Letteratura
“Il segreto” di Antonio Ferrari con le solite dietrologie sul rapimento Moro
Leggere le pagine de “Il segreto” di Antonio Ferrari edito dalla “Chiarelettere” è un rituffarsi negli intrighi e nel complottismo che ha segnato un passaggio fondamentale della storia nazionale, quello che vede l’ultima stagione dei partiti che avevano dominato la scena italiana dal secondo dopoguerra in poi e il lento ma inarrestabile sgretolarsi dell’impero sovietico con la conseguenza della fine dell’equilibrio bipolare che aveva fino ad allora governato il mondo. Attraverso l’artificio letterario, un corposo romanzo che non ha nulla da invidiare ai tanti spy story americani, l’autore ricostruisce, a suo modo, la drammatica vicenda del rapimento e del successivo assassinio dell’on. Aldo Moro, uno degli storici protagonisti della storia politica del nostro Paese noto, soprattutto, per la grande capacità di tessere trame politiche, di elaborare formule nuove, di sfiancare i propri avversari con un paziente e certosino lavoro di mediazione. Antonio Ferrari, giornalista e gran conoscitore delle vicende internazionali ma altrettanto informato sul terrorismo italiano, raccontando la sua storia romanzata sposa, senza mezzi termini, la tesi del complotto teso ad eliminare l’uomo del “compromesso storico”. Moro, “l’importante uomo politico italiano” nel mirino dei complottisti, viene individuato come l’obiettivo da eliminare per bloccare alcuni processi allora in atto che spingevano al superamento dei tradizionale equilibri politici del Paese. La strategia di Moro infatti, condivisa dal suo interlocutore, il segretario del partito comunista italiano Enrico Berlinguer, significava la rottura del compromesso che era stato raggiunto a Yalta con la divisione delle aree di influenza. Un fatto che preoccupava i protagonisti di quel difficile compromesso. Ma il disegno politico di Moro non poteva non preoccupare chi aveva puntato sulla strategia terroristica nel velleitario obiettivo di rianimare lo spirito rivoluzionario delle masse negli ultimi tempi molto decaduto. Eliminare Moro, l’uomo degli “equilibri più avanzati” sembrava dunque la strada giusta da percorrere per fermare i processi in atto e, magari, far tornare indietro l’orologio della storia. Tutto chiaro, tutto semplice, si potrebbe dire “il complotto è servito ! “ parafrasando il titolo di una nota trasmissione televisiva. Tralasciando la parte letteraria del libro, apprezzata e apprezzabile visto che la scrittura di Ferrari, con la sua grande abilità a ricostruire la cornice ambientale in cui si svolgono i fatti, è capace di legare il lettore dalla prima all’ultima pagina alla stregua del migliore Dan Brown, resta la riflessione sulla vicenda raccontata. Certo, luci ed ombre si sono addensate su quella triste vicenda ma sono più fatti casuali che, e non solo a nostro avviso, soltanto la vocazione alla dietrologia, sport nazionale italiano, è riuscita a cucire insieme facendone un emblematico e scandaloso caso politico. Vero è infatti che, le strategie, di Moro non piacevano agli americani e che soprattutto non piacevano ai sovietici e ai regimi dei loro satelliti, vero è che molte perplessità e perfino ostilità si manifestavano nel partito democristiano, ma da questo ad affermare, come ad esempio fa ad esempio qualche sacerdote del complottismo, che Moro sia stato sacrificato dai suoi compagni di partito, da un Giulio Andreotti o da un Francesco Cossiga per citare i più noti, ce ne vuole. Per convincersi che “l’affaire Moro” è stata una creazione intellettuale alimentata da speculazioni politiche, basta infatti leggere un testo di uno storico serio come Massimo Mastrogregori, il quale ha dedicato alla biografia del presidente della Dc un corposo volume, per rendersi conto che forse è il tempo di uscire dalle fantastorie e restituire all’intelligenza collettiva la verità su quelle vicende anche a rischio di scontentare qualcuno. Mastrogregori, con estrema puntualità evidenzia i pregi e i difetti del cosiddetto statista, ne esamina la storia politica fino al tragico evento che chiude la sua vita terrena, per concludere che “l’idea di un Moro demiurgo della politica italiana, abile regista eliminato col sequestro e l’assassinio dopo per deviare sviluppi politici ben definiti e avviati, ancorché molto diffusa, non è per niente realistica.” Ed allora, concludendo, l’invito è di leggere il libro apprezzando le qualità letterarie del suo autore ma guardandosi bene di ricavare da quelle pagine una verità che va oltre la realtà.
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