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Oltre alle gambe c’è di più: se essere donna diventa notizia

7 Luglio 2019

Nel raccontare la notizia delle nomine europee da parte del Consiglio, da molte parti ci si è subito concentrati sul fatto che le due personalità proposte per le posizioni più rilevanti, ovvero la presidenza della Commissione Europea e la direzione della BCE, fossero donne.

Tanto nelle parole di alcune persone coinvolte, quanto in alcuni titoli che davano la notizia, Ursula von der Leyen e Christine Lagarde sono state presentate prima di tutto come le due donne che potrebbero guidare le istituzioni UE.

Già Donald Tusk, attuale presidente del Consiglio Europeo, ha dato l’annuncio del raggiunto accordo affermando che “per la prima volta” si è raggiunto “un perfetto gender balance nelle posizioni di vertice”; “l’Europa non si limita a parlare di donne”, ha continuato, “ma le sceglie”.

Poco dopo, è la stessa von der Leyen ha ritwittare Tusk, allegando una foto di lei con Margrethe Verstager, attuale commissaria UE alla concorrenza, nonché nome tenuto in considerazione durante il vertice. La foto è corredata dalla scritta “l’Europa è donna”.

Nelle ore seguenti, moltissime testate italiane hanno dato la notizia dell’accordo raggiunto sui loro siti, concentrandosi prima di tutto sul fatto che i nomi principali fossero di due donne. Alcuni esempi:

“Due donne alla guida dell’Europa: Lagarde alla BCE e von der Leyen alla Commissione” (il Sole24Ore)
“Due donne alla guida dell’Europa: chi sono Ursula Von der Leyen e Christine Lagarde” (Agi)
“Von der Leyen e Lagarde, due donne alla guida dell’Europa” (ansa.it)
“Due donne ai vertici dell’Unione europea: la tedesca von de Leyen alla Commissione, Lagarde alla Bce” (Open)
“Nomine Ue, due donne leader in Europa: Ursula von der Leyen alla Commissione. Christine Lagarde alla Bce” (Repubblica)
“L’Europa sceglie le donne: Von der Leyen alla Commissione, Lagarde alla Bce” (Avvenire)

Da questi titoli si può notare come la notizia delle nomine sia stata data quasi esclusivamente ponendo l’accento sul genere delle persone individuate, spesso anche usando la stessa formula (“due donne alla guida dell’Europa”, che si ripete in molti titoli). Ovviamente negli articoli a corredo sono state date poi ulteriori informazioni sui profili in questione, ma intanto nei titoli il messaggio che passa è chiaro: hanno scelto due donne. La cosa è significativa, se si considera che la scelta del titolo influisce comunque nella presentazione della notizia al lettore, tanto più se consideriamo la miriade di prove che abbiamo del fatto che gli utenti online, spesso, leggono solo i titoli delle notizie (a volte anche quando le condividono a loro volta sui social).

Questo ha due conseguenze. La prima, è che dare una notizia in questo modo significa raccontare male l’Europa. Dietro la nomina di Ursula von der Leyen c’è stata una trattativa serrata, che lascia aperte una serie di incognite anche a causa del suo profilo. Perché è stato lasciato abbandonato il nome di Timmermans, fino al giorno prima il più papabile per la Commissione? Perché si è scelto di proporre un nome che non era nella rosa dei candidati proposti dai partiti prima del voto (gli Spitzenkandidaten)? Von der Leyen è famosa per le sue posizioni rigoriste in economia, è ministro in Germania ed è tra le persone più vicine ad Angela Merkel: perché nei titolo non c’è accenno alle sue caratteristiche? Christine Lagarde non è esattamente un’amica dei paesi mediterranei, ma la sua nomina elimina quella di Weidmann alla BCE, famoso “falco” pro-austerity: cosa è avvenuto nelle trattative? A chi conviene?

La politica europea è spesso complessa, spezzettata tra molte istituzioni e paesi, oltre che famiglie europee a volte diverse da quelle che i lettori vedono nei propri contesti nazionali. Compito del giornalismo è anche semplificare questa complessità senza banalizzarla, facendo capire bene i retroscena e i possibili sviluppi di ogni scenario e facendo conoscere gli attori in gioco. È chiaro che gli articoli con cui si è data la notizia hanno provato a rispondere a queste domande, ma intanto è passato il messaggio che la prima cosa da notare era che von der Leyen e Lagarde sono donne, forse anche con l’implicito giudizio che l’Europa ha fatto una scelta coraggiosa affidandosi a due donne e combattendo il dominio maschile nella politica. Questa tendenza è così superficiale e omologante che, se guardiamo i titoli di prima senza il nome della testata, risulta difficile capire l’orientamento e l’impostazione della testata che li ha pubblicati, o ipotizzare il taglio dell’articolo che il titolo presenta. Provate a scambiare i titoli di prima tra le varie testate: non cambierà nulla. Eppure il titolo è una scelta editoriale che, in teoria, dovrebbe essere caratterizzante rispetto alla testata e al pezzo pubblicato.

Ma in realtà, porre la cosa in questo modo significa anche raccontare male le donne. Impostare il titolo sul genere vuol dire relegare il piano politico in secondo livello, finendo con il fare diventare l’essere donna una categoria. Inoltre, vuol dire omologare storie e persone in base alla comune appartenenza al genere femminile, senza per questo rendere conto di contesti di partenza, di percorsi e altre forme di individuazione che però hanno chiaramente un peso nella formazione delle idee e nei successi personali. Von der Leyen merita di essere stimata per le sue posizioni rigoriste da alcuni, e criticata fortemente da altri per gli stessi motivi, al di là del suo genere. Stesso discorso, con le dovute differenze, si applica a Lagarde. Veramente dobbiamo discutere di loro, dei loro profili, delle loro idee, partendo innanzi tutto dal constatare, con sorpresa implicita, che sono donne? Apprezziamole, disprezziamole, ma facciamolo per le loro idee e non sulla base del loro essere donne.

Siamo sicuri che sia utile raccontare l’Europa mettendo sullo sfondo il piano politico? Davvero dobbiamo limitarci a questa visione fintamente compiacente, e un in fondo un po’ paternalista, delle donne?

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