Giustizia
Germania: un filo comune dal processo NSU ai congiurati neonazisti nell’esercito
È imminente la chiusura della fase dibattimentale del processo per i crimini dello Nationalsozialistischer Untegrund (NSU): 10 omicidi di 8 cittadini con origini turche, 1 con radici greche ed 1 poliziotta, tentato omicidio del collega di pattuglia di quest’ultima che oggi vive ancora con schegge di proiettile nel cervello, 15 violente rapine a mano armata che molte delle vittime hanno testimoniato hanno lasciato loro ansie profonde e 3 attentati dinamitardi, uno dei quali emerso durante il processo. Oltre a ciò Beate Zschäpe, l’imputata principale ritenuta l’unica sopravvissuta al nucleo terroristico, è anche imputata di aver posto a repentaglio la vita di 3 persone incendiando l’ultimo covo a Zwickau. Il senato giudicante ha stabilito che il 17 maggio dovranno essere presentate tutte le nuove istanze probatorie. Si stima che il processo fin qui sia costato almeno 14 milioni di euro.
Dopo avere inaspettatamente cancellato 4 udienze il Presidente della corte Manfred Götzl ha fissato al 16 maggio la ripresa del processo. Le parti potranno porre domande al dottor Pedro Faustmann di Bochum che su incarico dei 3 difensori originari dell’imputata principale Beate Zschäpe, gli avvocati Wolfgang Heer, Wolfgang Stahl ed Anja Sturm, ha presentato una perizia critica alla metodologia seguita dal consulente psichiatrico d’ufficio Henning Saβ accusandolo di essere ricorso a definizioni suggestive o troppo vaghe. Henning Saβ ha peraltro seguito il processo dall’inizio e non ha avuto solo poco materiale su cui basarsi come il collega Faustmann il cui giudizio sarà probabilmente disatteso dai giudici.
Il 18 maggio è poi previsto che risponda alle domande il dottor Joachim Bauer di Friburgo. Lo psichiatra, autore di libri di divulgazione, ha potuto colloquiare per circa 14 ore lungo 7 sedute con Beate Zschäpe e le ha diagnosticato una patologia allo sviluppo della personalità che sarebbe idonea a ridurne il grado di colpevolezza. Beate Zschäpe nel corso della sua gioventù sarebbe stata dipendente e soggiogata dall’ex compagno di fuga Uwe Böhnhardt che la avrebbe più volte percossa con pugni e calci. Una volta l’avrebbe colpita all’orecchio così forte che ella non ci avrebbe più sentito da quella parte per un giorno e mezzo, un’altra al volto tanto da non poter più aprire gli occhi, un’altra ancora prima di uscire da una stanza le avrebbe dato un calcio tra le scapole tale da lasciarla a terra senza fiato. Uwe Mundlos in un paio di occasioni si sarebbe frapposto ed i due si sarebbero quasi presi a martellate, tanto che Mundlos per un po’ abbandonò l’appartamento comune andando a stare da Thomas Rothe. Per lo psichiatra ella sarebbe perciò meno colpevole. La sua dipendenza psicologica ed incapacità di lasciare Uwe Böhnhardt non sarebbe peraltro più riproducibile in una differente costellazione, perciò non dovrebbero esserle applicate misure di sicurezza suppletive e tutt’al più in caso di messa in semi libertà potrebbe esserle affiancato un assistente giudiziario fino alla fine della pena.
