Questioni di genere
Sulla necessità di un nuovo (vecchio) femminismo
Quello che mi preoccupa è la disparità salariale fra uomini e donne. Quello che mi preoccupa è la domanda “Perché non fai figli?” o, se li fai, le frasi a mezza voce su “I figli hanno bisogno della mamma” quando torni al lavoro. Quello che mi preoccupa è il reparto maschietti e femminucce nei negozi di giocattoli e gli scaffali suddivisi in alcune librerie per ragazzi. Quello che mi preoccupa è che verginità ancora si declini educativamente al femminile. Quello che mi preoccupa è che alle ragazzine s’insegni il valore delle relazioni e dei sentimenti, ai ragazzini, quando va bene, a prendere qualche precauzione. Quello che mi preoccupa è la progressiva chiusura dei consultori. Quello che mi preoccupa è il costante minimizzare, come “bravate”, le molestie da parte di minori sulle coetanee. Quello che mi preoccupa è che la gonna corta o la scollatura sono un’autorizzazione: alla molestia, al considerare una ragazza “alla mano”, a pensare che tu non sia abbastanza seria sul lavoro. Quello che mi preoccupa è che non badare all’aspetto esteriore sia considerato un disvalore, sciatteria, ma non per l’uomo trasandato. Quello che mi preoccupa è che la donna arrabbiata è “isterica”, l’uomo “avrà le sue buone ragioni”. Quello che mi preoccupa è che ancora ci siano sport da uomini, lavori da uomini, hobby da uomini. E da donne. Quello che mi preoccupa è che “dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna”, ma “davanti a una grande donna c’è sempre un uomo che l’ha sistemata”. Che se una bella donna fa carriera “l’avrà data a qualcuno”, se è brutta “avrà un padre/marito/amante potente”. Quello che mi preoccupa sono le dimissioni in bianco. Quello che mi preoccupa sono i tagli al welfare e le donne che restano a badare alla casa, perché costa meno alla famiglia. Quello che mi preoccupa è l’educazione al possesso e l’ineducazione alla frustrazione: perché non tutti i desideri sono leciti. Perché da lì nasce la violenza. Quello che mi preoccupa sono i termini passione e gelosia usati a giustificazione della violenza. Quello che mi preoccupa è che ancora ci sia chi pensa che un uomo sia “d’oro” se si assume i compiti di cura di un padre.
Quello che non mi preoccupa sono gli articoli e le preposizioni declinate, i titoli professionali al femminile. Quello che non mi preoccupa sono i film porno. Quello che non mi preoccupa sono le foto delle riviste di moda, quando c’è la consapevolezza che si tratta di finzione, di scena. Quello che non mi preoccupa sono le battute da bar e le scritte nei bagni. Proprio perché stanno lì: al bancone del bar e in un bagno. Quello che non mi preoccupa è il manspreading e il fischio del bulletto di quartiere: potreste evitare, ma vi si tollera. Quello che non mi preoccupa sono le mode, che vanno e vengono. Quello che non mi preoccupa è l’età alla quale si decide di fare un figlio e con chi. Quello che non mi preoccupa è la possibilità di pentirsi di non averlo mai fatto. Quello che non mi preoccupa è il giudizio di chi, ancora oggi, considera certi stili di vita “eccessivi” per una donna.
Quando una donna ha la disponibilità culturale ed economica per scegliere, non ci sono atteggiamenti limitanti che possano interferire con la sua vita. Non sarà l’imposizione ai maschi “retrogradi” di una nuova morale a salvarci dal sessismo, né una costante sorveglianza dell’uso linguistico. Ci salverà la parità salariale e nell’educazione fin dai primi passi. Ci salveremo se porteremo avanti delle battaglie che sono traversali, quelle che uniscono uomini e donne, quelle che tutelano la dignità della persona e la libera scelta. Qualunque essa sia.
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