Questioni di genere
I dubbi di un pro-gender
Premetto: sono a favore dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, concedendo loro gli stessi diritti e doveri delle coppie etero, inclusi il diritto a concepire o adottare figli e il dovere di allevarli adeguatamente. Non è solo teoria: gli amici omosessuali che conosco sono persone che so con certezza saprebbero allevare ottimamente una prole più o meno numerosa. Non è mia intenzione discutere sulla legge in discussione questi giorni riguardo le unioni civili, che trovo minima ed essenziale, ma dell’aspetto educativo e culturale che riguarda l’omosessualità e la transessualità. Educazione e cultura passano attraverso la scuola che deve essere in grado di affermare che l’omosessualità è una condizione normale. La nuova legge sulla scuola lo prevede. La reazione a questa iniziativa è stata una vera e propria invasione di allarmanti tesi sulla cosiddetta teoria del gender presentata come un progetto strutturato a destabilizzare la società confondendole idee sulla sessualità dei bambini in età scolare. Sensibile alla questione (sono padre di due figli adolescenti) ho iniziato a pormi delle domande. E ho deciso di trovare le risposte ai miei dubbi con il metodo che mi è più congeniale: leggere.
Sono un biblioterapista e i libri li uso per gli altri, ma per me stesso soprattutto. Unisex di Enrica Perucchietti e Gianluca Marletta (che ho recensito qui) è stato il primo testo che ho scelto, sperando di trovare delle risposte. E, invece, sono rimasto allibito dall’inconsistenza delle teorie di questo saggio, dai continui riferimenti a siti di ideologia cattolica, encicliche e documenti scientificamente ed eticamente irrilevanti. Non enumero le diverse tesi complottiste su scala mondiale per la diffusione dell’omosessualità che vengono ipotizzate: sarebbero un’offesa all’intelligenza delle persone. E mi sono chiesto: davvero è di questo che tutti i genitori allarmati hanno paura? Ho cercato ancora, ma senza trovare nulla di diverso. Ho allora deciso di mettere in ordine tutti i miei dubbi, creando una lista di quesiti ai quali ho provato a rispondere. Ma c’è una barriera invalicabile di fronte a tutto questo: se la contrarietà a una società includente la famiglia omo-genitoriale viene da una morale religiosa, non c’è nulla che si possa dire per modificare tale idea. Se siete tra le persone che considera l’omosessualità una malattia, una perversione o un segno del demonio a causa dei vostri convincimenti religiosi, non proseguite la lettura di questo articolo perché se il testo su cui confrontarci è la Bibbia, non c’è niente che possa farvi leggere per ragionare su un piano diverso. Diversamente, potrei indicarvi Il simposio di Platone, per discutere sull’antichità dell’omosessualità e la sua accettazione sociale, portare il De profundis di Oscar Wilde per analizzarne i sentimenti e le complicazioni emotive, lo splendido Sovvertimento dei sensi di Stefan Zweig per invitarvi a guardare la parte omosessuale che è in ognuno di noi. Ma se il testo da cui partire sono le Sacre Scritture (di qualsiasi religione), so in partenza di non avere possibilità alcuna di discutere su un piano comune.
Se invece il vostro scopo è capire, ecco i dubbi e le mie risposte
Perché è sorta così tanta paura di fronte all’impegno della scuola pubblica di educare a una sessualità consapevole?
