Terrorismo
Diesel, il cane eroe che commuove l’Europa più di 1000 cristiani ammazzati
Diesel, il cane eroe, ormai lo conosciamo tutti. Tutti in Italia, tutti in Europa, visto che da oggi pomeriggio campeggia sulle home page di molti dei principali giornali del vecchio continente ferito dagli attentati di Parigi, ma già pronto a rialzarsi con un po’ di bombe e poche domande. Diesel, per la cronaca, era un “cane d’assalto” che ha partecipato all’operazione dei corpi speciali nel covo terroristico di Saint Denis, ed è rimasto ucciso. A dare la notizia, nientemeno, è stata proprio la polizia francese dall’account Twitter ufficiale. Di lì in poi, per l’onda del giorno, la strada è stata in discesa.
Tredicimila retweet in poche ore, articoli di racconto commosso, empatico, o più cronisticamente anglosassoni. Una volta avremmo aspettato, domani, sui giornali di carta, di leggere di Diesel, il“ cane eroe del popolo del web”. Oggi il processo è anticipato e a guidarlo sono direttamente i grandi giornali, seguendo a ruota un tweet della polizia di stato francese, comprensibilmente più concentrata sulla costruzione di narrazioni efficienti che rispetto all’autocritica di chi, non avendo saputo prevenire nulla prima, adesso in grado di fare tutto: ma dopo.
La notizia più cliccata, più rilanciata con ovvio accompagnamento di insulti islamofobici, è stata la morte del povero cane Diesel, eroe suo malgrado, e oltre la sua natura animale che, grazie al cielo, non ha mai conosciuto il bisogno dell’eroismo. È stato oggi, nel nome di Diesel, il giorno in cui l’esigenza classica della propaganda di costruire simboli empatici ha incontrato perfettamente la schiavitù di un’industria – la nostra, quella del giornalismo digitale – dalle metriche quantitive che la governano. In questi giorni in diversi hanno spiegato, e bene, che c’è chi ha provato a raccontare con costanza tante vittime del terrorismo islamico: musulmani, cristiani, ebrei uccisi in giro per il mondo, le cui storie non commuovono mai nessuno, quando anche vengono raccontate, e bene. Si dice, a ragione, che il motivo è in fondo umano e comprensibile: ciò che succede a Parigi è facilmente proiettabile a Roma, a Milano, nelle vite di tutti noi e spaventa la nostra serenità e quella die nostri affetti. Quel che succede in Nigeria, ad esempio, ad opera di Boko Haram, è davvero lontano, e non solo geograficamente.
Il dato definitivo, acquisito, oggi è che anche l’affetto e la simpatia per i nostri amici a quattro zampe smuovono di più l’empatia e la simpatia della vecchia Europa. Lo sanno i poliziotti francesi, e lo sanno i giornali a caccia di un modello di business, avvinti in un circuito di complicità e conformismo ormai dato per assodato da tutti. Lo so anche io che mentre scrivo so, non posso non sapere che anche questi click, e le condivisioni social che questo articolo riceverà, sono comunque frutto di questa onda irrazionale, disinformativa, forse perfino contraria alla deontologia che imporrebbe – tra le altre cose – senso della proporzione nel decidere cosa è importante, e cosa no.
In nome del click, brandendo la rivoluzione che voleva gli uomini liberi e uguali da tutti rivendicata, improvvisamente, e perfino i valori cristiani della vecchia Europa.
E così sia.
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