La perizia del dottor Bauer ha un carattere prettamente difensivo ed è stata basata dichiaratamente solo su poche testimonianze scelte dagli avvocati dell’imputata che ha scelto autonomamente di farsi esplorare psicologicamente da lui, rifiutando di lasciarlo fare al perito d’ufficio Henning Saβ. Tra l’altro il parere del dottor Bauer è fortemente basato sulla testimonianza resa alla polizia dalla madre di Beate Zschäpe, mentre ella ha vietato il suo uso processuale. Cadendo questa testimonianza resterebbe fondata su basi molte sottili. Non si può comprovare in alcun modo che l’imputata, che il professor Saβ ed i suoi stessi difensori d’ufficio hanno definito manipolativa, abbia subito le percosse che avrebbe riferito per la prima volta, dopo 4 anni di processo, al solo dottor Bauer. Non se ne è avuta alcuna testimonianza nei resoconti delle persone che hanno frequentato il trio in campeggio, che hanno invece riferito che i tre andavano in perfetta armonia. Nessuna menzione neppure dagli ex vicini di casa, molti dei quali con aperte simpatie per l’imputata. Anche le testimonianze di chi è gravitato nella scena di destra ed ha conosciuto l’imputata in gioventù ha affermato che ella era in grado di fare valere la sua posizione. Così il prof Bauer non ha tenuto conto delle affermazioni fatte da Thomas Starke, personaggio di rilievo nel circuito Blood & Honour, cui Beate Zschäpe era legata tra il 1996 ed il 1997, prima che con Uwe Mundlos, e che lei avrebbe lasciato perché B&H non sarebbe stato abbastanza attivo politicamente. Il dottor Bauer non ha neppure potuto prendere in considerazione la determinazione con cui l’imputata si è opposta ai suoi tre difensori di ufficio originari per cercare di fare saltare il processo, giungendo financo a denunciarli penalmente. Beate Zschäpe afferma di non aver mai saputo nulla se non successivamente dei 10 omicidi e degli attentati perpetrati dai compagni Mundlos e Böhnhardt, dare la colpa ai morti d’altronde è più facile. Invece dopo la loro dipartita ha incendiato l’ultimo covo, ponendo a rischio la vita di una anziana vicina, anche se ha affermato di essere andata a citofonarle per assicurarsi che non fosse in casa non se ne accertò aspettando una risposta. Come se non bastasse ha inviato il filmato di rivendicazione. Beate Zschäpe ha affermato che non ne conosceva i contenuti e che ha agito come un automa.
Le parti civili invece hanno dimostrato quantomeno che fosse a Berlino con Böhnhardt nei pressi di una sinagoga iscritta in un elenco di possibili obiettivi rinvenuto nei resti del covo. Singolare anche che Bauer da un lato abbia sottolineato che Beate Zschäpe non avrebbe cercato di indicare la sua giovane età come scusa, ma poi ne abbia citato l’affermazione che da giovane “era entrata in un vortice, si può veramente dire così”. Per il dottor Bauer, Beate Zschäpe era soggiogata dalla amicizia con Uwe Mundlos ed Uwe Böhnhardt; però nel suo stesso parere riporta come ella giustificasse la politica razzista della Kameradschaft Jena. L’imputata ha indicato infatti al perito che la sua compagnia era allarmata dall’afflusso di stranieri anche quando a Jena non erano un problema … ma si sapeva che nei vecchi Bundesländer era così e non si voleva vivere la stessa situazione. Il tribunale non è tenuto a seguire l’opinione del perito che ha nominato, ma è altamente improbabile che se ne discosti avendo a confutarla perizie basate su poco materiale processuale da due esperti che non hanno mai preso parte al dibattimento prima di presentare il proprio parere. Il Prof. Bauer tornerà il 18 maggio per rispondere alle domande delle parti. L’ultima parola sarà poi data di nuovo al professor Saβ ed è parimenti inverosimile che riveda la sua opinione; non mancherà invece di rilevare incongruenze nella perizia del collega che non ha mai assunto prima incarichi peritali in ambito forense.
La Corte sarà ancora chiamata a confrontarsi con l’istanza dei legali della famiglia di Halit Yozgat, la nona vittima uccisa a Kassel il 6 aprile 2006 nel suo internet caffè, che hanno chiesto di ascoltare come esperto il professore Eyal Wiezman dell’istituto londinese Forensic Architecture il 17 maggio. Un gruppo di ricercatori internazionalmente noto per indagini sulle prigioni di Assad, così come per verifiche su episodi bellici nella striscia di Gaza durante l’operazione Piombo Fuso. La squadra di Weizman ha ricostruito in scala 1:1 la scena del delitto Yozgat, su incarico dei gruppi Iniziative 6. april e NSU Komplex Auflösen, per confutare la credibilità della testimonianza dell’agente dei servizi segreti Andreas Temme che era nel locale di Yozgat mentre questi fu ucciso. Andreas Temme non si presentò spontaneamente alla polizia e fu indagato. Fu anche posto in regime di carcerazione preventiva. Si giustificò affermando di essere stato ad un computer impegnato in una chat erotica e di non volerlo fare sapere alla moglie. Temme era incaricato