevere bonifici da parenti, da anni Beate Zschäpe riceve sistematicamente elargizioni tra i 100 e 200 euro da Enrico K.. Questi è legato alla scena di estrema destra, il suo account google plus reca l’effige  di un Weisser Wolf con il cosiddetto Wolfsangel, quest’ultimo nella seconda guerra mondiale abbelliva i pugnali delle SS ed i bracciali delle divisioni corazzate delle SS ed oggi viene usato dai gruppi neonazisti che si richiamano al culto del “lupo mannaro”.

 
La “circolare dei camerati incarcerati” Der Weiβe Wolf nacque per iniziativa del neonazista Casrsten Szczepanski mentre era rinchiuso nella prigione Brandenburg/Havel per avere ridotto in fin di vita nel 1992 un richiedente asilo. Il Verfassungschutz del Brandeburgo incurante di tutto questo lo acquisì nel 1994 come informatore con nome Piato, Scszepanski d’altronde aveva i migliori contatti con il KKK negli USA. Nel 1995 incominciò a poter uscire di carcere dovendo tornarci solo per il pernottamento. Proprio sulla sua fanzine nata nel 1996 sfruttando i mezzi messi a disposizione dei carcerati apparve tra l’altro nel 2001 -come ha ricostruito Patrick Gensing- un articolo ripreso dall’Hamburger Abendblatt del 1999 che descriveva la vita dei giovani commercianti di ortofrutticoli di origine turca di Altona. Quell’anno nel quartiere della città anseatica lo NSU uccise Süleyman Tasköprü. L’NSU fece pervenire poi una donazione alla rivista. L’anno successivo sulla fanzine apparvero dei ringraziamenti allo NSU “ha portato frutti … la battaglia continua”.

 

 

Enrico K. ha anche aderito alla campagna contro i pedofili che l’estrema destra si propone di perseguire con mezzi drastici e sul suo profilo Facebook per un po’ si trovava anche questo post che si commenta da sé

 

 

In rete (http://wikisheepnews.tumblr.com/) il suo nome si trova anche in un elenco di sostenitori della campagna della NPD su Facebook “kindesmisbrauch.stoppt2014”; anche se non compare in quella che si trova adesso: “Deutschalndgegen Kindesmissbauch”, qui sotto affiancata anche dall’illustrazione della pagina alternativa con l’avviso “non lasciarti annebbiare dall’estrema destra”:

 

                                                                   

 

Come riporta poi Karin Truscheit sulla FAZ Enrico K. nei social ha accusato la “stampa bugiarda” e si è espresso con rancore verso i rifugiati. Nel 2015 avrebbe rimandato alla pagina di estrema destra Netzplanet -adesso sostituita da Politiksstube presente anche sul social russo vk- ed ad una lettera aperta alla Cancelliera accusata di “tradire il popolo tedesco”.

 
L’avvocato di parte civile Thomas Bliwier ha subito evidenziato che la ricezione di queste regalie rivela che tutto quanto dichiarato da Beate Zschäpe, tramite i suoi legali, circa il suo scioglimento dalla scena di estrema destra, è da dimenticare. L’avvocato difensore Wolfgang Stahl ha cercato di obiettare che l’imputata poteva non essere a conoscenza di chi fosse il suo benefattore, non avendo accesso alla rete in cella. Ma che per anni abbia accettato i soldi di uno sconosciuto, anche se aveva negato di volerlo ricevere in prigione, non getta buona luce sulla sua assistita.

 
Manfred Götzl ha voluto sapere dal professor Saβ se alla luce della nuova testimone le sue conclusioni fossero mutate e lo psichiatra ha replicato che, al contrario, vi vede confermata la sua diagnosi che l’imputata ha affinato la capacità di mimetizzarsi e controllarsi maturata in oltre un decennio di latitanza.

 
Peggio di così per il trio di difensori d’ufficio Stahl, Heer e Sturm non poteva andare ed hanno gettato la spugna rinunciando ad impugnare la dimissione del perito che dopo oltre un mese ha così potuto terminare di deporre.

 

Intanto Enrico K. ha cancellato il suo account Twitter e ripulito la sua pagina Facebook. Ma in rete restano sempre copie dei contenuti come questo:

 

 

 

 

e soprattutto è facile da trovare il video “Freiheit für Bea !!!” su you tube con la musica dal CD Ragnarök della band indiziata Weiße Wölfe. Se anche molti elementi potrebbero far pensare ad uno stalker, altri dunque, non ultimo la maglia con la scritta alla divinità Odino ne evidenziano invece le simpatie di estrema destra. I messaggi di devozione per l’imputata potrebbero dunque essere funzionali a mascherare il ruolo di sostegno di un’organizzazione, sulla scia della vietata (nel 2011) “Hilfsgemeinschaft für nationale politische Gefangene und deren Angehörige e.V.” (HNG) della quale pure Uwe Mundlos -l’ex compagno di Beate Zschäpe- fece parte, e non solo quello del singolo Enrico K..

