Questioni di genere

Nei Cda volano solo gli uomini, tranne che in Ruanda

8 Marzo 2019

L’anno scorso, in occasione della Giornata internazionale della donna avevo pubblicato un breve resoconto sulle donne che hanno fatto la storia dell’aviazione, dalle prime pioniere degli inizi del Novecento, all’affermazione professionale nelle cabine di pilotaggio sui moderni jet dei nostri giorni. A quasi tutte le latitudini e in ogni continente, il numero di donne che riesce a trovare spazi nel settore dell’aviazione è in costante crescita. Un dato valido soprattutto per gli impieghi maggiormente visibili al pubblico: personale di terra, personale di cabina e, negli ultimi decenni, piloti.

Dietro le quinte, dove lavorano i manager e dove si riuniscono i consigli di amministrazione per decidere le sorti delle aziende, la realtà è del tutto diversa. Il settore rimane monopolizzato dalla presenza maschile. Ecco perché la storia che arriva dal cuore dell’Africa è insolita, ancora oggi, nel 2019.

Yvonne Manzi Makolo è il nuovo volto dell’aviazione africana. Poco più che trentacinquenne, da aprile del 2018 è amministratore delegato di Rwandair, la compagnia di bandiera del Ruanda, una delle pochissime donne al mondo a ricoprire la carica più alta in un consiglio di amministrazione di una compagnia aerea. Al momento, ma potrei sbagliarmi, sono in tutto undici le donne alla guida di compagnie aeree commerciali come rilevato da un’indagine di CAPA, centro studi specializzato in aviazione.

 

Se si escludono Brussels Airlines, Air Europa e Iran Air, per il resto si tratta di piccole compagnie regionali e FlyBe presto dovrebbe essere assorbita da Virgin Atlantic in un nuovo consorzio che si chiamerà Connect Airways.

Tra le altre figure preminenti nel settore a memoria ricordo Colleen Barrett, presidente emerito di Southwest che però non ha mai avuto il ruolo apicale di direzione manageriale e Carolyn McCall, la donna forte di easyJet, amministratore delegato per sette anni fino alla fine del 2017. Probabilmente ci sarà un futuro da CEO per Allison Webster, attuale amministratore delegato di Qantas International (dal novembre del 2017) e aspirante alla cabina di comando che dal 2008 è regno indiscusso dell’irlandese Alan Joyce. Per il resto, le stanze dei bottoni sono dominate dagli uomini.

Digressioni a parte, torniamo al Ruanda e a Yvonne Makolo. Il Ruanda è un piccolo stato dell’Africa Centrale, incastonato tra Congo (RDC), Uganda, Tanzania e Burundi, con l’estensione geografica della Sardegna e la popolazione di poco superiore a quella della Lombardia. Venticinque anni fa fu teatro di uno dei peggiori genocidi che la storia ricordi, oggi è un fiore nel deserto. La stabilità raggiunta dal Paese attira capitali e turisti. Con il Pil in crescita di oltre il 7 per cento l’anno, è diventato in poco tempo un importante trampolino di lancio per multinazionali globali come la Volkswagen, che gestisce una fabbrica di automobili all’avanguardia e sperimenta nuovi concetti di mobilità. Lo stato vuole utilizzare la propria compagnia aerea come ambasciatore verso l’Europa, il Medio Oriente e l’Asia sul modello, ovviamente in scala minore, di quanto sono riusciti a fare i turchi con Turkish Airlines, gli etiopi con Ethiopian e le compagnie aeree del Golfo.

Allo scopo di rilanciare la compagnia aerea, lo scorso anno il governo ha scelto di affidarla alle mani di Yvonne Manzi Makolo.

Orfana di padre fin da piccola, Makolo è stata cresciuta insieme alla sorella dalla sola madre. Nel 1993 si trasferisce in Canada, dove ottiene una laurea alla McGill University e un diploma post laurea in tecnologie dell’informazione applicate. Nel 2003 decide di rientrare nel suo paese di origine mentre segue un progetto di informatizzazione delle scuole africane realizzato da World Links, un’organizzazione non governativa, per conto della Banca Mondiale. Per oltre dieci anni ha sviluppato la sua carriera alla direzione del marketing di MTN, la principale compagnia di telecomunicazione del Paese. Nel 2017 il passaggio a Rwandair.

