Questioni di genere
Un 8 Marzo diverso
Si, certo: colorate. Sicuramente determinate. Ragionevolmente arrabbiate. Eppure le donne che sono scese in piazza questo 8 Marzo si percepisce che hanno una coscienza diversa, nuova. Perché è permeata di una coscienza di sé assolutamente diversa. Dentro c’è, oltre al risentimento, anche una voglia di rivalsa mista ad un consapevole pessimismo. Non sono rivoltose. Somigliano più a quell’onda che tracima durante la canzone ‘Siamo solo noi’ di Vasco Rossi
Sono disilluse, e sono convinte che un maschile che le sostenga fuori di loro non ci sia. Piuttosto c’è un maschile nella loro femminilità per cui una progettualità femminile la considerano più affidabile. Certo: sono in piazza perché l’8 Marzo resta una giornata di lotta e di coscienza. Nella consapevolezza tuttavia che il cambiamento parte da dentro, non da fuori. Dentro la piazza incontri le donne della città di Milano ma anche e soprattutto le donne della grande città chiamata mondo.
Dentro questa complessità ti mescoli con quella parte violentata, nei paesi più fragili nel pianeta, incroci il femminile che ha scelto il sindacato, incontri delle ragazze che fanno boxe, e che per questo hanno deciso di allenarsi in piazza. Il mondo variegato delle donne è frammentato dentro una lucida coscienza che il proprio ruolo per emanciparsi ha ancora molta strada da fare, davanti ad un patriarcato che non se n’è mai andato. Sul posto di lavoro essere donna è ancora penalizzante. In famiglia è penalizzante, per il ruolo restituito nell’immaginario sociale. La donna è ancora lontana da una vera libertà interiore.
La sorpresa vera, tuttavia, sono gli uomini. Che dietro la patina di soggetto forte, in realtà sono ancora più smarriti delle donne, oggi. Ed assiste a questa forma di emancipazione sociale non con sorpresa: ma con oggettivo smarrimento. L’uomo della donna continua a non capirci nulla. Per questo vuole controllarla. In piazza si vede soprattutto questo.
Un ruolo comune,soprattutto tra i più giovani, uomo e donna ce l’hanno sul posto di lavoro. Il disagio e la precarietà è lo stesso. In questo vuoto, l’emozione è condivisa. Un senso di paura e smarrimento. Esattamente quello della piazza. Che cerca un’identità e linfa per ripartire.
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