Questioni di genere

Maschio nudo non richiesto: più ridicolezza o sofferenza?

21 Novembre 2017

Nel suo irreversibile declino, il maschio pensa di poter offrire il meglio di sé nella sua più completa nudità – il che sarebbe davvero significativo nell’accezione più introspettiva e spirituale della parola. In realtà, le cronache recenti ci narrano di una nudità molto meno profonda, semmai più contemporanea e molesta, dove la soluzione a tutte le sollecitazioni contingenti dei nostri eroi d’oltreoceano e nostrani si risolverebbe calando interamente le braghe di fronte a una ragazza leggermente interdetta. Quello della nudità (integrale) è forse un punto centrale dei rapporti tra uomo e donna. Sotto questo aspetto, qualche giorno fa ci è stato raccontato un episodio illuminante, per l’attendibilità del raccontatore e dei protagonisti sul campo, uno dei quali – una nostra archistar ampiamente riconosciuta – concentra evidentemente su di sé la sintesi liquidatoria che anima oggi i rapporti tra maschio e femmina. Una sera, in una situazione del tutto amichevole e conviviale, questo signore si convinse che fosse giunto il momento di esprimere il suo gradimento nei confronti di un’ospite della serata semplificando massimamente il dialogo. Riducendolo sostanzialmente a zero. Per cui, approfittando di qualche momento di assenza di questa amica conosciuta per l’occasione, al suo rientro nella stanza l’accolse privo d’ogni titubanza, completamente biotto, calzini compresi. Dopo qualche frazione di comprensibile smarrimento, la signora se ne uscì con un inequivocabile: «Ma sei scemo?», seguito da un altrettanto inequivocabile avvertimento: «Se ti avvicini, urlo». Solo allora l’archistar comprese lucidamente l’architrave della questione, raccolse i suoi stracci e lasciò malinconicamente la scena.

Nell’atto del farsi trovare completamente nudo (con decisione unilaterale), il maschio intenderebbe ridurre gli spazi di sofferenza. La sofferenza di un dialogo possibile, di una conseguente valutazione intellettuale, di quel duopolio delle opportunità che porta le persone alla felicità di scegliere, rinunciando o accettando qualsiasi forma di ulteriore rapporto. Qui non si vuole negare la possibilità di un fraintendimento – per carità, tutti abbiamo frainteso – ma da fraintendere a smanettarsi da biotti ancora ne corre parecchio. La paura di essere giudicati da una donna resta uno dei luoghi oscuri che il maschio non riesce (ancora) a risolvere. Basta pensare, appunto, ai luoghi di lavoro quando le donne assumono posizioni di responsabilità e hanno, nella filiera aziendale, responsabilità di soggetti maschi che variamente “soffrono” la situazione per molti di loro del tutto inconcepibile. Non vi appaia una traduzione troppo arbitraria, ma i rapporti di lavoro sono strettamente correlati ai rapporti sessuali. C‘è il passaggio stretto del ribaltamento dei ruoli, di un’impreparazione storica a una “nuova” condizione sociale che prelude a quello sfregio nel tabernacolo maschile della parità, parola che in certi mondi mantiene un suo senso di osceno.

C’è indubbiamente qualcosa di imperscrutabile nella condizione di un maschio dai buonissimi studi, con piena coscienza della sua condizione sociale, che mette sé stesso nella condizione di ridicolezza estrema dell’essere valutato per quel nudo che è – sino a rischiare l’insopportabile dileggio femminile. Vero, in molte occasioni si pensa di tamponare questo pericolo con il dislivello delle condizioni, che porta il soggetto teoricamente più “debole” a dover subire una pressione insopportabile. E questo è un fatto. Ma la nudità consapevole, il togliersi completamente gli abiti esercitando una forma di violenza prima di tutto spirituale e poi persino estetica, consente al maschio di esercitare la sua forma potente e unilaterale di seduzione dall’alto, evitando la forma più compiuta di seduzione condivisa, fatta di leggerezza consapevole, di piccoli gesti, di perversioni appena evocate, di visioni parallele. Niente che abbia certezza e che dia certezza, ma proprio qui sta il bello.

Calarsi le braghe, insomma, è il più grande gesto di debolezza mai immaginato da un maschio. Invece di ridurre le distanza, com’egli immaginerebbe, le moltiplica e qui neppure per un istante, per un’ovvia delicatezza, se n’è voluto fare una questione di centimetri.

 

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