Governo

I soldi alla polizia contro il terrorismo? Pagano le imprese italiane

25 Novembre 2015

Se siete preoccupati dell’aumento delle spese sulla sicurezza, potere restare tranquilli: non verranno prelevati dalle vostre tasche attraverso nuovi balzelli. A pagare non saranno infatti i cittadini, almeno non in maniera diretta. Il conto sarà però presentato agli imprenditori. È come se loro versassero quell’aumento – che in generale è sacrosanto – di stipendio alle forze dell’ordine. I famosi 80 euro in più a fine mese in busta paga, insieme all’intero pacchetto di spese, tra cui il bonus ai giovani per i “consumi culturali”.

Le misure straordinarie contro la minaccia del terrorismo, annunciate dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, vanno a colpire il mondo delle imprese. I 2 miliardi di investimento per dare più fondi alla polizia, e contestualmente anche alla cultura, verranno ‘prelevati’ dal mancato taglio dell’Imposta del reddito sulle società, meglio nota come Ires. «Il prossimo anno ci sarà anche, a dispetto delle aspettative, un intervento significativo sul lavoro, di riduzione delle tasse per le imprese. Volevo portarlo nel 2017, ma credo che riusciremo ad anticiparlo almeno in parte al 2016», aveva annunciato, a ottobre, Matteo Renzi. Certo, non c’erano stati gli sconvolgenti attentati di Parigi. E da Palazzo Chigi nessuno aveva pensato a qualche modo per dare qualche fondo in più al comparto della sicurezza e della cultura. Poi, come sempre, di fronte all’emergenza è stata varata una misura eccezionale, a conferma della mancanza di una visione complessiva. Il governo agisce con una serie di tamponi piazzati a destra e a manca, ogni volta che se ne avverte la necessità.

Entrando nel dettaglio, secondo l’idea iniziale (tratta dalla Legge di Stabilità inviata al Quirinale) l’aliquota Ires avrebbe dovuto far registrare un calo dal “27,5 per cento al 24,5 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2016, con effetto per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015 ed al 24 per cento a decorrere dal 1° gennaio 2017, con effetto per i periodi di imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2016”. Adesso l’articolo della Legge di Stabilità è da riscrivere di punto in bianco, perché il fisco non è più una priorità.

E chissà che qualche ricaduta non si avverta anche sui lavoratori, perché potrebbe essere (ovviamente spero di no) che le aziende finiscano sempre più in affanno a causa della pressione fiscale elevata e che non diminuisce nonostante le slide sulla Legge di Stabilità promettessero un intervento in tale direzione. Quindi qualcuno potrebbe essere costretto a tagliare i costi, licenziando. È vero che la minaccia del terrorismo è forte, ma è altrettanto vero che la crisi economica non è passata affatto. Insomma, il provvedimento che avrebbe potuto dare respiro al tessuto produttivo del Paese è stato posticipato al 2017. Le imprese dovranno arrangiarsi almeno per un altro anno, poi dopo si penserà ad alleggerire il peso delle tasse. Sempre che non ci sia una nuova emergenza da finanziare.

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