Terrorismo
Annunziata e Minniti hanno mai messo piede in Belgio?
Quando Jacopo Tondelli ieri mi ha chiesto di scrivere qualcosa per Gli Stati Generali sugli attentati di Bruxelles, mi sono onestamente trovato un po’ in difficoltà, perché credevo e credo tuttora di non avere molto da dire.
Evidentemente c’è chi questi problemi non se li pone: Lucia Annunziata ci ha deliziato con un articoletto sull’Huffington Post italiano in cui infila una serie di fesserie e tremende ovvietà.
L’articolo, nella tradizione dei grandi capolavori del giornalismo, inizia con un piglio fermo e deciso, quasi a suggerire che l’autrice ne sappia un casino: il Belgio, dice Lucia, è come la Siria. Cito testualmente:
Il Belgio si è confermato oggi, come del resto molti ripetono sottovoce da mesi, uno stato fallito. Proprio così viene detto nei giri diplomatici e di intelligence: fallito esattamente come si dice per la Siria o l’Iraq. Spiacevole dirlo, ma vero.
Ora, credo che la maggior parte di voi negli ultimi anni abbia sfogliato un quotidiano, aperto una rivista, guardato un telegiornale almeno una volta. In Siria, per la cronaca, è in corso da ormai più di 5 anni una guerra civile che ha prodotto più di 300.000 morti (TRECENTOMILA), più di 7 milioni e mezzo di sfollati e più di 4 milioni di rifugiati. Per darvi un’idea di ciò di cui stiamo parlando, è come se l’intera popolazione della città di Bari fosse stata uccisa, tutta la popolazione di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige si fosse spostata in altre regioni italiane e tutta la popolazione del Piemonte si fosse rifugiata all’estero.
L’Annunziata ha dunque scritto che uno stato del cui territorio il governo controlla solo il 20%, in cui centinaia di migliaia di persone sono state ammazzate, uno stato la cui popolazione è passata da 23 milioni di persone nel 2011 a 17 milioni nel 2014 è il termine di paragone più esatto per descrivere il Belgio, dove fino a prova contraria NON è in atto una guerra civile e dove sono morte per terrorismo 38 persone ieri e 4 nel 2014. Giudicate voi.
Non contenta, l’autrice si cimenta anche nell’analisi di un articolo del New York Times che parla di comunicazione criptata. Il risultato lascia però a desiderare, a voler essere eufemistici: la Lucia nazionale scrive che
c’è ad esempio il sofisticato uso di strumenti di comunicazione: dalle casse piene di telefonini ancora in buste di plastica ritrovati nei covi, alle informazioni con codice criptato che vengono passate e che non sono mai state intercettate.
Un sopravvissuto del Bataclan ha raccontato ad esempio di aver visto uno dei terroristi aprire il suo portatile e lavorare su uno schermo dove passavano solo righe di numeri.
Un momento, siamo sicuri che quella fosse una comunicazione criptata? Perché, che io sappia, quando qualcuno riceve una comunicazione criptata deve poi decriptarla per poterla leggere e comprendere. Facciamo un breve excursus etimologico: ci basta andare su Wikipedia per scoprire che crittografia deriva da
κρυπτóς (kryptós) che significa “nascosto”, e γραφία (graphía) che significa “scrittura”
Se la scrittura è “nascosta”, chi vuole leggere il contenuto del messaggio deve disporre di una “chiave” per decriptarlo. Le righe di numeri di cui si parla sul New York Times sono probabilmente un sistema operativo non basato su un’interfaccia grafica. Ne parlò TechDirt qualche giorno fa, sfottendo il NYT per l’errore. Ma anche in questo caso, Annunziata non ragiona di loro, ma guarda e passa.
Lucia prosegue il suo intrepido racconto mettendoci a disposizione grandi verità:
i terroristi non sono gli ultimi dei pirla, sono persone organizzate. Grazie!
I terroristi hanno una preparazione militare di alto livello. Ed io che pensavo che facessero parte degli scout di Cesano Boscone!
Infine, i terroristi ricevono ingenti finanziamenti. Anche qui, siamo alla Fiera delle Grandi Scoperte.
Poi arriva la chiusura:
È ora che si indichi anche il vero nemico politico che c’è dietro il terrorismo. Cioè che si facciano i nomi degli stati che finanziano questo progetto per i loro fini di dominio. Sappiamo chi sono.
Sono nostri alleati, ufficialmente. Ma questa ambiguità diplomatica va rotta.
Peccato che i nomi, alla fine, non li faccia. Perché? Le facciamo schifo? Le stiamo antipatici? Puzziamo?
Non è da meno Marco Minniti, prima dalemiano, ora ovviamente renziano, purtroppo Sottosegretario alla Difesa del nostro glorioso Governo, che esterna in questa maniera:
Il Belgio sta all’Europa come la Tunisia sta al nord Africa
Bene, si dà il caso che la Tunisia sia il paese più stabile e sicuro tra quelli che hanno partecipato alla Primavera Araba: non ci vuole molto, visto che gli altri concorrenti sono Libia, questo sì esempio di stato fallito, Egitto, dove una feroce dittatura militare è stata sostituita da una feroce dittatura militare, la già citata Siria e lo Yemen, dove sciiti e sunniti si stanno scannando nell’ennesima guerra civile. La Tunisia, quindi, è senz’altro lo stato messo meglio, tra tutti quelli appena elencati.
A Minniti è opportuno dunque porre la seguente domanda: se il Belgio è la Tunisia d’Europa, quali paesi sono la Libia, l’Egitto, la Siria e lo Yemen d’Europa? La Francia? La Germania? L’Italia?
Attendiamo con ansia una risposta, possibilmente accompagnata da una spiegazione dell’imperscrutabile motivo per cui Marco Minniti ricopre il ruolo di Sottosegretario con delega ai servizi segreti.
La ratio di quest’articolo, ormai, l’avrete capita: che speranze abbiamo di comprendere le origini del terrorismo se la nostra classe dirigente non riesce nemmeno a comprendere la realtà?
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