Poniamoci dal punto di vista dei genitori. Sono adulti educati da piccoli in una scuola in cui l’insegnamento della religione cattolica era facoltativa solo formalmente. Ricordate? Solo i Testimoni di Geova lasciavano l’aula quando entrava l’insegnante di religione, pagando con l’ostracismo dei suoi compagni quella scelta. Nonostante aumenti costantemente il numero di cattolici non praticanti, rimane intatto lo schema mentale. La prova è rappresentata dall’accanimento con cui si discute la questione del crocefisso nelle scuole. Chi lo vuole spesso sono persone che hanno smesso da anni di frequentare la chiesa e non seguono i precetti cattolici, ma si riconoscono in quel simbolo. La nostra società non ha radici laiche. Nelle scuole non si è mai riusciti a inserire un programma serio di educazione sessuale a causa di questo retroterra educativo. Parlo di educazione sessuale che riguardi l’eterosessualità: contraccezione, prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, attenzioni necessarie nel sesso orale, implicazioni morali e legali che esistono nella costrizione al rapporto sessuale, anche quando il partner è consenziente, ma incapace di dare il proprio consenso (effetto di alcol o sostanze varie), il rispetto per la donna, conseguenze potenziali derivate da rapporti sessuali consumati sotto l’effetto di alcol e droghe. Gravidanze indesiderate in età giovanile, diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili, comportamenti sessualmente provocanti sempre più precoci, cyber-bullismo sessuale sono solo alcuni esempi di cosa ha prodotto la mancanza di tale educazione.
Qual è la competenza di chi si occuperà di un argomento tanto delicato?
I pochi progetti di educazione sessuale, realizzati in modo autonomo dalle scuole fino a questo momento sono stati gestiti da consulenti esterni, specialisti dell’argomento. Con la riforma, invece, sembra che verranno formati gli insegnanti affinché se ne occupino loro. Voi che siete caduti dalla sedia, rialzatevi! Sì, avete capito bene. Sarà l’insegnante con cui faticate a relazionarvi perché è a pochi anni dalla pensione e utilizza ancora un metodo ottocentesco a spiegare che l’omosessualità è una normale variante della sessualità umana. O quella che proibisce a chiunque di mettere in discussione la presenza del crocefisso in classe, senza essere in grado di darne un motivo valido agli alunni, a rassicurarli che il genere umano non scomparirà, dato che la natura ha provveduto a rendere l’omosessualità una variante minoritaria, ma non per questo meno legittimata a esistere. O quello che “si fa così perché lo dico io” a indicare che la transessualità è tra le più complesse situazioni da affrontare, soprattutto per la difficile accettazione sociale.
Guardiamo agli insegnanti (la maggior parte) preparati e abbastanza giovani (quest’ultimi credo siano pochini): è giusto obbligarli a prendere in mano una patata bollente di siffatta grandezza, a farsi carico di orde di genitori imbestialiti, ad affrontare il timore che ogni singola parola che pronunceranno e che verrà riportata a casa dagli alunni possa essere mal interpretata? Quanto influirà questo sulle altre proposte educative che vorrà portare avanti se si innescherà un tale conflitto con i genitori?
Parlando di omosessualità e di scelta dell’orientamento sessuale a scuola non si rischia di traviare i bambini?
Come genitori dimentichiamo troppo spesso che buona parte di ciò che saranno i nostri figli non dipende da noi. Se l’omosessualità fosse inducibile, non si spiega per quale motivo gli omosessuali da sempre provengano da famiglie eterosessuali: l’esempio e l’educazione non avrebbero dovuto impedire lo sviluppo di tale inclinazione?
Abbiamo lo stesso atteggiamento con la sessualità etero: finché non si parla di sesso ai ragazzi, la questione non esiste. Ci diciamo “Non li influenzo parlandone e perciò loro non ne saranno attratti”. Questa tesi è rassicurante, ma irrealistica. La sessualità dei nostri figli, di qualsiasi genere sia, si svilupperà indipendentemente dalle scelte educative che faremo. E’ certo che accompagnare i giovani a capire le proprie inclinazioni, senza forzarle, li aiuterà a viverle serenamente.
Perché lo stato non lascia che ogni famiglia decida che tipo di educazione sessuale impartire?