Il compito che il governo le ha affidato è lo sviluppo della compagnia aerea, fondata nel 2009, per diventare un operatore di rete a livello globale. Attualmente, Rwandair gestisce dodici aerei. Annovera una delle flotte più giovani del continente africano, appena 5,7 anni di media, con due Airbus A330 arrivati nel 2016, sei Boeing 737-700 e 800, due Canadair CRJ900 e due Bombardier Dash 8-400. Un altro A330 dovrebbe essere consegnato all’inizio dell’anno prossimo.

L’anno scorso, la compagnia aerea ha trasportato circa 1,2 milioni di passeggeri su rotte che servono 23 destinazioni, principalmente in Africa, ma anche tre volte alla settimana (nei periodi di punta quattro e presto aumenteranno a cinque la settimana) sia a Londra-Gatwick sia a Bruxelles.

La capitale europea è una destinazione naturale per Rwandair poiché lì vive la più ampia diaspora ruandese in Europa, nonostante Brussels Airlines del gruppo Lufthansa serva la relazione su Kigali. Ma la concorrenza non sembra preoccupare il governo e neppure l’amministratore delegato. Contrariamente alla stragrande maggioranza dei paesi della regione, il Ruanda adotta una politica di ‘cieli aperti’ e sono sei i vettori globali che atterrano a Kigali. Un’eccezione in Africa dove il mercato unico per il trasporto aereo (SAATAM) approvato da 23 stati è rimasto sostanzialmente sulla carta. “La concorrenza fa bene al Paese” ha spiegato invece Makolo in una recente intervista.Dal suo riavvio nel 2009, RwandAir non è mai stata redditizia e il punto di pareggio viene calcolato sul medio e lungo periodo, mentre in questi anni il management si concentra sugli investimenti. Inoltre, come per la Turchia o l’Etiopia, per il Ruanda la compagnia aerea nazionale è uno strumento di soft power per far avanzare il paese nel suo insieme, oltre a essere strumentale per l’economia locale e per la promozione del turismo. Il Paese ha molto da offrire al visitatore con paesaggi naturali, buone infrastrutture e ovviamente i gorilla di montagna, i silverbacks. Per visitare le zone abitate da questi scimmioni il costo attuale è pari a 1.500 dollari americani a persona.Il turismo è una delle leve che stanno spingendo la compagni aerea la cui crescita per numero di passeggeri è a doppia cifra, anche grazie a una serie di rotte poco servite verso lo Zimbabwe e Città del Capo. Le aspirazioni di crescita di Rwandair si scontrano oggi con le limitate capacità dell’aeroporto della capitale. Il nuovo scalo internazionale di Bugesera è in costruzione da tempo, ma i lavori procedono a rilento e difficilmente sarà consegnato nel 2020, come da previsioni iniziali.Tuttavia le potenzialità di crescita rimangono enormi tanto che già nel 2018-2019 la compagnia ha aumentato la propria capacità di oltre un terzo.

Per Yvonne Manzi Makolo ogni azione che aumenti la competitività della compagnia vale la pena di essere tentata. Del resto, come ha ricordato in un’intervista a The New Times di qualche tempo fa, le sfide non la spaventano. “Sono stata allevata da una madre single perché mio padre è morto quando ero molto giovane. Sono cresciuta in una famiglia di donne molto forti e mia mamma, le mie zie, mia sorella maggiore sono sempre state dei buoni modelli. Donne che sono in grado di fare ciò che gli uomini possono fare e talvolta anche meglio. Penso di aver sempre gravitato su questo; perché mia madre ci ha cresciuti per essere donne molto indipendenti e forti”.

Infine, non deve sorprendere che l’unica donna a guidare una compagnia aerea provenga da un piccolo stato africano. Secondo l’indice sulla disparità di genere del World Economic Forum, il Ruanda nel 2018 è il sesto paese al mondo in quanto a inclusione femminile, davanti a moltissimi paesi Occidentali quali la Germania, il Regno Unito, la Francia, il Canada e la Nuova Zelanda. L’Italia? No, non me ne sono dimenticato, è solo che occupa un imbarazzante 70° posizione…

@partodomani

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