Geopolitica
Afghanistan: la rinascita di Al Qaeda
Mentre infuria la guerra civile siriana e l’attenzione della Casa Bianca sembra sempre più concentrata sullo Stato Islamico, il New York Times oggi riporta come dall’Afghanistan arrivino inquietanti notizie: secondo fonti ufficiali del Pentagono e della CIA, pare che nella regione stiano diffondendosi nuovi campi di addestramento legati ad Al Qaeda. Si tratterebbe di campi più piccoli di quelli realizzati da Osama Bin Laden prima dell’11 settembre: ma comunque abbastanza pericolosi, da far temere un nuovo attacco sul suolo americano.
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E difatti, lo scorso ottobre un’operazione militare, cui hanno preso parte soldati afghani e americani, ha portato alla distruzione di un campo di addestramento nel sud dello stato, nonché all’uccisione di circa duecento miliziani jihadisti. E l’intelligence statunitense ha rivelato come certa l’esistenza di altre basi, per quanto non risulterebbe ancora chiaro il numero preciso (data anche la difficoltà nel localizzarle).
Non a caso, il generale John F. Campbell, comandante in capo delle forze statunitensi in Afghanistan, ha dichiarato in una recente audizione al Congresso come le truppe di sicurezza afghane siano state sostanzialmente incapaci di smantellare le reti qaediste nella regione: reti che – dopo un periodo di difficoltà e nonostante la pressione militare americana – sarebbero riuscite gradualmente a riprendersi: espandendosi e potenziandosi. Più in particolare – ha proseguito Campbell – il campo attaccato in ottobre sarebbe stato utilizzato come base dall’AQIS, il ramo di Al Qaeda nel Subcontinente Indiano, fondato dal successore di Bin Laden, Ayman al-Zawahri, nel 2014: un’organizzazione che conterebbe diverse centinaia di affiliati e che – secondo l’intelligence americana – avrebbe base in Pakistan.
Questa “resurrezione” afghana di Al Qaeda complica adesso ovviamente la situazione. Non solo sul piano internazionale (rischiando di far tornare ad essere l’Afghanistan una fucina di progetti terroristici), ma anche in seno alla stessa regione, che rischia sempre più di trasformarsi in un focolaio bellico: due settimane fa, un rapporto del Pentagono ha difatti sottolineato la crescente instabilità dell’Afghanistan a partire dal gennaio del 2015. A questo poi si aggiunga come, oltre alla ripresa di Al Qaeda, anche diverse cellule gravitanti attorno all’ISIS stiano lentamente facendo la loro comparsa sul territorio: determinando, questo, un’ulteriore possibilità di scontro tra due organizzazioni storicamente rivali. E’ difatti nota la concorrenza tra Al Qaeda e lo Stato Islamico, essendo quest’ultimo sorto da una costola ribelle della prima. E per quanto poi a livello territoriale non siano da escludere alcuni rapporti tra singoli jihadisti delle due affiliazioni nemiche, resta comunque il fatto di una loro sostanziale (e violenta) avversione.
Innanzitutto a livello strategico. Per quanto sia Al Qaeda che l’ISIS si rifacciano a prospettive teologiche di sunnismo radicale (sostanzialmente wahhabita), i qaedisti prediligono la lotta al “nemico lontano” (in particolare l’Occidente e l’America), laddove i miliziani del Califfato preferiscono quella al “nemico vicino”, orientandosi maggiormente verso la concezione non soltanto di un radicamento territoriale ma anche – e soprattutto – di tipo statuale. Non a caso, l’ISIS viene organizzato da Al Baghdadi come un vero e proprio Stato, retto da una capitale (Raqqa) e articolato in provincie: un progetto che – di contro – non ha mai granché interessato le cellule qaediste: almeno fino al 2014, quando al Zawahari fondò l’AQIS proprio per reazione alla nascita dell’ISIS, con l’intento di combattere i governi di Pakistan e India, per creare infine uno stato islamico.
Ma la rivalità tra le due organizzazioni si manifesta anche sul fronte più smaccatamente geopolitico: in diversi teatri. Innanzitutto in Siria, dove i qaedisti sono molto deboli, rispetto a uno Stato Islamico relativamente potente e radicato. Situazione capovolta invece nello Yemen, dove l’ISIS al momento conta poco (per quanto stia cercando di infiltrarsi sempre di più a suon di attentati), laddove – al contrario – Al Qaeda risulta piuttosto forte, configurandosi addirittura come terzo protagonista nello scontro tra le forze governative (spalleggiate dall’Arabia Saudita) e i ribelli sciiti huthi (finanziati dall’Iran). E adesso è assai probabile che anche l’Afghanistan possa diventare terreno di contesa tra le due organizzazioni.
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La notizia della ripresa afghana di Al Qaeda coglie un po’ di sorpresa l’America. E soprattutto un presidente che ha fatto dell’uccisione di Osama Bin Laden, avvenuta in un blitz nel 2011, l’asse portante della sua rielezione tre anni fa. Un’uccisione che tuttavia oggi sembra non essere bastata.
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