di assoldare informatori proprio nell’estrema destra, era alto quasi due metri ed un tiratore sportivo, ma pretese di non avere sentito nulla, né di avere scorto il cadavere dietro il banco all’ingresso. Nel sopralluogo di ricostruzione girato dalla polizia appariva surreale che non potesse aver scorto il corpo. C’era però una finestra nella ricostruzione degli inquirenti in cui avrebbe potuto essere all’esterno del locale. Inoltre la Procuratrice della Repubblica Annette Greger ha evidenziato che la percezione degli eventi è soggettiva; facendo un esempio ha indicato che spesso la gente cerca di aprire una porta di un vagone della metropolitana anche se sopra c’è un segnale che è rotta. La Corte ha ascoltato più giorni Temme ed ha poi affermato in una decisione su un capitolo di prova che Temme fosse credibile. Nonostante Temme da ragazzino avesse simpatie di estrema destra e fosse noto come il piccolo Hitler; anche se i legali della famiglia Yozgat hanno evidenziato che proprio dopo l’omicidio egli prese contatto con una delle sue fonti di destra parlandole circa 11 minuti. Per i giudici Temme è credibile perché neanche nessun altro testimone, tra coloro che erano nei locali, aveva sentito i colpi. Non ci sono prove quindi che Temme abbia mentito. La Procura Generale ha detto che il dottor Weizman non deve essere ascoltato come perito e che alle parti civili non spetta il diritto di convocare un proprio esperto come ai difensori. Per quanto sicuramente giustificato dal punto di vista procedurale, lascia l’amara impressione che si voglia difendere una verità di Stato. La corte, per bocca del suo Presidente Manfred Götzl, decidendo di rigettare un’istanza probatoria sull’attentato di Keupstrasse del 9 giugno 2004 a Colonia ha però chiaramente riportato i termini della questione al suo fulcro: oggetto del processo sono le accuse ai 5 imputati e non i pure rimarchevoli errori degli inquirenti nel non scoprire e fermare lo NSU.
Polemiche che peraltro emergono ancora nella Commissione di inchiesta parlamentare sullo NSU dell’Assia, cioè in una delle sedi che, diversamente dall’aula di tribunale, è deputata a fare luce sul ruolo dei servizi segreti. Il 26 giugno è convocato il Governatore del Land Volker Bouffier che era Ministro degli Interni all’epoca dell’omicidio Yozgat ed in tale veste vietò che la polizia potesse interrogare la fonte che Andreas Temme aveva contattato il giorno dell’omicidio. Claudia Wangerin del giornale di sinistra Junge Welt indica che nel frattempo è emerso che Bouffier e Temme si conobbero in una commissione di lavoro della CDU. Anche il presidente della Commissione parlamentare Hartmut Honka è della CDU e mercoledì ha di fatto ridotto lo spazio di intervento dei Linke in seno al gruppo di lavoro. Da due anni i componenti della delegazione erano due Janine Wissler ed Hermann Schaus. Dando seguito ad una richiesta ripetuta due volte da parte del rappresentante della CDU Holger Bellino e senza voler dare motivazione -indica la Wangerin- Honka ha escluso la Wissler dai lavori. Bellino si era adombrato che la delegazione dei Linke avesse voluto dare spazio ai risultati provvisori presentati alla stampa dal gruppo Forensic Architecture il 6 aprile 2017 a Kassel che hanno concluso che Andreas Temme dovese avere udito i colpi sparati a Halit Yozgat ed averne scorto il corpo lasciando il locale. Per Bellino solo “teorie complottistiche” ed in fondo per la Procura Generale pure.
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La Germania è anche scossa dalle risultanze nelle indagini scattate nell’esercito dopo l’arresto del soldato 28enne con chiare simpatie neonaziste Franco A. che era riuscito a spacciarsi anche per rifugiato siriano e di due suoi complici, lo studente di Offenbach Mathias F. ed il commilitone Maximilian T.. Quest’ultimo -indica l’emittente tedesca ARD– sarebbe stato anche legato alla sorella di Franco A. ed era già entrato nel 2015 nel mirino dell’antiterrorismo militare (MAD) perché in un club giovanile avrebbe incoraggiato un interlocutore ad agire contro i rifugiati. Se la cavò dicendo al MAD di essere stato ubriaco. È altresì emerso -ha indicato per primo il Der Spiegel– il sospetto che Maximilan T. durante un’esercitazione in Baviera a Grafenwöhr nell’estate 2014 abbia sottratto una pistola tipo P8, poi data per persa. Il settimanale ha riportato anche che è stato sospeso dal servizio militare pure l’Oberleutnant Ralf G. e che la sua posizione è all’esame della Procura Generale. Il soldato già stazionato nella caserma di Augustdorf avrebe alimentato l’astio contro i rifugiati e propalato di sapere che nella caserma di Illkirch ci fosse “un gruppo di ufficiali pronti all’uso della violenza che raccoglievano armi e munizioni nell’eventualità di una guerra civile per combattere dalla parte giusta”. Un chiaro riferimento al gruppo di Franco A. ed è infatti emerso che Ralf G. conoscesse quantomeno Maximilian T..
