Questioni di genere
Le bellissime nella giornata mondiale delle bambine
Ogni anno Terre des Hommes pubblica in occasione della Giornata Mondiale delle Bambine e delle Ragazze un dossier che racconta lo stato e la condizione delle minorenni nel mondo e, naturalmente, in Italia. Il dossier “InDifesa” offre degli strumenti per comprendere lo stato delle future donne di domani (grazie anche alla possibilità di comparare i dati con gli anni passati).
La situazione che emerge quest’anno è particolarmente drammatica poiché in Italia nel 2017 il numero di minori vittime di reati ammonta a 5.788 (l’8% in più dell’anno precedente, il 43% in più rispetto a 10 anni fa, quando erano 4.061). Ancora una volta abusi e violenze si abbattono soprattutto su bambine e ragazze (60% del totale delle vittime). In forte crescita soprattutto il numero dei minori vittime di reati legati alla pedopornografia: +57% per la detenzione di materiale pornografico (per l’86% femmine) e +10% per la loro produzione, che coinvolge per l’84% bambine e ragazze.
Per la prima volta, il dossier si è occupato di baby miss e di baby modelle riportando la preziosa Carta di Milano per il rispetto “delle bambine e dei bambini nella comunicazione”. Ho avuto la fortuna di partecipare al dossier, e di seguito (in corsivo) riporto il mio intervento che si focalizza proprio sull’utilizzo dei bambini e delle bambine nel mondo della comunicazione e dell’apparenza: la moda e la pubblicità.
Integralmente dal dossier “InDifesa”.
Ricordate Little Miss Sunshine e le peripezie della famiglia protagonista per far partecipare la piccola Olive al concorso di bellezza per aspiranti Miss America? Le cose non vanno tanto diversamente in Italia, anche se qui il numero di competizioni e di baby partecipanti è molto inferiore a quel Paese. Nell’inchiesta “Bellissime” Flavia Piccinni parla di oltre sedicimila competizioni di Child Beauty Pageant negli USA ogni anno, alle quali partecipano più di trecentomila bambine dai 3 ai 10 anni. Per l’Italia stima oltre 2.000 bambini coinvolti in attività di spettacolo e moda. tema dello sfruttamento dell’immagine delle bambine e dei bambini nella pubblicità e nella comunicazione commerciale, così come nello spettacolo, facendo loro scimmiottare ruoli, comportamenti ed età lontane dal loro essere bambini e ledendo la loro dignità. Questo documento è stato elaborato con il contributo di oltre 70 esperti nel campo della comunicazione per La questione è tornata alla ribalta grazie alla Bellissime (Fandango Libri, 2017) sulle preoccupanti condizioni delle baby modelle nel nostro Paese, vere e proprie lavoratrici in erba, i cui diritti – oltre alla dignità – sono spesso calpestati. Attualmente in Italia il quadro normativo di riferimento per la tutela dei bambini lavoratori è incentrato intorno alle disposizioni della legge n. 977 del 1967. L’articolo 3 di questa legge afferma che: istruzione obbligatoria e comunque non può essere inferiore ai 15 anni compiuti”. L’articolo 4, inoltre, precisa che: “La direzione provinciale del lavoro può autorizzare, previo assenso scritto dei titolari della potestà genitoriale, l’impiego dei minori in attività lavorative di carattere culturale, artistico, sportivo o spot pubblicitari è regolata dalla circolare n. 67 del 1989 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che essere posto a disposizione dei genitori o del tutore un locale idoneo atto a garantire il soddisfacimento delle principali esigenze fisiologiche del bambino” e “l’impegno lavorativo non deve superare le tre ore giornaliere e deve avvenire in presenza del genitore o del tutore o di persona da questi espressamente delegata”. Altra questione denunciata dall’inchiesta della Piccinni, è quella delle baby miss che arrivano dall’estero, prevalentemente da Spagna e Russia, e rispetto alle quali bisognerebbe appurare se le loro partecipazioni sono in regola rispetto alle norme sul lavoro minorile di quei Paesi. Hanno fatto seguito alla denuncia di Bellissime tre interrogazioni parlamentari e un DDL che propone di tutti i bambini che lavorano nel mondo dello spettacolo e della pubblicità.
“Non mi piacciono le sfilate perché non ci danno da bere. Detesto i servizi fotografici perché mi cotonano i capelli e quando poi mamma me li pettina, piango. Prima dei cataloghi mamma mi proibisce di mangiare pasta e biscotti, mi cucina solo pollo e fagiolini.Frammenti di voci reali dal mondo della moda bimbo, segmento del made in Italyche vale quasi 3 miliardi di euro per il nostro Paese. Universo abilissimo a preservarsi da occhi considerati indiscreti e indagatori, che cercano di raccontare semplicemente la verità. Quello che ogni giorno sfiora i bambini, e soprattutto le bambine, italiane: le piccole protagoniste sui set che fra rossetti e mascara vengono trasformate in ipersessualizzate modelline, ma anche le fruitrici da casa (in televisione, sui giornali, attraverso le pubblicità e la rete) di coetanee che propongono modelli che passivamente vengono introiettati.
Per raccontare le moderne Bellissime per quattro anni ho girato casting, concorsi di bellezza, sfilate, servizi fotografici. Per quattro anni ho partecipato da spettatrice a Pitti Bimbo, la più importante manifestazione del sistema, che due volte l’anno si tiene a Firenze. Per quattro anni ho assistito alla manipolazione del corpo delle bambine con trucco e parrucco, alla loro vestizione con abiti adulteggianti. Da seienni a trentenni nel tempo di un set fotografico. Ho raccolto testimonianze infantili che sfiorano l’oscenità (“mamma mi ha fatto fare i colpi di sole perché i brand non mi sceglievano”), racconti di madri che mi hanno lasciato senza parole (“lo faccio perché a mio figlio piace”, il figlio in questione aveva un anno e mezzo), fotografato puntualmente violazioni alle norme: bambini che per prendere parte a “lavori” – come loro sono soliti chiamarli – saltavano la scuola, bambini tenuti lontani dai genitori e affidati a estranei (durante la preparazione, durante le prove abiti, durante i servizi fotografici), bambini obbligati a lavorare per tempi molto più lunghi rispetto a quelli permessi per legge, bambini che sono trasformati da sapienti mani in piccoli adulti. Da questo lavoro sono nate tre inchieste parlamentari, un DDL e due emendamenti alla legge di stabilità. Ridurre gli orari di lavoro, aumentare i controlli, obbligare un settore che ad oggi si considera impunito e che opera creando l’immaginario infantile contemporaneo nel nostro Paese e nel mondo è forse più prioritario di quanto ci piaccia credere. In fondo, le bambine di oggi non saranno le donne di domani?”
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