Questioni di genere

Il paradosso dei sentimenti contemporanei

In un tempo in cui l’amore sembra ridotto a un algoritmo di compatibilità, dimentichiamo che amare significa accogliere l’altro nella sua irriducibile libertà

5 Marzo 2025

C’era un tempo in cui l’amore nasceva dall’imprevisto. Dall’incrocio imprevedibile tra due mondi, due storie, due differenze. Oggi, invece sembra essersi trasformato in una selezione algoritmica, un sofisticato test di compatibilità dove i criteri di accettazione sono diventati dettagli infinitesimali e irrilevanti. Il paradosso delle forme d’amore contemporanee è che tutto deve combaciare, ma niente deve realmente interrogare. Il partner ideale non è più chi ci fa scoprire qualcosa di nuovo, ma chi conferma, senza scosse, ciò che siamo già. Colui o colei che ci rispecchia, che ci offre un’immagine migliorata di noi.

Non si discute più di idee, di cosa accade nel mondo, delle guerre o dei nuovi rischi globali. Si litiga per il colore dell’iPhone, per la marca delle scarpe, per la preferenza tra Spotify e Apple Music. Gli spazi di incontro sono diventati liste di preferenze aggiornabili, dove ogni deviazione diventa un’anomalia da correggere o, peggio, un motivo di scarto.

L’amore vero non è un incastro perfetto, ma una tensione continua tra prossimità e distanza, tra il desiderio di comprendere l’altro e l’accettazione della sua irriducibile alterità. Non possiamo possedere fino in fondo l’altro, né renderlo un’estensione di noi stessi, perché amare significa accogliere il mistero che lo abita, il suo spazio di irriducibilità. È proprio questa impossibilità di fusione a rendere l’amore necessario: sapere che l’altro ci sfugge, che non possiamo mai ridurlo alla nostra misura, è ciò che lo rende vivo.

Nel tentativo ossessivo di rendere l’amore una zona di totale sicurezza, di far coincidere il partner con un ideale prevedibile e domabile, si tradisce la sua natura più profonda. La comprensione dell’altro non è un esercizio di dominio, ma una disposizione all’accoglienza, anche e soprattutto là dove emergono le differenze.

Un amore che esige il pieno controllo e l’adesione totale non è amore, ma una sua caricatura sterile. È un amore condannato a spegnersi, se non a trasformarsi in ossessione, in dominio, in una forma patologica di possesso che può degenerare. Quando l’amore smette di essere un incontro tra due libertà e diventa una gabbia, il confine tra passione e sopraffazione si assottiglia pericolosamente.

 

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