Franco A. aveva messo da parte 1.000 munizioni di diverso calibro, compresi proiettili accecanti e per formare nebbie mimetiche, facendoli risultare come esplosi nelle esercitazioni, e con i complici pianificava di uccidere un’alta personalità politica. Volevano colpire lo Stato per la politica di accoglienza ai richiedenti asilo e poi fare ricadere la colpa su un rifugiato per provocare una reazione pubblica avverso gli stranieri. Avevano raccolto i potenziali obiettivi in un elenco con quattro categorie contraddistinte con le lettere dell’alfabeto dalla A alla D. Nella prima l’ex Presidente tedesco Joachim Gauck ed il Ministro della Giustizia Heiko Maas. Su un suo supporto digitale -ha rivelato il Der Spiegel– è stata rinvenute una copia del Mujahideen Explosives Handbook un manuale impiegato nei gruppi islamisti con le istruzioni per costruire una bomba, così come il volume Der totale Widerstand (la resistenza totale, si veda immagine in copertina) un manuale dei tempi della guerra fredda del maggiore svizzero Hans von Dach in cui si illustrano i metodi di resistenza ad un esercito nemico, entrato in voga nei circoli neonazisti. Posto all’indice in Germania; non né è però vietata la vendita e si trova in rete, così come in vendita da Amazon.
Fatte le debite differenze, il caso di Franco A. ha un precedente diventato tristemente famoso nell’ex terrorista dello NSU Uwe Mundlos, anche se questi, di leva non fu allontanato dall’esercito. Negli anni ’90 fu trovato in possesso di un’immagine del sostituto di Hitler Rudolf Heß (la cui memoria è venerata dai neonazisti perché avrebbe voluto fare una pace separata con l’Inghilterra preservando il regime nazista al potere), di biglietti da visita personali col capo di Hitler, musica di destra e volantini del partito neonazista NPD. Il suo superiore suggerì 7 giorni di arresti disciplinari, ma Mundlos non dovette scontarli e fu anzi promosso e finì il periodo di leva con un attestato dignitoso. Si è visto poi come ha messo in atto gli insegnamenti appresi nell’esercito sull’uso delle armi. Anche nel processo al gruppo terroristico Nationalozialistischer Untergrund è emerso come il manuale Der totale Widerstand che illustra l’abc della guerriglia fosse una lettura in voga nel circuito Blood & Honour culla ideologica dei terroristi.
Critiche alla von der Leyen sono altresì pervenute dal presidente della commissione parlamentare difesa Wolfgang Hellmich (SPD) -riporta la ZdF, citando la Die Welt– perché non aveva informato la commissione che circa tre mesi fa in una zona di esercitazioni a Munster (Bassa Sassonia) ignoti hanno fatto irruzione in un carro armato Fuchs rubando due fucili mitragliatori G36, una pistola P8, due ricetrasmittenti, due caricatori senza munizioni ed un binocolo. Anche se non è chiaro se il furto sia collegato al gruppo legato a Franco A..
