Questioni di genere
V.M. 18. Uno sguardo su giovani e porno
Correva l’anno 1997 e un gruppo di ragazzine di terza media, fra cui la sottoscritta, si assiepavano il sabato pomeriggio intorno a un numero di Cioè o Top Girl per leggere, in sostanza, solo una rubrica: quella sulle domande delle lettrici sul sesso. Ogni settimana qualche balzano dilemma veniva così fugato: “Ho pomiciato con un ragazzo durante una festa. Posso essere incinta?”, “La mia migliore amica mi ha detto che l’orgasmo si raggiunge solo se insieme al proprio ragazzo. Ha ragione?”. A volte si rideva, a volte si annotava mentalmente la risposta, per farne tesoro in chissà quale futura occasione.
A scuola avevamo fatto un paio di lezioni di “educazione sessuale e all’affettività”, ma la professoressa di scienze si era limitata a fare una descrizione, piuttosto asettica, del funzionamento dell’apparato riproduttivo. Dovendo trascorrere il resto dell’anno con lei a parlare di equazioni e triangoli isosceli, nessuno si era azzardato a fare domande su ciò che realmente ci interessava: come si fa sesso in modo sicuro e divertente?
Non potendo trovare risposta a scuola e, meno che mai, in casa cercavamo di arrabattarci come potevamo. Le riviste erano una buona fonte d’informazione, ma mancavano ancora alcuni anni all’uscita di Love Line, storico programma di MTV che ha rappresentato un’ancora di salvezza per molte e molti ragazzi dei tardi anni Novanta. Quindi? Quindi le compagne più ardimentose – magari con un cugino o fratello maggiore compiacente – ricorrevano ai porno.
Al tempo non esisteva ancora l’infinita offerta di internet ed erano in pochi ad avere la dispobibilità di un lettore vhs (sì, sembra il medioevo ellenico) in camera. Ancora una volta era la carta stampata a salvarci o, come vedremo a breve, a condannarci ad anni di frustrazione a venire.
Piccolo salto temporale: corre l’anno 2018 e nel mese di febbraio esce un approfondimento su Internazionale (23 febbraio/1 marzo 2018 • Numero 1244) sul modo in cui il porno condiziona l’immaginario erotico e relazionale dei più giovani.
In America – il pezzo infatti affronta il tema a partire da studi realizzati oltreoceano – i ragazzi ricorrono ai siti porno per orientarsi rispetto al mondo del sesso e sui filmati che trovano in rete, spesso con una navigazione casuale e irriflessa, basano il percorso della loro “educazione sentimentale”. E qui nascono i guai, esattamente come, nel corso dell’Ottocento, qualcuno sosteneva nascessero per il costruirsi dell’immaginario affettivo delle giovani lettrici sugli avventurosi romanzi d’amore romantici. Un paragone forse spinto, ma che rende l’idea: l’amore dei romanzi non è reale, ma – per finzione letteraria – una costruzione artefatta sull’amore.
Cercare l’amore del romanzo nella vita di tutti i giorni potrebbe risultare frustrante. Allo stesso modo i ragazzi che cercano nel quotidiano la realizzazione di un immaginario modellato sul porno, rischiano di andare incontro a delusioni, frustrazioni o problemi ben più gravi, come un approccio non consensuale al rapporto sessuale o un adeguamento, non desiderato e sofferto, a pratiche che – di per sé – non si riterrebbero piacevoli.
Nulla di nuovo sotto il sole: già da diverso tempo il sito The Porn Conversation (per l’approfondimento del quale rimando al pezzo di Nicoletta Landi su Betty&Books) ha infatti iniziato a diffondere riflessioni, materiali e spunti ad uso delle famiglie e del “sistema educativo”, per creare una maggior consapevolezza intorno alla questione. Per prima cosa bisogna sfatare un tabù, quello del porno come “male sociale”. Il porno esiste e, anche se per legge dovrebbe essere vietato ai minori di 18 anni, è proprio sulle fasce d’età più giovani che esercita il maggior fascino. Si tratta di uno strumento facilmente reperibile, sempre a disposizione, gratuito che risponde all’esigenza di conoscenza dei ragazzi, dove il resto del contesto non offre risposte.
