Benessere

Consiglio d’Europa: in Italia la legge sull’aborto non funziona. E infatti…

11 Aprile 2016

A., una giovane donna che vive in Campania, dopo aver cercato inutilmente nella sua provincia una struttura ospedaliera che fornisca il servizio di Interruzione volontaria di gravidanza (ivg), da una settimana si alza tutte le notti alle 4, prende il suo bimbo piccolo, lo carica in macchina e va in un’altra città della Regione per mettersi in fila alle 5,30 nella speranza di poter prenotare l’intervento. Il problema è che ha ancora 6 giorni prima che scadano i termini legali per abortire. Se non dovesse riuscirci in tempo, che cosa farà? Potrà tenere il bambino, ma non se lo può permettere; oppure troverà canali alternativi ed entrerà nell’opacissimo mondo dell’aborto clandestino, di cui non ci sono dati certi, solo proiezioni. Quasi come se non esistesse.

«L’aborto clandestino esiste eccome», ci dice Silvana Agatone, ginecologa all’ospedale Pertini di Roma e Presidentessa della Laiga, Libera Associazione Italiana Ginecologi per Applicazione legge 194. «Anzi, ne esistono due tipi. Quello “d’oro”, che riguarda donne italiane di alto livello sociale, che per evitare attese e per motivi di riservatezza, vanno in cliniche private dove le ivg sono fatte passare per aborti spontanei e quello, ben più drammatico, che riguarda le donne che non hanno soldi né vie alternative». Non si parla più di mammane o ferri da maglia, oggi l’aborto è il più delle volte “fai da te”, meno cruento, ma non per questo più sicuro: lo si compie ingerendo farmaci come il Cytotec, un anti ulcera che a dosi massicce compromette la gravidanza. Sono medicinali che si comprano online, al mercato nero vicino alle stazioni delle grandi città, o anche in farmacia, con una ricetta che non è difficile procurarsi. «Le nigeriane ormai abortiscono solo così», ci racconta un’operatrice di On The Road Onlus, che si occupa di donne vittime di tratta nella zona di Fermo, nelle Marche. «Spesso sono ragazze molto giovani, con meno dei 18 anni che dichiarano. Alcune arrivano in Italia già incinte per le violenze subite in Libia. Sono le loro stesse sfruttatrici a fornire i farmaci, magari quando è troppo tardi». La conseguenza? «L’espulsione non riesce del tutto e le ragazze arrivano in ospedale con setticemie», spiega Silvana Agatone. «L’altro giorno abbiamo avuto in ospedale una ragazza che aveva preso un cocktail di medicine che le aveva indotto sì l’aborto, ma anche un’emorragia incontenibile e un’alterazione cardiaca grave. Noi medici abbiamo capito che cosa era successo, ma lei non ha ammesso niente». Difficile biasimarla: poche settimane fa è stata aumentata la multa per chi si sottopone ad aborto clandestino da 51 euro a una cifra tra i 5 e i 10 mila euro. Le denunce saranno ancora più rare. «È un provvedimento assurdo: l’aborto clandestino è un reato per chi lo compie non certo per chi lo subisce», sottolinea la dottoressa Anna Uglietti, che fino allo scorso luglio è stata responsabile dell’ambulatorio 194 alla Mangiagalli di Milano. Contro questo decreto si sono mosse molte associazioni di ginecologi e femministe, che hanno scritto una lettera ufficiale alla Ministra Lorenzin, e si è mobilitata la Rete con l’hashtag #obiettiamolasanzione.

Il verbo obiezione non è scelto a caso. All’origine degli aborti clandestini c’è spesso l’inadempienza di molte aziende ospedaliere a fornire quello che per la legge 194 sarebbe un servizio obbligatorio: l’interruzione volontaria di gravidanza. Il motivo? La diffusissima presenza di medici obiettori. In Italia, la media degli obiettori è di circa il 70 per cento, con Regioni dove si supera il 93. «Se a Milano e a Roma, il servizio funziona, pur con ritardi e vuoti, ci sono province dove abortire è impossibile. A Viterbo, Rieti e Frosinone, per esempio, è un disastro. Tutte le donne del Lazio meridionale sono costrette ad andare a Caserta. O a trovare soluzioni alternative», avverte la dottoressa Agatone. Il fatto è che moltissimi medici non obiettori hanno iniziato a lavorare negli anni in cui la lotta per il diritto all’aborto era infuocata e ormai stanno andando in pensione. «Oggi le tecniche ecografiche hanno portato un’attenzione inedita sul feto ed è più difficile per le nuove generazioni porre al centro del proprio oggetto di cura la donna», spiega la dottoressa Uglietti. «Invece bisognerebbe insegnare che l’etica di chi sceglie di fare il ginecologo implica il dovere di assistere la donna in tutti i momenti della vita e questo è un momento che può capitare. La maggior parte dei medici obiettori, del resto, non considera l’aborto un crimine, però non vuole “compromettersi”». Il risultato è che in alcune zone d’Italia, specie al sud, è quasi impossibile ottenere una ivg. «Purtroppo ci sono ospedali in cui c’è un unico non obiettore che si trova a fare solo interruzioni, un lavoro per nulla gratificante: a questo punto l’obiezione diventa l’unica via di uscita. Obiezione chiama obiezione. La responsabilità però non è solo del medico, ma anche di chi è responsabile dell’applicazione della legge in termini dirigenziali, dal primario al direttore sanitario alla Regione». E se la legge non è applicata, se non si dà alle donne la possibilità di abortire in sicurezza, le donne lo faranno come potranno. Anche ingerendo una manciata di pillole comprate on line.

 

I DATI E LA LORO INTERPRETAZIONE

I dati di solito parlano chiaro, ma non quando si tratta di aborto. Nel 2014 le ivg sono diminuite del 5,1 per cento rispetto al 2013. Un successo? No. «Gli interventi calano perché in alcuni ospedali non è più erogato il servizio», chiarisce la dottoressa Agatone. «È la domanda che va monitorata, registrando anche quella nei consultori. Dove finiscono le donne che hanno chiesto di abortire e poi spariscono?». A questo si lega il discorso sull’aborto clandestino. Dati precisi non ci sono. «Il Ministero ha un modello statistico vecchio, da cui ricava che il clandestino è da anni a livelli molto bassi. In realtà questi calcoli non sono accurati, bisognerebbe trovare un indicatore scientifico su cui puntare lo studio: per esempio l’aumento dell’aborto spontaneo nelle donne giovani non sposate ». Insomma, la dimensione del clandestino si potrebbe calcolare? «Sì, studiando la domanda e valutando l’offerta data, e anche trovando indicatori adeguati. Solo che nessuno vuole fare questo studio».

 

Articolo pubblicato sul settimanale Gioia

 

Immagine di copertina tratta da aboutpharma.com

 

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