Le tendenze estremiste di destra nell’esercito tedesco d’altronde non sono una novità assoluta. I servizi segreti militari starebbero verificando tra 275 e 280 casi risalenti fino al 2011, riporta il quotidiano Süddeutsche Zeitung. L’ispettore generale delle forze armate Volker Wieker ha ordinato la perquisizione di tutte le caserme perché vi vengano rimossi tutti i simboli che celebrino la Wehrmacht che vi dovessero essere trovati. La decisione è giunta dopo che il ministro della difesa aveva confermato il rinvenimento di elmetti nazisti nella caserma di Donaueschingen in Baden Württemberg. L’iniziativa è stata in parte criticata come “azionismo” dall’ex Ministro della difesa (’92-’98) Voker Rühe (CDU) perché porrebbe tutto l’esercito sotto un sospetto generale, ha sottolineato la ZdF citando la Welt am Sonntag. In ogni caso troverà delle difficoltà applicative, visto che un decreto del 1982 ammette la raccolta di cimeli di tipo documentario nelle caserme purché ne sia evidenziato il valore storico e taluni edifici occupati dalla Bundeswehr erano già usati dalla Wehrmacht e ne hanno ancora, in nome della tutela del patrimonio storico, i simboli scolpiti all’esterno come l’aquila del Reich. La disposizione ha comunque avuto una “vittima eccellente”: dall’Università dell’esercito di Amburgo intitolata all’ex cancelliere Helmut Schmidt è stata levata la fotografia dell’ex Cancelliere sotto le armi con la divisa della Wehrmacht. La decisione di togliere la foto non era per forza indispensabile avrebbero poi indicato fonti del Ministero della difesa, secondo quanto ha riferito la tedesca ZdF. Peraltro il Ministro von der Leyen ha ribadito il suo nuovo corso e dichiarato alla Bild am Sonntag che intende far rinominare tutte le caserme che sono intitolate ad ex ufficiali delle Wehrmacht per sottolineare la cesura con le Bundeswehr. Giorni fa Christian Thiels dello SWR aveva evidenziato il caso di quella ancor oggi intitolata al feldmaresciallo nazista Rommel ad Augustdorf (in Renania Settentrionale-Vestfalia). Il Bayerischer Rundfunk, dopo l’annuncio del Ministro, ha evidenziato ancora la caserma ad Appen (Schleswig-Holstein) intitolate al pilota Hans-Joachim Mareille; la caserma a Rotenburg (Bassa Sassonia) intitolata al pilota Helmut Lent della Luftwaffe di Hermann Göring. Ma in effetti anche le caserme di Ulm e Munster intitolate al generale e feldmaresciallo Paul von Hindenburg, stante la responsabilità storica di questi quale Presidente della Repubblica di Weimar di aver nominato Hitler a Cancelliere nel 1933, potrebbero subire la stessa sorte.
Il Ministro della difesa Ursula von der Leyen, rispondendo a porte chiuse alle opposizioni in commissione parlamentare di difesa, ha annunciato il 10 maggio cinque punti di riforma delle forze armate:
1. Revisione delle procedure disciplinari
2. Rafforzamento della direzione interna
3. Migliorata formazione politica dei soldati
4. Sistemi più veloci di informazione di episodi critici
5. Verifica del citato decreto del 1982 sulla conservazione delle tradizioni, anche se il Ministro non si è sbilanciato sulla sua modificazione.
Già in gennaio, ma il fatto è stato evidenziato ora in seguito allo scandalo, il Ministero della difesa aveva anche fermato l’uscita del volume di canzoni militari Kameraden singt! (I camerati cantano!). L’ultima edizione era del 1991 ed aveva avuto una tiratura di 100.000 esemplari di cui solo poche decine sarebbero ancora in circolazione, ha riportato l’emittente tedesca ARD. <Dopo un esame critico si è verificato che alcuni passaggi non rispondono più ai nostri valori del mondo>, ha detto un portavoce del Ministero, riferisce l’emittente. La critica è stata mossa soprattutto ai motivi Schwarzbraun ist die Haselnuss, Panzerlied e Das Westerwaldlied che vennero usurpati a fini di propaganda nazionalsocialista durante la seconda guerra mondiale, oltre che a composizioni e testi originari di ideologhi nazionalsocialisti. Finora cantare i motivi in discorso era invece espressamente permesso, “il canto nella truppa è una vecchia tradizione che dev’essere conservata” indicava il decreto sulla conservazione delle tradizioni del 1982. Una squadra delle forze armate è stata incaricata di realizzare una nuova raccolta.
La Bundeswehr è sempre più coinvolta in missioni internazionali ed i soldati dopo il rientro in Patria non trovano un riconoscimento per il loro impegno -ha affermato Florian Kling dell’associazione militare Darmstädter Signal all’emittente tedesca ZdF– questo può spingere parte della truppa a cercare una gratificazione nelle ideologie legate alle passate tradizioni militari della Germania.
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Il problema legato agli elementi neonazisti non è peraltro esclusivo all’esercito; il Bayerischer Rundfunk riporta che i permessi di porto d’armi conferiti ad estremisti di destra in Germania è quasi raddoppiato, da 400 casi nel 2014 a 750 attuali e che il Governo, in riposta ad un’interrogazione parlamentare, ha dichiarato di avere notizia che l’anno scorso in 12 casi estremisti neonazisti sono andati all’estero per partecipare ad esercitazioni paramilitari.