 

 

 

 

 

All’imputata per scardinare il peso della perizia d’ufficio e cercare di scrollarsi di dosso i nuovi sospetti non è restato che dichiarare di voler adesso accettare di essere sottoposta all’indagine di uno psichiatra. Ha designato un perito di sua scelta di Friburgo, il dottor Joachim Bauer, annunciando che dopo un incontro conoscitivo si farebbe esaminare. La Corte ha accettato la sua richiesta. Il professionista peraltro non è qualificato come esperto del tribunale e prevedibilmente sarà ascoltato come mero testimone e difficilmente potrà scalfire l’opinione professionale del professor Saβ.

 

* * *

 

L’andamento del processo per gli altri imputati
Il ruolo avuto dal coimputato Ralf Wohlleben nel procurare l’arma impiegata per 9 delitti pare invece ormai avere convinto i giudici, tanto che i suoi difensori usano l’aula per delle istanze probatorie che fungono scopertamente da megafono alla propaganda della NPD.

 

 

Il secondo colpevole della consegna della stessa arma Carsten S. è reo confesso ed ha fin dall’inizio credibilmente fatto piena opera di revisione della sua condotta. Potrà senz’altro contare sulla applicazione del diritto minorile stante che il perito, incaricato dal tribunale di valutare se potesse avere un grado di maturazione adeguato al momento dei fatti, ha concluso che se per certi versi era in grado di prendere responsabilità politiche, per altri la sua insicurezza sulla sua sfera di orientamento sessuale, non avendo ancora preso apertamente coscienza della sua omosessualità, ne delineavano l’immaturità.

 

 

Più nell’ombra il terzo coadiutore del trio André E. l’unico che non ha mai aperto bocca nel processo, che ha tra l’altro tatuato sulla pancia il programmatico slogan antisemita in inglese “die Jew die”. Egli però deve ora affrontare anche un nuovo procedimento a Zwickau per lesioni personali e minacce. Il 16 maggio 2016 il 37enne avrebbe picchiato a pugni e calci un 18enne in un parcheggio. Il ragazzo ha dovuto sottoporsi alle cure ospedaliere d’urgenza per ematomi a testa, braccia e gambe. Il 18enne avrebbe avuto prima un litigio con il figlio 14enne dell’imputato e sarebbe stato convocato per un chiarimento da André E. nel parcheggio ma poi questi lo avrebbe invece subito aggredito e minacciato “se tocchi mio figlio ti ammazzo”. André E. ha rifiutato gli addebiti e la condanna a 40 giorni, perciò dovrà sottostare al processo innanzi alla Pretura di Zwickau. A tutto suo vantaggio non ci sarebbero testimoni. La notizia di questo nuovo processo è stata riferita da Cristoph Arnowski del Bayerischer Rundfunk.

 

 

Le prove di colpevolezza dell’ultimo imputato Holger G. non sono contestate dallo stesso imputato il quale fin dall’inizio ha rilasciato una dichiarazione di ammissione degli addebiti, pur non facendo, a differenza di Carsten S., una abiura altrettanto evidente al suo passato di destra. Uscendo volontariamente anzi dal programma di protezione dei testimoni prima di perderne i benefici dopo essersi incontrato, ancora sotto scorta, con vecchi amici di destra.

 

* * *

Conclusioni

Molti ritengono che il processo sia maturo per una rapida conclusione, anche se la corte ha disposto date fino all’11 gennaio 2018. I tempi potrebbero però dilatarsi se emergerà qualcosa di nuovo e in particolare se la nuova perizia alla quale si vuole adesso lasciare sottoporre Beate Zschäpe rivoluzionasse credibilmente le risultanze di quella d’ufficio.

 
Intanto ogni giorno di processo ritarda la costruzione di 21 appartamenti nella Linprunstrasse vicino al tribunale perché il passaggio del convoglio con i detenuti è sottoposto a norme di alta sicurezza che non permettono la sosta nella via dei mezzi necessari per proseguire i lavori. Si tratta di appartamenti per le famiglie degli impiegati del settore giustizia, cioè tra l’altro proprio per quegli operatori che scortano da circa 4 anni Beate Zschäpe e Ralf Wohlleben dal carcere al tribunale. Ogni giorno di processo costa circa 150.000 euro e sono stati già spesi, secondo quanto riporta ancora il Bayerischer Rundfunk, almeno 50 milioni. Finora sono state svolte 350 udienze.

 

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