Questioni di genere
Gender Gap: occorre una nuova narrazione delle donne
Il Global Gender Gap Report 2020 realizzato dal World Economic Forum non è del tutto rassicurante. Ci dice che per festeggiare il raggiungimento del gender gap pari a zero ci vorranno almeno 100 anni ancora. E questo nonostante l’Agenda 2030 dell’ONU abbia inserito questo tra i suoi 17 obiettivi.
Il rapporto di quest’anno, giunto alla 14ma edizione, evidenzia in particolare quello che sta accadendo in fatto di divario di genere nelle professioni del futuro. Ci vorranno 12 anni per raggiungere la parità di genere nell’istruzione mentre ce ne vorranno 95 per colmare questa differenza nella politica. Per una parità di genere nel mercato del lavoro pare ci sia stato un arresto a livello mondiale con un peggioramento in ambito finanziario. In questo caso il rapporto parla di 257 anni prima di avere il gender gap pari a zero. Le ragioni sono tre: molte sono le donne che lavorano in ruoli che presto verranno automatizzati; non sono molte le donne che lavorano nei settori in cui i salari sono in crescita come quelli tecnologici e troppe sono le difficoltà di accesso al capitale da parte del genere femminile.
Cosa possiamo fare? Questa è stata la domanda a cui si è tentato di dare risposte durante l’evento LeRosa Next organizzato da LeROSA, progetto della SeoSpirito Società Benefit che ha come mission quella di contribuire al benessere femminile. Tra i relatori dell’incontro, che si è svolto a Bologna lo scorso weekend, alcuni professionisti e professioniste che hanno portato il proprio contributo raccontando la propria storia personale e nuove visioni sul futuro.
Nel corso della giornata sono emersi alcuni spunti interessanti e alcune provocazioni da cui poter attivare azioni concrete. «Quando cominceremo davvero a pensare che la diversità di genere non è un problema ma un’opportunità allora avremo fatto davvero un passo avanti – ha dichiarato Giulia Bezzi, founder LeROSA – dobbiamo uscire dalla logica della lamentela per chiederci davvero che cosa possiamo fare partendo dal presupposto che siamo persone prima ancora che uomini e donne». Un approccio nuovo e stimolante che è stato confermato anche da Liliana Di Donato, caporedattrice attualità di Donna Moderna intervenuta sul palco dell’evento per raccontare la propria esperienza di professionista dell’informazione. «Occorre una nuova narrazione della donna e noi giornalisti dobbiamo impegnarci per primi in questa direzione. Servono più storie di donne che ce la fanno e che possono dare speranza alle altre. È vero che siamo molto lontani dal gender gap zero e che la cronaca ci restituisce fatti terribili sul tema della donna ma non possiamo dimenticare che stiamo conquistando spazi che non avevamo. E penso alla proroga della legge Golfo di Mosca per la parità di genere nei CdA, al raggiungimento della parità delle donne dello sport azzurro che diventano professioniste con contratto o alla proposta di ampliare il congedo parentale suddividendolo tra madre e padre. Se non accade ovunque non dobbiamo viverlo come un fallimento».
Esistono dei segnali tangibili del cambiamento in atto ma sono necessarie anche nuove consapevolezze da parte delle donne. Se ne è parlato durante un talk che ha visto protagonisti Giulia Bezzi, Salvatore Russo, founder di &Love e uomo di comunicazione, Mara Carraro, counsellor e Giuliano Trenti, docente e ricercatore presso l’Università di Trento e fondatore di Neuroexplore, la prima realtà trentina che svolge ricerca scientifica applicata al neuromarketing e alle scienze comportamentali. «Il cervello delle donne e degli uomini non è poi così diverso, quel che cambia sono le informazioni dettate dalle esperienze e dai comportamenti che creano diversità – ha affermato Trenti – quindi quello che possiamo fare, da adulti, è cominciare a donare esperienze nuove. a gender gap zero, ai nostri bambini. Saranno loro gli adulti del futuro». A fare eco a questa affermazione Mara Carraro che ha messo attenzione su come le differenze maggiori si evidenzino a livello emotivo. «Ciò che crea diversità è il diverso approccio alle situazioni da parte di uomini e donne, ma questo non deve essere considerato un limite quanto invece l’opportunità per poter diventare complementari sul lavoro e nella vita privata».
La strada possibile, quindi, è oggi un lavoro individuale più che l’ambizione a cercare una strada per ridurre le differenze di genere a livello planetario. È di questa opinione Salvatore Russo : «Noi non possiamo pensare di ridurre il divario uomo-donna senza l’aiuto e l’impegno concreto delle istituzioni. Quello che possiamo fare, però, è decidere di agire per far sì che il gender gap sia zero per noi. E con il nostro esempio potremo influire sull’educazione dei nostri figli. Questa, e solo questa, può essere una immediata risposta concreta. Per tutto il resto serve l’impegno della scuola, per esempio, e dell’intera politica».
Volendo tirare le somme in modo costruttivo, la strada possibile per noi donne è prima di tutto quella di uscire dalla logica della vittima per affermare una propria identità negli ambiti che più ci appartengono e non in quelli che la società ci impone. Lo ha sostenuto anche Diego Leone, fondatore della casa editrice Do It Human che ha nel suo catalogo numerose autrici e che ha pubblicato il libro “Ero una brava bambina poi sono guarita” di Elena Cosentino e “Tana libera tutte!” di Sara Vicari. «Le donne hanno una forza straordinaria che viene bloccata spesso dalla percezione che loro hanno di se stesse. Rende perfettamente l’idea una citazione della serie Netflix Luna Nera: “Se continuerai a guardarti con gli occhi di chi ti odia rimarrai per sempre una strega”. Alle donne dico: cominciate a guardavi con gli occhi di chi vi ama e a credere nella vostra forza».
C’è molto da fare ma, come sostiene anche il report del World Economic Forum, ci sono stati miglioramenti importanti di cui non possiamo non tenere conto. Per tutto il resto c’è l’impegno quotidiano da parte di tutti e in particolare di chi fa informazione. Servono nuove storie, nuovi esempi da raccontare ai più giovani e nuove consapevolezze delle responsabilità di ognuno.
Foto di copertina © Ester Stella Carbonetti
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