Gli attacchi armati a rifugiati, alloggi per richiedenti asilo e volontari sono aumentati a 79 nel 2016 rispetto ai 30 episodi registrati nel 2015. Complessivamente sono stati registrati 199 aggressioni contro alloggi per rifugiati nel 2014, per salire drasticamente a 1.030 nel 2015 ed attestarsi a 920 nel 2016. Gli arrivi di profughi in Germania si sono peraltro ridotti e nel primo quadrimestre dell’anno si sono registrati “solo” 93 casi. Questo si riflette anche nello spettro politico tedesco come dimostrerebbe il calo elettorale della AfD in Saarland e Schleswig-Holstein così come anche una minore presenza nelle piazze del movimento Pegida. Tanto che il 9 maggio a Dresda in Sassonia nonostante si tratti di entità separate (anzi formalmente a livello centrale la AfD ha escluso una collaborazione con Pegida) le due compagini hanno manifestato lo stesso giorno nello stesso luogo una dopo l’altra per riempire di più lo spazio pubblico e rimpinguare le rispettive fila. A ciò si aggiunga anche che, dopo lo smacco nell’emergere dello NSU, c’è maggiore attenzione nella registrazione centralizzata di episodi criminali legati all’estrema destra e consequenzialità nello smantellare le organizzazioni terroristiche di estrema destra emerse dopo lo NSU. Come testimoniano i processi all’Old School Society ed al Gruppo Freital.
Il pericolo costituito dall’ideologia neonazista peraltro resta presente in frange della società europea, è transfrontaliero e coinvolge anche l’Italia. Un’avvisaglia si è vista anche nel pretesto delle celebrazioni funebri al Cimitero Maggiore di Milano di fine aprile tradottesi, anziché in un gesto raccolto di fronte a delle tombe di per sé legittimo, in un sovraffollamento brachiale di militanti di Lealtà e Azione con felpe nuove nuove (a giudicare dalle foto diffuse dagli stessi in sfida allo Stato) e ragazzine usate per portare una corona funebre in quella che era una manifestazione politica vietata. Il 7 maggio Paolo Berizzi su Repubblica ha denunciato che una decina di militanti neonazisti di Do.Ra. (Comunità militante dei dodici raggi di Varese) sarebbero giunti a sfidare un ex partigiano 93enne, Giuseppe “Pippo” Platinetti, protagonista e memoria storica della Resistenza varesotta. <“Sappiamo chi siete, veniamo a trovarvi”, avrebbero minacciato i militanti dell’associazione neonazista con sede a Caidate> ha scritto Berizzi. Da anni d’altronde si susseguono interventi di band italiane che propagano con la loro musica idee razziste anche in Germania e viceversa, un nome per tutte Gesta Bellica. Così come torpedoni di partecipanti dalla Germania sono stati registrati regolarmente al raduno degli Hammerskin nel milanese; anche l’attuale imputato nel processo NSU Holger Gerlach aveva avuto un invito a parteciparvi ma fu arrestato prima. Il 29 aprile poi, i Carabinieri di La Spezia hanno sgominato il gruppo neonazista Autonomi NS La Spezia che organizzava ronde punitive contro cittadini non europei e si era dotato di materiale per preparare ordigni esplosivi. Già nel 2008 peraltro -secondo un’informativa del servizio di intelligence italiano AISI resa nota in connessione con il processo NSU– neonazisti sudtirolesi avrebbero discusso con omologhi tedeschi la possibilità di effettuare azioni esemplari in Italia contro cittadini non europei conducendo un esame dettagliato di mappe per individuare esercizi commerciali, quali chioschi di kebab diventati luogo di incontro per residenti extracomunitari, ma i piani anche allora vennero sventati.
In Germania invece tra il settembre 2000 e l’aprile 2006 sono morti ammazzati dallo NSU i cittadini di origine straniera Enver Şimşek, Abdurrahim Özüdoğru, Süleyman Taşköprü, Habil Kılıç, Mehmet Turgut, İsmail Yaşar, Theodoros Boulgarides, Mehmet Kubaşık e Halit Yozgat, nonché il 25 aprile 2007 la poliziotta Michèle Kiesewetter. I terroristi pare l’abbiano freddata solo perché volevano la sua arma d’ordinanza come trofeo.
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