Questioni di genere

Perché la cancel culture e il politicamente corretto esistono (e servono)

31 Luglio 2021

C’è stato un tempo in cui certe idee erano relegate alla cultura di destra reazionaria e libertaria americana- una strana coppia. Una cultura che aveva eretto a loro idoli Ben Shapiro, Charlie Kirk, Jordan Peterson e altri personaggi pubblici in grado di aizzare i loro sostenitori con argomentazioni fiacche, logicamente scorrette, infarcite di cherry picking, di una comprensione superficiale di argomenti scientifici e di straw man argument. 

Uniti nel nome di una battaglia contro il marxismo economico e culturale: alle precedenti battaglie per la giustizia sociale e l’uguaglianza economica, secondo questa congiunzione, il marxismo aveva affiancato battaglie culturali per l’uguaglianza tra i sessi, contro la discriminazione nei confronti di gay-lesbiche-bi-trans-non binary, a fianco della lotta di liberazione delle minoranze razziali.

In un paese come gli Stati Uniti d’America, ancora profondamente segnato dalla lotta per i diritti civili e che nonostante i progressi fatti mostra anche oggi una preoccupante violenza nei confronti degli afroamericani, questo tipo di polarizzazione era pressoché scontata.

A rendere la situazione ancora più complessa fu il movimento #MeToo. Nell’autunno del 2017 emersero varie accuse di molestie sessuali nei confronti di Harvey Weinstein, noto produttore cinematografico. Si trattava dell’elefante nella stanza: quella che era nata come una lieve perturbazione si trasformò in una tempesta. Alyssa Milano, attrice nota per il suo ruolo nella sitcom Who’s the Boss, scrisse un tweet in cui invitava a condividere le storie di molestie sessuale usando l’hashtag #metoo.

Presto quel tweet divenne virale, raccogliendo esperienze di persone più disparate. In seguito emersero accuse contro il premio Oscar Kevin Spacey, che in un primo momento minimizzò, sfruttando la campagna per fare apertamente coming out. Presto però la mole di accuse divenne gravosa: Spacey fu estromesso dalla serie House of Cards, le sue scene nel film Tutti i Soldi del Mondo vennero rigirate, sostituito da Christopher Plummer.

Se l’America starnutisce l’Europa si prende un raffreddore

Presto la battaglia americana contro il Politicamente Corretto e la Cancel Culture è arrivata anche nel vecchio continente. Qualche mese fa il noto giornalista Enrico Mentana paragonò la cancel culture al rogo dei libri dei nazisti- un caso da manuale di Legge di Godwin. Il giornale di destra reazionaria Il Foglio- che nonostante tutto ospita esponenti del cosiddetto centro-sinistra- si è fatto portavoce di questa lotta, in particolare attraverso gli articoli di Giulio Meotti. Ogni lunedì, infatti, Meotti cura una rassegna di opinioni dalla stampa estera con “punti di vista che nessun altro vi farà leggere“. Anche Linkiesta, secondo polo d’attrazione della strana coppia libertari e reazionari che non sanno di esserlo, si è ultimamente lanciata in rocambolesche accuse nei confronti delle contraddizioni e dell’ipocrisia dei sostenitori della cancel culture.

Annarita di Giorgio, collaboratrice de Il Foglio e noto volto della bolla liberale italiana tanto da esser considerata da Fausto Panunzi “la più informata commentratrice politica italiana”, scrive “ma se non si può mettere manco più una mano sulla coscia, precisamente uno come ci prova?

 

Nelle stanze di risonanza della destra italiana- che spesso si considera di sinistra- i pericoli del Politicamente Corretto e della Cancel Culture vengono tirati fuori periodicamente, paragonati a una sorta di nuova religione del silenzio o a minacce di censura.

Un caso eclatante è stato il monologo di Pio e Amedeo di questa primavera: uno spettacolo becero e insulso, condito da stereotipi ormai fuori tempi, applaudito come “baluardo della resistenza contro la dittatura del politicamente corretto“.

