Imprenditori

La ripresa è donna

11 Maggio 2016

Pensavo, stamattina, alla mia condizione di donna: bi-mamma, lavoratrice dipendente e anche imprenditrice, compagna di Andrea, divisa tra figli, lavoro e passioni, con un ritmo di vita altissimo e con poco tempo per sè.

Pensavo a mia madre, lei tri-mamma, lavoratrice e moglie, e a tutte le volte che in piena notte la trovavo ancora alle prese con le cose di casa.

Ho ripercorso gli ultimi anni della mia vita, e ho ripensato ai lavori che ho fatto e cambiato, alla mia esperienza di impegno civico in RENA fino alla sfida di Casa Netural che vivo ogni giorno, alla prova del territorio, al confronto con le persone.  E ho iniziato a scandagliare l’esperienza del nostro Incubatore di Sogni Professionali, che supporta persone che hanno voglia di rimettersi in gioco nel fare il lavoro che hanno sempre desiderato o che decidono di sperimentare la ricchezza di un fallimento, il privilegio di cambiare ed evolversi, la possibilità di reinventarsi e rimettersi in gioco.

Se stai leggendo questo articolo e sei un uomo probabilmente queste ultime parole ti suoneranno strane, quasi fastidiose, “la ricchezza di un fallimento” è un ossimoro, crea fastidio, fa sentire inadeguati, eppure sono certa che se sei una donna la cosa non ti sconvolgerà così tanto.

Ho ripensato, stamattina, agli ambienti di lavoro in cui ho lavorato negli ultimi dieci anni. Non posso lamentarmi, poteva andarmi peggio, eppure spesso, davvero troppo spesso, mi sono ritrovata a provare una strana sensazione. Quella di dover sempre dimostrare che avere un figlio non era un problema, che averne due era davvero easy, che ero degna di fiducia anche se mamma.

Poi, un giorno, grazie all’esperienza di Casa Netural e al continuo confronto con donne, mamme e non, e con tanti uomini di ogni età, ho capito che le cose stavano in maniera decisamente diversa.

L’ho capito un pomeriggio, mentre eravamo impegnati in uno degli incontri del nostro Incubatore, ho guardato, per un momento, la situazione dall’esterno e ho visto solo donne intorno a me. Stavamo incubando 8 sogni di lavoro inerenti a tematiche diverse ma il dato di fatto è che erano tutte donne.

E così nei minuti successivi ho ripercorso gli ultimi 4 anni di esperienza a Casa Netural e ho ripensato a tutte le persone che si sono affacciate e che si affacciano nel nostro Incubatore di Sogni e nel nostro coworking anche per proporre solo un evento, o meglio ancora un progetto, e ho iniziato a contare le donne.

Erano davvero tante, una percentuale schiacciante, un dato inconfutabile.

Non ho mai amato le casistiche di genere ma non ho potuto far finta di niente, ci ho pensato per giorni, osservando anche meglio determinate dinamiche, i profili di chi arrivava, e ho capito che i tempi sono davvero maturi per un cambio di rotta decisivo, la ripresa è donna.

Non voglio che vi facciate l’idea di un modello di donna vincente e con gli attributi, non amo che si diano alle donne attributi che fisiologicamente non appartengono loro, ma voglio che consideriate seriamente questa nuova prospettiva, già in atto. Quella di un mondo femminile che si mette in gioco, che non ha paura di sbagliare, ma ha un’immensa voglia di provare e di entrare nel mondo,  spesso e soprattutto con il  suo status di mamme, incasinate, stressate e appassionate, pronte ad imparare cose nuove e modi nuovi ma non a rinnegare la propria maternità o a viverla come un’alternativa alla realizzazione professionale.

Non tutte le donne che sono passate da noi sono riuscite a rimettersi in gioco fino in fondo, alcune sono tornate indietro, molto spesso scoraggiate da parenti e mariti , riportate alla realtà da doveri di cura parentale, sventolati come minacce dai loro compagni di vita, da genitori terrorizzati dal cambio di rotta e da amici ostili al cambiamento.

Ma tutte, davvero tutte, anche quelle che sono tornare indietro, avevano negli occhi una grande voglia di riscatto, di riconoscimento, la speranza di poter realizzare se stesse anche da madri. E spesso ho avuto l’impressione che affidassero a chi restava la loro missione. Sento di portare dentro la voglia di riscatto di tutte loro e di voler provare ogni giorno a realizzare un pezzo di quel cammino.

“Robe da femmine” direbbe qualcuno; “Troppi sentimentalismi” ho sentito dire spesso; “Avete voluto l’uguaglianza e ora tenetevela e adeguatevi” mi ha detto un collega una volta. Ma l’uguaglianza rispetto a cosa, mi chiedo, rispetto ad un modello ancora maschile del mondo? Quella nessuno l’ha mai chiesta. Dateci la dignità delle differenze, l’orgoglio delle diversità che arricchiscono, dateci la capacità di ricostruire da quelle differenze un mondo fatto di cura, di accoglienza e di imperfezione.

Le donne che ho incontrato non hanno il terrore di essere imperfette e rispetto al fallimento sanno farsi anche una risata, alzare le spalle e pensare a cosa inventarsi per ricominciare. Sbagliare non deve far paura, lo impariamo da mamme, guardando i nostri figli mentre cadono e si rialzano, mentre provano e riprovano a mettere insieme i pezzi di quel puzzle così difficile, o ad andare in bici senza rotelle. Spesso, invece, vedo uomini spaventati dal fallimento, che per la paura di riconoscersi inadeguati non si buttano nemmeno, o ci provano sapendo già che ce la faranno, uomini che nella prospettiva di dover cambiare strada si perdono, che non riescono a concepire l’idea di non farcela. Li ho visti con questi occhi e da mamma di due maschi penso che dovrò fare di tutto per insegnare ai miei bambini quanto sia bello e disarmante dire “non ce la faccio, mi aiuti?” o dire “ho sbagliato”, penso che se avessimo più donne che non vogliono fare gli uomini ma essere solo e meravigliosamente donne, il mondo sarebbe più capace di rialzarsi e sorridere, sempre.

Nel lavoro come nella vita le differenze sono la ricchezza più importante, le narrazioni al maschile hanno fatto il loro tempo, credo che narrare  a più voci la storia, la vita, il lavoro, sia davvero una possibilità irrinunciabile per costruire una società e un’economia diverse.

Pensavo a questo anche nei giorni della Sharing School, un’esperienza formativa dedicata all’economia collaborativa, che si è tenuta a Matera dal 27 aprile al 1 maggio. Si parlava di territori e città collaborative e si è parlato molto anche di competenze e attitudini per la collaborazione. Le parole più usate sono state “cura”, “fiducia”, “ascolto”, parole vicine alla parola donna, mamma, a quel femminile che è anche in molti uomini, in molte realtà di impresa emergenti, purtroppo ancora troppo poco nelle istituzioni, ma il processo è in atto, ed è un processo di risalita, e la parola risalita è donna.

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