Questioni di genere
Una pacca sul sedere l’abbiamo presa tutte
Il fatto è ormai noto a tutti ma vale la pena riassumerlo. Greta Beccaglia la sera del 27 novembre è stata molestata in diretta tv. Al termine della partita Empoli – Fiorentina la giornalista si trovava fuori dallo stadio per raccogliere i commenti dei tifosi in collegamento con la trasmissione “A tutto gol” su Toscana Tv e ha subito commenti sessisti e una bella pacca sul sedere. Beccaglia ha deciso di reagire e denunciare, non solo sul posto e poi sui social network. Il responsabile è stato infatti identificato dal commissariato di Empoli. È un 46enne tifoso viola e e sarebbe già stato colpito in passato da un provvedimento di Daspo.
«Quello che è accaduto a me è una cosa che non è accettabile e non si deve ripetere. La mia molestia è stata ripresa in diretta tv perché io ero a lavorare, ma purtroppo, come sappiamo, queste cose avvengono ad altre donne a telecamere spente, senza che nessuno venga a saperlo», ha commentato in seguito la giornalista all’Ansa.
Quel che però ha fatto discutere e continua a far discutere, oltre alle riprovevoli molestie, è l’atteggiamento che ha avuto il conduttore dallo studio, durante il collegamento, di fronte al fatto.
L’uomo ha prima esortato la giornalista a non prendersela per poi aggiungere che «si cresce anche attraverso questa esperienza». «Chiudiamola qui così, se vuoi puoi reagire a questi atteggiamenti che meritano ogni tanto qualche sano schiaffone che, se fosse stato da piccolo, li avrebbe fatti crescere meglio», ha aggiunto. Probabilmente l’obiettivo era portare a casa la diretta senza troppi casini. Il conduttore si è poi scusato con la sua collega e le ha espresso la sua solidarietà.
Partiamo da un presupposto: gli stadi sono ambienti sessisti. Giusto per contestualizzare l’accaduto. Viviamo in un paese che considera il calcio ancora una cosa principalmente per soli uomini. Il tema mi è particolarmente caro. Sono stata considerata un fenomeno da baraccone da mostrare agli amici perché tifosa e appassionata di calcio. Quella che la domenica le partite le guarda al posto che rompere le palle al partner per non guardarle. I luoghi comuni sono duri a morire.
E gli stadi sono lo specchio di quel che siamo, curve comprese. Soprattutto però, lo specchio di quel che siamo sta tutto nelle parole spontanee del giornalista che ha pronunciato la frase «non te la prendere, dai». Non ha importanza cosa volesse intendere e non ha importanza la sua buona fede. Quell’uomo siamo noi.
Una pacca sul sedere l’abbiamo presa tutte. A scuola, in compagnia da adolescenti e da giovani adulte, in fila fuori da un locale, sull’autobus, sul lavoro. E non ci siamo ribellate abbastanza, perché non dovevamo rompere le palle, fare le esagerate, le rigide. Dovevamo farci una sonora risata, perché alla fine quella era confidenza, uno scherzo, goliardia. Oppure avevamo paura e non avevamo la forza di reagire. E quasi nessuno ci ha mai esortate a ribellarci o ci ha difese, salvo qualche amico spallato in fila fuori da un locale.
E tutto questo si chiama patriarcato. Non si è trattato di un caso isolato (la molestia) e quella del conduttore non è stata una reazione fuori dal coro. Abbiamo normalizzato per anni gesti che sono l’espressione di un modello sociale duro a morire, quello in cui gli uomini avevano e hanno ancora (lo dicono i numeri) la leadership politica, l’autorità morale, i privilegi sociali ed economici, in sostanza il potere. Le molestie sono l’espressione e la conseguenza soprattutto del patriarcato. C’abbiamo fatto tutti l’abitudine, introiettando modi di esprimerci, reagire, parlare, agire. Il discorso è molto più semplice di quel che vorremmo fosse. Quell’uomo siamo noi ma non possiamo e non vogliamo più esserlo.
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