Questioni di genere

Le millenials lasciano la Chiesa

30 Aprile 2018

Nel febbraio scorso sono stati pubblicati i risultati della America Survey condotta dal Centro per la ricerca applicata nell’apostolato presso la Georgetown University sulle donne nella chiesa cattolica americana. Lo studio è stato condotto su 1.508 donne che si dichiarano cattoliche negli Stati Uniti.

Tra gli elementi più significativi emersi da questa ricerca, che tiene conto di moltissime variabili interessanti – compresa la relazione tra orientamento politico e visione della chiesa – è quello che riporta sulle nuove generazioni di donne cattoliche. Si è visto infatti che le giovani millenials (nate a partire dal 1982) abbandonano la religione più dei loro coetanei maschi e che questo fenomeno è circoscritto alla chiesa cattolica, mentre non si verifica nelle denominazioni protestanti. Le motivazioni di questo allontanamento riguardano soprattutto disaccordi con la posizione della Chiesa cattolica su alcuni particolari problemi (39%) e lo status delle donne nella chiesa (23%), solo molto dopo vengono le critiche all’ipocrisia della chiesa e gli scandali degli abusi sessuali (sotto il 10%). Anche tra chi è ancora nella chiesa, ma ammette di aver considerato di lasciarla, il 48% ha motivato questa sua posizione con la mancanza di un posto appropriato per le donne nella chiesa, e il 69% il disaccordo con alcuni suoi insegnamenti.

Quando alle intervistate è stato chiesto anche se avessero mai personalmente sperimentato il sessismo all’interno della Chiesa cattolica il 10% ha risposto di sì e, provando a descrivere questa esperienza, le risposte più comuni sono state che le donne sentono di essere considerate inferiori nella chiesa e il fatto di non essere autorizzate a prestare servizio nel ministero ordinato conferma questa loro percezione.

Kathleen Sprows Cummings, professore associato presso l’Università di Notre Dame e direttore del Cushwa Center per lo studio del cattolicesimo americano, ha commentato questi dati in maniera molto dura, affermando: “siamo ad un punto cruciale… Se perdi le donne, perdi i bambini” dal momento che nel cristianesimo la trasmissione dei principi e dei valori religiosi è tradizionalmente nelle mani delle madri.
È evidente che per le giovani, colte e istruite quanto e più dei coetanei, che vedono l’aumento delle donne in posizione di responsabilità in altre sfere della vita sociale, è difficile comprendere e tollerare il continuo rifiuto di considerarne la presenza anche nei ruoli di guida della Chiesa e questo sta condizionando la loro stessa scelta di restarci.
In Italia probabilmente i dati non sono ancora così chiari, ma se questa tendenza fosse confermate anche qui da noi, come è probabile, quanto tempo occorrerebbe per rilevarne l’urgenza e correre ai ripari? A oggi, nonostante le parole spesso incoraggianti di Papa Francesco, non si vedono all’orizzonte decisi cambi di rotta da parte della Chiesa per riconquistare la fiducia femminile. La stessa commissione di studio per il diaconato femminile istituita dal Papa ad agosto 2016 non ha ancora prodotto risultati significativi e, in ogni caso, difficilmente saranno risolutivi rispetto a questo disagio crescente.
Quali argomenti possiamo offrire alle giovani di oggi per convincerle che è sensato far parte di una istituzione che non riconosce loro di fatto alcuna parità?
I lavori del pre-sinodo sui giovani svoltosi a Roma dal 19 al 24 marzo hanno visto una grande partecipazione di giovani donne e il documento finale presentato ai padri sinodali in vista della costruzione dell’Instrumentum laboris afferma: “Oggi un problema diffuso nella società è la mancanza di parità fra uomo e donna. Ciò è vero anche nella Chiesa. Ci sono dei grandi esempi di donne che hanno svolto il loro servizio in comunità religiose consacrate e rivestito ruoli di responsabilità nel laicato. D’altro canto, per alcune giovani donne questi esempi non sono sempre visibili. Una domanda chiave emerge da queste riflessioni: quali sono i luoghi nei quali le donne sono in grado di prosperare all’interno della Chiesa e della società?”
La domanda resta aperta, rimandare ancora nella risposta sarebbe da irresponsabili e ultimamente alcune voci si sono levate: da un lato la voce sola, ma autorevole, del Cardinale Schönborn, vescovo di Vienna, che ha dichiarato di ritenere possibile riaprire la questione dell’ordinazione presbiterale femminile, ma che per farlo occorrerebbe un nuovo concilio e dall’altro la voce corale dell’assemblea plenaria della Pontificia commissione per l’America latina che ha proposto un sinodo sulla donna. È chiaro che il limite di queste proposte è nella dinamica stessa dei processi decisionali interni alla chiesa, che coinvolgono solo ministri ordinati e quindi uomini, eppure non si può non constatare con fiducia il senso di urgenza che emerge da questi segnali, a indicare una crescente consapevolezza da parte delle chiesa gerarchica della gravità della situazione.
All’interno di una lezione con alcuni giovani del Boston college, attualmente a Parma per un semestre di scambio e impegnati nel corso Donne nella società del professor Andrea Sebastiano Staiti, ho avuto modo di constatare direttamente come per le ragazze ventenni due questioni siano particolarmente ostative: l’ingerenza della Chiesa nelle decisioni che riguardano il corpo della donna (hanno parlato di induzione alla vergogna) e la mancanza di modelli di ruolo femminili. Mentre ad affascinare e ad avvicinare alla Chiesa sarebbero i valori, in particolare quelli legati alla giustizia sociale, e la presenza di un leader come Papa Francesco.

Il discernimento ecclesiale che ci ha consegnato il Concilio Vaticano II parte dalla realtà, dall’ascolto sapienziale della realtà,  come ben rappresenta Emilia Palladino in “Laici e società contemporanea”: “Il Concilio nella struttura del documento (Gaudium et spes) modifica la consueta posizione delle verità di fede: non sono a priori dell’esperienza degli uomini e, soprattutto, delle loro scelte, ma, nell’ottica di un grande rispetto per la persona umana, esse sono poste a posteriori dell’analisi del reale. Agendo in questo modo i Padri costituiscono le basi per impostare un autentico dialogo della Chiesa con il mondo moderno”.

Quale messaggio dunque ci viene da questo segno dell’allontanamento delle donne dalla Chiesa e dalle loro motivazioni? Quale invito alla conversione viene alla Chiesa tutta? Bisogna ricordare sempre che in gioco non c’è solo il legittimo desiderio di uguaglianza delle giovani e di tutte le donne, ma la fedeltà al Vangelo di Cristo, che ha scelto una donna per realizzare l’incarnazione e un’altra donna per annunciarne la resurrezione.

Lasciamoci interrogare dai giovani, finché ancora ci ritengono interlocutori, non sarà così per sempre.

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