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Lo sport femminile, i nuovi idoli “giusti”

3 Luglio 2022

Purtroppo, su youtube, non ho trovato un video da mostrarvi. Volevo che tutti vedessero Sergio Vigil, ad Amstelveen, al risuonare degli inni nazionali per la partita d’esordio dei mondiali di hockey su prato femminile tra Germania e Cile. Vigil è stato un grande campione argentino ed ora, a 56 anni, ha accettato la sfida di allenare la squadra cilena – una squadra fatta dai soli quattro club di quel paese, e quindi con un bacino d’utenza minuscolo.

Da noi l’hockey non ha tradizione. Voi che leggete, probabilmente, vi chiederete perché io passi un sabato pomeriggio a guardare il campionato del mondo femminile. Ho avuto la fortuna di vedere diverse partite in paesi di grande tradizione, come l’Olanda, e di vedere finali infuocate, alle Olimpiadi, con una nazionale dell’India di valore epico. Quindi Germania (una delle favorite) contro Cile, arrivata ai mondiali come assoluta sorpresa (le qualificazioni americane sono durissime), ed inserita in un girone di ferro con anche Olanda ed Irlanda.

Durante l’inno nazionale cileno, le ragazze ridevano di gioia e cantavano a squarciagola, che le si sentiva anche senza i microfoni. E quando la banda ha smesso, loro hanno cantato le strofe successive, saltando ed abbracciandosi, felici di essere lì. Vigil piangeva di commozione, ed anche l’arido commentatore tedesco ha detto, balbettando. “Scusatemi, sono momenti di grande emozione”. Poi la Germania ha vinto 4-1, ed è stato giusto così.

Ma qui non si tratta solo dello spirito decoubertiniano secondo cui basta partecipare. Le atlete cilene sono forse tecnicamente meno funamboliche (l’hockey su prato è uno sport bellissimo da vedere, e per niente violento, come quello sul ghiaccio), ma hanno retto quattro tempi e, fisicamente, hanno surclassato le professioniste tedesche – non fosse altro che per l’entusiasmo.

Tre giorni fa, a Castel di Sangro, la nazionale femminile italiana di calcio ha pareggiato 1-1 un’amichevole contro la fortissima Spagna. Lo ha fatto in un giorno storico, perché da tre giorni il calcio femminile è (giustamente) professionistico. Finalmente. Voi che siete romanisti, come me, guardatevi la splendida squadra messa insieme dai Friedkin, che è arrivata seconda in campionato, farà la Champions League, ed ha vinto il campionato Primavera.

Lo sport femminile di squadra dimostra a questo mondo schifoso di guerra e repressione che, per l’umanità, esiste una via d’uscita. Non hanno la muscolatura dei maschi, ma imparano e faticano in modo sovrumano. In allegria. Sono persone migliori. Sono gli ultimi veri punti di riferimento ideali da offrire ai nostri figli. Non quei cialtroni boriosi come Cristiano Ronaldo o Neymar, ma eroine che si battono con lealtà e coraggio, la cui tecnica migliora di giorno in girno, e che in paesi migliori dell’Italia (come la Spagna) riempiono gli stadi esattamente come i loro colleghi maschi.

Lo penso da anni. Un mondo guidato dalle donne ha una speranza, seppur piccola. Il mondo dei maschi sta morendo, e noi ci stiamo accanendo sulle spoglie.

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