Medicina

La scienza, le mestruazioni e l’ossessione per il corpo delle donne

29 Dicembre 2016

Il corpo delle donne è da sempre oggetto di discussioni e (spesso) speculazioni, soprattutto in merito alla sua funzione riproduttiva. È triste scriverlo ma fenomeni come il ciclo mestruale, la gravidanza e la maternità sono stati strumentalizzati per secoli, alimentando stereotipi e prassi discriminatorie. Basti pensare che ancora oggi in molti paesi del mondo (compreso il nostro) le donne non soltanto sono pagate meno dei colleghi maschi, ma durante i colloqui devono spesso rispondere a domande sulla loro intenzione di avere figli o sull’età di quelli che già hanno.

Purtroppo in molti continuano a pensare che le donne siano influenzate, in tutto ciò che fanno, dalla troika cicli ormonali-gravidanze-maternità. L’ultimo esempio dell’ossessione per il corpo delle donne in età fertile è stata l’enorme attenzione dedicata dai media alla ricerca pubblicata pochi giorni fa su Nature, secondo cui “la gravidanza produce cambiamenti duraturi nella struttura cerebrale umana” (per la precisione nella struttura cerebrale degli esseri umani di sesso femminile, perché negli uomini osservati non è stato rilevato alcun cambiamento dopo la nascita di un figlio).

Ora, non entro nel merito della ricerca. Non so se essa verrà premiata o dimenticata. Ma una domanda sorge spontanea: non sarebbe bello leggere di ricerche finalizzate a risolvere i problemi concreti che derivano da quella funzione riproduttiva femminile tanto oggetto di attenzioni? Delle due l’una: o di ricerche così se ne fanno poche, oppure i media non sembrano prestarvi alcuna attenzione. In entrambi i casi, c’è qualcosa che non va. Anche perché di problemi da risolvere ce ne sono eccome. E quindi, ammesso e non concesso che la ricerca di base si faccia, è cruciale tradurla in innovazione da portare sul mercato.

Tanto per cominciare, conosco molte donne che ogni mese hanno cicli mestruali piuttosto dolorosi, ma per alcune il livello di dolore è così forte da interferire pesantemente con la loro vita quotidiana. Che possono farci? Niente, se non imbottirsi di antinfiammatori, che spesso risultano pure inefficaci.

O ancora, solo in Italia il tumore dell’ovaio uccide 3mila donne l’anno perché otto volte su dieci viene scoperto quando è troppo tardi. E non perché il tumore dell’ovaio sia provocato da cellule maligne particolarmente difficili da rilevare, ma semplicemente perché non sono ancora stati creati gli screening adatti. Analogamente non è stata ancora trovata (o cercata?) una terapia definitiva per l’endometriosi: una malattia cronica che colpisce tra il 10 e il 17% della popolazione femminile (3 milioni di donne in Italia) e che oltre a essere molto dolorosa può causare l’infertilità.

Ancora, la pillola anticoncezionale è stata una rivoluzione, un progresso scientifico fondamentale per l’emancipazione femminile. Eppure conosco molte donne che vorrebbero prenderla ma non possono perché il loro corpo non la tollera. Pur essendo in commercio da oltre mezzo secolo, la pillola anticoncezionale ha molti effetti indesiderati: dai più “lievi” (nausea, aumento di peso, cefalea depressione, depressione, calo della libido) a quelli più gravi (trombosi, embolie, malattie cardiovascolari, cancro al seno e alla cervice dell’utero). Per non parlare del casino che si verifica se ne viene prescritta una inadatta al cosiddetto assetto ormonale, che varia da donna a donna. Sia chiaro: tutti i farmaci hanno lunghe liste di effetti collaterali ma la pillola deve essere assunta per almeno una ventina di giorni al mese per periodi prolungati, talvolta anni, visto che è utilizzata anche a scopi terapeutici. Siamo sicuri che non sia possibile migliorarla?

E banalmente, davvero non esiste un modo per rendere il parto almeno un po’ meno doloroso? È noto che tra i mammiferi le femmine umane sono quelle per cui il parto è più doloroso e pericoloso (non per niente ogni giorno ne muoiono oltre 800 in tutto il mondo). Conosco una donna che scappa a gambe levate appena sente parlare di parti perché ha dovuto sopportare un travaglio di due giorni con dolori tremendi che nessuno si è curato di alleviare.

Sono convinta che ci vogliano molte più donne “ai piani alti” per vedere finalmente degli sforzi concreti volti a risolvere problemi del genere. In fondo, almeno nel pubblico, non si tratta tanto di chi decide di fare ricerca su quale tema, quanto di chi stabilisce le linee di ricerca da finanziare. Ma ci vogliono più donne nei posti dirigenziali anche nel privato, e ce lo insegna la storia: i primi pannolini usa e getta, per esempio, furono inventati da una casalinga, Valerie Hunter Gordon, alla fine degli anni ’40; la signora era stufa di dover passare la vita a lavare pannolini di stoffa traboccanti di popò di neonato. Insomma: cambiamenti cerebrali a parte, probabilmente la soluzione per i problemi delle donne è che le donne cerchino di risolverseli da sole…

 

In copertina: “Diana & le sue cose” di VEG (2016)

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