Calcio
Francia – Italia 5-1, le ragioni di un ceffone
La nazionale francese, guidata da un libero, Renard, che continua a migliorare con gli anni e, in quasi 100 minuti, non ha sbagliato una sola palla, ha travolto le nostre ragazze 5-1. L’avventura agli Europei, annunciata con tanta fanfara mediatica, comincia con una sdraiata storica. E pensare che il giorno prima, dopo aver visto il pareggetto miserrimo tra le corazzate olandesi e svedesi, mi era sembrato che le ragazze di Bertolini non fossero più così lontane dall’eccellenza continentale…
Non si tratta di bravura con la palla – anche se alcune delle nostre attaccanti più celebrate, più Pruzzo che Levandovski, nel calcio moderno fanno gol di rimbalzo e per caso. Le nostre ragazze sono state travolte fisicamente e, per questo, tatticamente. Ogni volta che una nostra centrocampista ha vinto un dribbling, si è trovata da sola. Ogni volta che una francese ha vinto un dribbling, di fronte all’area di rigore c’erano otto ragazze ad offrirsi per un passaggio. Correvano come gazzelle.
Nel secondo tempo Bertolini, accortasi di questo, ha inserito due veri terzini di spinta, e le cose sono andate meglio. In ogni caso le nostre ragazze si sono battute con ferocia fino all’ultimo secondo, e nel quarto di gara finale hanno avuto tre ghiotte occasioni, sprecate perché l’attaccante italiana arriva al tiro spossata, e Renard, invece, con calma olimpica, ha la testa alta ed il tackle preciso. La media di altezza delle ragazze francesi è di 1,75, quella delle nostre dieci centimetri di meno. Ognuna di loro calcia indifferentemente con entrambi i piedi, le nostre no. Le bleu sono più esplosive, ma non significa che siano meglio allenate. Nei minuti finali, la rabbia delle nostre ragazze le ha costrette a tirare i remi in barca, per stanchezza.
Cosa fare? Nulla. Niente che si possa fare durante gli Europei. Il cammino del nostro calcio femminile non finisce qui, abbiamo solo visto, di nuovo, quanto le cose siano cambiate in soli due anni, dagli ultimi mondiali ad oggi. Germania, Francia e Spagna hanno oggi club che giocano un calcio moderno, funambolico ed al contempo estremamente fisico. Allo stadio ci vanno decine di migliaia di persone, e questo vuol dire soldi per le calciatrici e per le infrastrutture, attenzione mediatica ed entrate pubblicitarie. Noi no. Ed infatti, nessuna delle nostre ragazze è finora stata invitata a calciare alla mensa di campionesse stratosferiche come Alexia Putellas del Barcellona.
Noi abbiamo ancora una lega professionistica in costruzione. La generazione giusta sarà la prossima. Bonansea, Sara Gama e le altre devono restare come le grandi eroine che hanno aperto un varco nella nostra mentalità maschilista e retrograda, ma saranno le loro figlie quelle che, avendo iniziato, come Francesco Totti, a calciare per inesitinguibile passione a cinque anni, che a venti saranno pronte per scendere in campo, coltello tra i denti e dribbling da farfalla, a mostrare che l’Italia, il calcio, ce l’ha nel sangue, e che le nostre ragazze sanno essere squadra e uomini molto più dei nostri maschi viziati.
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