Evento che precede, di poco, il discorso di Fedez sul Palco del Primo Maggio: dal Palco l’influencer si scagliò contro la Lega di Matteo Salvini, accusata di tenere in ostaggio il DDL Zan prima che a tenerlo in ostaggio fossero i renziani di Italia Viva. Il discorso, che la Rai cercò di censurare, esponeva le affermazioni controverse fatte da esponenti della Lega nel corso degli anni riguardanti gli omosessuali. Si parlò a quel tempo di una dittatura del politicamente corretto e del pensiero unico perché “discorso senza contraddittorio”, sorvolando sulla difficoltà di trovare qualcuno disposto a fare da contraddittorio difendendo frasi come “se avessi un figlio gay lo brucerei nel forno“.

Posizioni più moderate sostengono invece che da una battaglia per il riconoscimento dei diritti della comunità LGBTQI+, per l’uguaglianza tra i generi e il rispetto delle diversità si stia passando a una vera e propria ideologia.

Una tesi che più che moderata appare ridicola: ogni cosa è ideologia.

Tutto è cancel culture, tutto è politicamente corretto, quindi nulla lo è davvero

Da tutte queste affermazioni emerge con forza un dettaglio: tutto può rientrare all’interno della categoria del politicamente corretto o della cancel culture.

Per questo non ha senso lanciarsi in mirabolanti discussioni sul significato e sui limiti della cancel culture o del politicamente corretto. Questi due termini, nel panorama italiano e non solo, vengono agitati come uno spauracchio cercando di ricollegarli a termini come censura, pensiero unico, ideologia.

Perché? Semplice, perché come scriveva Jennifer Egan il tempo è un bastardo, no?

L’utilizzo di questi due termini ha come ragion d’essere l’intento di smorzare il conflitto tra il vecchio e il nuovo, tra il cambiamento delle nostre abitudini, la comprensione che quello che un tempo ritenevamo normale non lo è affatto.

Come esseri umani, il nostro comportamento non è libero e scisso dalla società in cui ci ritroviamo a vivere. Lasciare il posto a una persona più anziana sull’autobus è buona norma; ringraziare quando si riceve un regalo è buona norma; fumare in presenza di bambini e bambini è invece considerato errato e sconveniente.

Le norme che governano il nostro agire sociale non sono fissate nell’ambrosio, ma subiscono cambiamenti, evolvono, mutano.

Comprendere questa agitazione significa comprendere il modo in cui funzionano le società umane.

Fino a qualche decennio fa era considerato normale definire gli omosessuali “storti“. Così come era normale sottoporre a punizioni fisiche gli studenti inadempienti. Oggi sarebbero entrambe considerate azioni deplorevoli, o almeno spero sia così.

In questi anni, per un qualche motivo, abbiamo compreso che certe norme che consideravamo normali e innocue nella nostra società erano in realtà inique, discriminatorie e umilianti. O meglio, una parte delle persone, soprattutto quelle più giovani o più istruite, lo hanno compreso.

E così certe azioni che portavano un beneficio a chi le compiva sono diventate azioni da stigmatizzare. L’esempio più eclatante- proprio nella sua banalità- risulta essere quello citato da Annarita di Giorgio nel tweet sopra. La mano sulla coscia o comunque manifestazioni di attrazione sessuale che coinvolgevano l’oltrepassare la barriera del corpo senza prima aver appurato il mutuo consenso è ora da considerarsi una forma di molestia, come altre tecniche di seduzione che lasciavano trasparire una presunta superiorità dell’uomo e la dimensione del possesso della persona.

Ciò rimette in discussione non tanto il rapporto tra i generi, ma il nostro rapporto con quel simbolo culturale che è l’uomo bianco eterosessuale cisgender con tutti gli attributi che la società occidentale gli ha conferito. Non a caso, proprio perché la nostra società si basa su quello che Bourdieau definiva “il dominio maschile“, questa mutazione può essere ostacolata e incompresa.

Questo vuol dire che la battaglia contro il politicamente corretto e la cancel culture sia sbagliata? Non esistono battaglie sbagliate. Esistono valori che condividiamo e riteniamo giusti e, seguendo Kant, crediamo debbano diventare legge universale.

Il mondo non procede per giusto o sbagliato, come se fosse un film della Disney. La storia è sempre una storia di lotta: sia essa di classe, di genere, di etnia. Per questo è necessario stare in guardia da chi vorrebbe depurarsi dall’ideologia: i famosi bayesiani con i bias degli altri.

 

 

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