Questioni di genere
Sessismo: quando l’attivismo è online
Ieri pomeriggio, tornando dal Molise verso Roma, mi sono fermata a fare benzina a San Vittore del Lazio. Di fronte alla stazione, trionfava un meraviglioso cartellone pubblicitario di un negozio locale, BricoKroll.com (il cui slogan è: il negozio dei tuoi desideri). Il creativo scelto dall’azienda per la sua pubblicità metteva insieme degli articoli in offerta (una cabina doccia, una carriola, una scala, uno stendino) e il sedere di una donna in tanga, con una maglietta aderente e dei capelli lunghi, su cui trionfava la scritta: Occhio al prezzo. Fatevi tentare…
Le pubblicità sessiste sono ormai un must (ricordate la birra minchia?).
Sono un must, e sono (purtroppo) ovunque. Molto spesso, proprio perché sono ovunque, smettiamo di indignarci. Qualche tempo fa però ho conosciuto (e intervistato qui) Annamaria Arlotta, creatrice illuminata del gruppo Facebook “La pubblicità sessista offende tutti” che conta 10mila iscritti e si batte quotidianamente per far eliminare le pubblicità sessiste che affollano il nostro Paese. Allora ho pensato: non sarà forse il caso di postare la foto? L’ho fatto. Ed è successo qualcosa che mai mi sarei immaginata.
Il post in pochissimo tempo ha riscosso molta attenzione, ed è partita la “macchina dell’attivismo online”. Ovvero una mobilitazione collettiva nei confronti dell’azienda e del sindaco del paese, che si sono trovati a rendere conto a persone imbufalite per una pubblicità così sessista (maschilista, volgare, indecente). Quello che sarebbe stata anni fa un momento di rabbia, o un’alzata di spalle, si è trasformato in un gesto concreto: postare una foto, comunicare con gli altri, fare rete, condividere una (piccola) battaglia domenicale. L’azienda si è giustificata, rispondendo a un’attivista che l’aveva contattata dicendo
Buongiorno,
ha perfettamente ragione, purtroppo grafici pubblicitari che insistono sulle strategie. Ciò non esclude la scelta non idonea. Ci scusiamo! Stiamo provvedendo alla rimozione.
Saluti Adriano Crolla
Sono seguiti decine di commenti (alcuni giustamente mettevano in evidenza il passaggio di palla a danni di un anonimo grafico pubblicitario). Sono seguite email all’azienda, e al sindaco. Per capire qualcosa di più ho scritto anche io al Sindaco Nadia Bucci, chiedendole come fosse possibile che un cartellone così offensivo fosse stato esposto. Lei mi ha risposto con una rapidità incredibile così:
“Purtroppo le affissioni non le gestisce direttamente l’ente in quanto si autorizza la struttura che viene poi gestita da società private. Certo è che in qualità di sindaco donna solleciterò maggiormente la polizia municipale e i responsabili del settore affinché si controlli in maniera più efficace anche il contenuto e le immagini delle pubblicità! Sappiamo bene quanto queste possano influenzare e, perché no, distorcere la logica umana. Motivo per cui mi sono recata personalmente dal titolare dell’attività in questione. Si è scusato per l’accaduto e domani mattina provvederà a sostituire i cartelloni. Conosco personalmente l’intera famiglia e posso dire con certezza che mai hanno offeso o perpetrato violenze di qualsiasi genere. Come amministrazione continueremo a farci promotori di una sensibilizzazione maggiore verso il genere femminile magari coinvolgendo questa volta, oltre che le Scuole, le istituzioni e la politica, anche le aziende che commissionano spot e le aziende pubblicitarie”.
Se il cartellone verrà rimosso come promesso non è dato saperlo. Ma questa storia ci (mi) insegna la potenza della rete. La potenza di persone che condividono le medesime opinioni e cercano (nel loro piccolo, con le loro forze) di cambiare le cose. Cartellone dopo cartellone.
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