Questioni di genere

Libertà è quando non hai più nulla da perdere

12 Febbraio 2022

Aveva smesso di bucarsi. Da mesi. Per la prima volta, la casa discografica le aveva messo a disposizione una band di musicisti di valore, che la ammiravano veramente. Poi aveva partecipato alla follia del Festival Express Tour – le dieci migliori band californiane che, per mesi, giravano insieme in treno e suonavano negli stadi degli Stati Uniti e del Canada. Una follia perché costò talmente tanti soldi che nemmeno le centinaia di migliaia di spettatori paganti riuscirono a coprire.

Ma era felice. Per la prima volta nella sua vita. Continuava a scrivere ai genitori chiedendo, per favore, di inviare tutti gli insulti e le lamentele su di lei ad un indirizzo di fermo posta, lei le avrebbe letto quando si sarebbe sentita abbastanza forte per farlo. Aveva mandato un telegramma all’insegnate del liceo che aveva detto ai suoi genitori: vostra figlia, prima dei 21 anni, sarà in manicomio o in galera. Aveva smesso di rispondere ai giornalisti che le chiedevano se accettasse di essere brutta, se soffrisse ancora perché nessun ragazzo l’aveva mai invitata ad uscire.

Estate 1970, Festival Express Tour. Da sinistra: Rick Danko (The Band), Janis Joplin, John “Marmaduke” Dawson (New Riders of the Purple Sage), Jerry Garcia (The Grateful Dead)

Janis era stata a Rio ed aveva incontrato David, un ex soldato di una ricca famiglia di Cincinnati che, stanco della guerra, aveva scelto il misticismo e girava il mondo lavorando nei campi o sulle navi merci. David e Janis si erano perdutamente innamorati, e lui le aveva promesso “per sempre”, se lei fosse stata “clean”. Janis aveva promesso, e lui l’aveva beccata mentre si bucava, aveva preso la sua sacca ed era scomparso. Andato a vivere a Katmandu.

Janis era tornata a casa, ed aveva smesso con l’eroina. Stava meglio, cantava meglio, continuava ad essere malinconica, ma il mondo dell’Estate d’Amore le vorticava intorno, abbracciandola: inutile fare la lista. Tutti l’adoravano. Da Bob Dylan a Jimi Hendrix, dai Grateful Dead agli dei neri del blues, dai Beatles a Jim Morrison. Ed aveva incontrato Paul Rothchild, un produttore che le aveva insegnato a gestire la voce, a straziare i cuori, oltre a mostrare lo strazio del proprio. Erano andati a registrare in studio, e Janis aveva scritto “Pearl”, un inno sovrumano sul dolore di quella piccola bambina ferita nascosta nel corpo di una donna emancipata ed esuberante, politicamente intransigente ed estremamente generosa. Un inno in cui carezzava la bambina dicendole: lo so che sei triste e non sai che fare, ma io ci sono, ora ci sono.

Febbraio 1970: Janis Joplin e David Niehaus a Rio de Janeiro

Sei mesi dopo la rottura con David, Janis Joplin era un’altra persona, più adulta e consapevole, più serena, più ottimista. Le sue amicizie con i mostri sacri della musica mondiale le mostravano ogni giorno quanto valesse. Ed un giorno, sul treno di quel folle Festival Express, insieme ai ragazzi dei Grateful Dead, a Jackson Brown e chissà chi altro, si mise alla chitarra e disse: ho sentito una ballata di Kris Kristofferson. Per lui è una noiosa ballata country, per me è una grande canzone d’amore. E via. Qualcuno l’ha registrata col mangianastri ed ha mandato la cassetta a Paul Rothchild, che le scrisse un telegramma: Chiesto il permesso a Kris. Ne faremo un capolavoro. Ancora oggi Kristofferson racconta che quella sua canzone sia la migliore che lui abbia mai scritto, ma solo perché l’aveva cantata Janis.

A quel punto Janis aveva iniziato a cercare David, i cui genitori le avevano dato l’indirizzo di Katmandu. Lei gli scrisse lettere di dolore e speranza. Dopo un mese, in una notte di inizio ottobre del 1970, lui le aveva risposto: ti amo ancora, mi manchi, vediamoci a Katmandu. E Janis, dopo otto mesi di astinenza, si era bucata per quella che lei aveva promesso a sé stessa che sarebbe stata l’ultima volta. L’ultima volta prima di smettere di essere l’anatroccolo nero e sarebbe stata il cigno della sua grande e vera storia d’amore e di musica.

Inverno 1966-1967: Janis Joplin accanto ai genitori, che la disprezzavano, alla sorella ed al fratello, due ragazzi bianchi cattolici per bene

La droga era tagliata male. È morta da sola, nella stanza di un motel. Paul Rothchild ha finito il disco senza di lei, un disco che ha venduto (finora) oltre 4 milioni di copie in mezzo secolo. Un disco che contiene questa frase, scritta da Kristofferson, ma che rende l’idea di Janis, l’angelo del blues, morta di dolore a 27 anni, sola come era sempre stata: “Libertà è solo un altro modo di dire che non hai più nulla da perdere”.

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