Preso atto di questa realtà – e del fatto che, pur con mille controlli e proibizioni i ragazzi guarderanno sempre i porno – occorre forse pensare a come educarli alla fruizione di questi materiali di modo che, con maggior consapevolezza, possano distinguere finzione e realtà e soprattutto interrogarsi, con onestà, sui propri desideri e quelli di un eventuale partner.
I ragazzi intervistati riproposti dall’articolo di Internazionale denunciano, a volte anche inconsapevolmente, una pressione notevole esercitata sulla loro sessualità da parte del porno tradizionale.Dalle dimensioni alle prestazioni maschili, passando per pratiche come il bodage o il sesso violento, ragazze e ragazzi modellano delle aspettative rispetto alla performance sessuale che corrispondono ad una fiction. Non solo maschi alpha – pronti ad affermare la propria virilità in qualsiasi contesto, a volte anche imponendo le proprie richieste senza grande dialogo – ma anche ragazze alpha, che cercano di essere all’altezza di un racconto in cui il soddisfacimento di un desiderio personale è secondario rispetto a quello che si ritiene sia “lo standard”.
E qui sta il problema di un porno fruito in modo inconsapevole: si passa da strumento di “servizio” per comprendere come – eventualmente – dare spazio ai propri desideri, a luogo della creazione d’immaginari di frequente indotti. Ragazze e ragazzi non si domandano, preliminarmente, cosa desiderino, né – in un rapporto di relazione – che cosa possa dare piacere all’altra persona per poi chiedere, lecitamente, spiegazione sul modo per realizzare le proprie fantasie e i propri desideri.
Inoltre la rete, che per sua stessa natura non “filtra” informazioni e contenuti, ponendo sullo stesso piano finzione e realtà, rende le cose ancor più complicate ai nativi digitali. Se un tempo infatti lo stesso mezzo di trasmissione del porno poneva una barriera “scenica” fra performance e spettatore, rendendo chiara la differenza fra i due mondi (“Ho comprato un film porno e so di vedere l’opera – ottima o pessima che sia – di un regista che lo ha ideato”, “Sto sfogliando una rivista porno, di cui qualcuno ha studiato l’impaginazione, la copertina, i contenuti”) ora, grazie al livellamento della rete, un utente impreparato potrebbe scambiare un film porno realizzato in un set a tema “quotidiano” per la realtà, arrivando magari a pensare che sia la norma trovarsi in casa durante una festa al college e finire in un’orgia. Questo crea ovviamente delle difficoltà, individuali e di relazione, nel rapporto col sesso e, proprio per questo, negli Stati Uniti sono attivi, da qualche tempo, corsi per un rapporto consapevole con il mondo del porno rivolti ai più giovani.
Questi corsi sono tenuti volutamente distinti dai classici approfondimenti in materia di educazione sessuale (propedeutica, aggiungerei io, a qualsiasi altra riflessione sul sesso) perché, mentre il sesso sicuro appartiene ad un mondo reale e che dev’essere chiaramente percepito come tale, il porno è spettacolo e finzione (anche quello “amatoriale”) e appartiene al mondo dell’immaginario personale. Le risposte sul sesso sicuro sono univoche (e scientifiche), mentre sul modo più corretto e appagante per costruirsi un’immaginario erotico non esiste una sola ricetta. Solo attraverso un’attenta esplorazione di sé, un ascolto paziente dei desideri dell’altro e una fruizione consapevole e critica del porno si può arrivare ad una relazione col sesso appagante. Ma si tratta di un percorso lungo, quasi di un viaggio, e nessuno, nemmeno i siti porno a pagamento, può offrire un prodotto finito in pochi click.
Forse però, almeno in Italia, siamo ancora troppo lontani da un rapporto sereno con la sessualità adulta per poter affrontare, in modo laico e aperto, la sessualità emergente nei giovani. La strada verso una sessualità libera e consapevole è, per giovani e meno giovani, ancora lunga.
(Illustrazione per The Porn Conversation a cura di Olga Capdevilla – Link all’articolo originale)
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