Questioni di genere
Si dice amore, però no
Leggo, con orrore, della ragazza bruciata viva a Roma. I commenti scandalizzati, i post di condivisione sui social, le cronache di dettagli raccapriccianti si sprecano.
E la domanda di sottofondo è sempre la stessa: come, come è potuto accadere? Come è possibile che nessuno si sia accorto con anticipo sufficiente della violenza che attanagliava la vita di questa studentessa ventiduenne, durante e dopo la relazione con l’uomo che si sarebbe trasformato nel suo assassino?
Quanti passi bisogna fare prima di attraversare l’ultima linea, quella da cui non è più possibile tornare indietro?
Ovviamente c’è già chi commenta dando la colpa alla vittima: doveva accorgersene, doveva denunciare le pressioni subite, doveva allontanarlo, doveva avere la delicatezza di non iniziare una nuova relazione subito dopo la rottura.
Ricapitolando, dunque: una ragazza intraprende una relazione morbosa, la relazione finisce, lei inizia a frequentare un altro, lui non lo accetta, la stalkera, una sera la segue fin sotto casa del nuovo ragazzo, la cosparge di benzina e la uccide. Dove sta il fallo, il vizio che ha portato Sara a essere bruciata viva?
Badate che non c’entra il contesto sociale o familiare. Sara avremmo potuto essere tutte noi. È abbastanza diffuso il pensiero “io sono abbastanza forte, abbastanza educata e intelligente e vivo in un ambiente sufficientemente protetto da essere al sicuro da queste dinamiche.” No, no, no. La violenza di genere non conosce barriere economiche o sociali.
Il problema è ben più profondo: è la convinzione che, in fondo, il no di una donna sia una ricerca di attenzioni. Peggio. Che a noi ragazze faccia piacere essere prima cercate morbosamente, poi oggetto di gelosie isteriche ed estreme. Se un uomo è pronto a fare follie per me, allora è amore, amore vero.
Il no significa no. E le relazioni, nel 2016, dovrebbero essere basate sulla reciprocità, senza nessun inseguitore e inseguito. Non si tratta di eradicare solamente la violenza, ma di eradicare uno schema di rapporto tra i sessi che in qualche modo tutti viviamo sulla nostra pelle e accettiamo come normale.
Non pretendo di avere risposte a un complesso problema di mentalità profondamente radicata (e non solo nei maschi, ma anche nelle stesse donne) ma vorrei mettere nero su bianco una domanda: quanto è breve il passo da “la donna deve farsi desiderare” a “la donna deve scappare e l’uomo inseguire” a “la donna deve fuggire e proteggersi da un uomo che non sa elaborare un rifiuto?”.
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