La scuola ha il dovere di fornire a ogni futuro cittadino la stessa educazione. Viviamo in una società sempre più variegata e complessa. Un’educazione laica garantisce lo stesso diritto di scelta individuale al bambino che proviene da una famiglia di religione, estrazione sociale o cultura diverse. Ad esempio, le bambine provenienti da famiglie mussulmane hanno il diritto di essere educate all’uguaglianza tra maschio e femmina, anche se la religione dei suoi genitori non la pensa allo stesso modo. Ciò non significa che la famiglia non abbia il diritto di crescere i propri figli secondo il loro credo religioso. Ma non per questo la scuola deve venir meno al proprio mandato educativo. Allo stesso modo dovrebbe essere per qualsiasi argomento, inclusa l’educazione alla sessualità.
Dove sta scritto nella legge che nelle aule si guarderanno porno, si insegnerà a masturbarsi, si spingeranno gli alunni a scegliere una sessualità diversa dalla propria?
L’articolo di legge imputato recita:
comma 16 dell’art. 1 della legge 107 gazzetta ufficiale
16. Il piano triennale dell’offerta formativa assicura l’attuazione
dei principi di pari opportunità’ promuovendo nelle scuole di ogni
ordine e grado l’educazione alla parità’ tra i sessi, la prevenzione
della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di
informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori
sulle tematiche indicate dall’articolo 5, comma 2, del decreto-legge
14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15
ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa di cui
all’articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto
decreto-legge n. 93 del 2013.I timori nascono dai riferimenti a fonti legislative che si rimbalzano e giungono a trattati internazionali dove i diritti agli omosessuali sono riconosciuti. La tensione in merito è tale che sta nascendo il convincimentoche per arrivare a questo obiettivo si faranno pressioni eccessive sulle idee dei bambini, inducendo essi stessi a diventare omosessuali o transessuali.
Siamo giunti alla condizione per cui temiamo che, se si permette ai un maschi di giocare con le bambole e alle femmine con le automobiline, ciò li inciterà a non sentirsi appartenenti al proprio genere sessuale biologico. E’ dagli anni Settanta che si cerca di superare tale preconcetto e gli studi pedagogici garantiscono da anni che tale atto non ha nulla a che fare con l’essere omosessuale o transessuale.
Per quale motivo un genitore dovrebbe accettare un percorso educativo ai diritti e alla sessualità per i propri figli?
Il silenzio che pensiamo utile per i nostri figli si sta trasformando, per loro, in una incapacità a gestire le complesse dinamiche che inevitabilmente devono affrontare. Siete preoccupati perché vostro figlio alle elementari è senza cellulare mentre gli altri ce l’hanno e lui si sente escluso? Sappiate che la possibilità che dal proprio cellulare o da quello di un compagno veda del materiale porno è tutt’altro che remota (vedi qui uno studio europeo sull’argomento). Educarli a capire e a capirsi non potrà che giovargli. Devono essere in grado di gestire i tanti stimoli del mondo che li circonda. La televisione è colma di riferimenti sessuali. Diciamolo: accettiamo volentieri quelli eterosessuali, ma siamo infastiditi da quelli gay. In entrambi i casi, i più giovani faticano a decodificarli e li subiscono passivamente. Già questo dovrebbe farci capire l’importanza educativa dell’argomento.
Si fa un gran parlare del fatto che in questi corsi si insegnerà ai bambini a masturbarsi. Credo che, giustamente, sarà affermato il fatto che la masturbazione è un atto naturale di esplorazione del proprio corpo. Nessuno di loro ha bisogno di capire come fare, ma se saranno certi di non diventare ciechi nel praticarla sarà tutto più facile e naturale.
Mentirei se affermassi che i miei dubbi sono solo questi. E mi chiedo: da dove nasce questo timore per la diversità, seppure minoritaria? Com’è accaduto che siano stati fatti dei passi indietro, anziché in avanti nell’interscambio dei ruoli di genere? Cosa si nasconde dietro questi timori?
Ma pensandoci bene, mi accorgo che la grande sfida, il vero scoglio, l’autentica domanda è un’altra: a casa noi genitori ci sentiamo in grado di discutere con i nostri figli in modo chiaro e sereno di questi argomenti che verranno proposti a scuola e nella società di domani?
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