Costume

Femminicidio: cari uomini è troppo comodo indignarsi e basta!

26 Novembre 2023

Quanto segue prende lo spunto da una conversazione con la mia compagna che ha preso le mosse da un suo post pubblicato su Facebook e che testualmente recita:

“Secondo me, alla lista dei femminicidî, bisogna aggiungere i tentati tali in cui le donne sono state ad es sfregiate con l’acido (come Jessica Notàro) o aggredite con la benzina infuocata o le coltellate e poi sono sopravvissute.
Senza tralasciare le botte e i soprusi psicologici, che sono la radice misogina che conduce al peggio.”

Concordo, ma personalmente ritengo che il cosiddetto femminicidio sia solo la punta di un iceberg: qualcosa che trova la sua ragion d’essere in tutta una serie di comportamenti maschili prevaricatorii di varia forma e natura che vanno dal pressing costante ed indebito esercitato su una donna costantemente messa in imbarazzo da chi in vario modo ed a vario titolo cerca di forzarla, o anche semplicemente indurla a fare ciò che ella non vuole o semplicemente non desidera fare in quel momento o in generale; che cerca di estorcere un rapporto sessuale con un fare ammiccante e provocatoriamente insistente non gradito; che la “marca stretta” con simil appostamenti ed un atteggiamento inquisitorio che va pure oltre il limite recedendo solo per paura delle conseguenze che potrebbero derivagliene se lo si venisse a sapere, ovvero se ne venisse a conoscenza la propria moglie, compagna, datore di lavoro o il di lei marito, padre, compagno, fratello… e mai per quel rispetto alla persona che dovrebbe essere una regola basilare del vivere civile.

Rispettare una donna non in quanto persona bensì in quanto “proprietà” a vario titolo di un altro maschio non è rispetto, ma solo il frutto di una pavidità deprecabile che nulla ha a che vedere con la presunta rispettabilità e civiltà di questi tempi non meno infami di quelli che li hanno preceduti.

D’altro canto non c’è da stupirsi se solo si considera che nel nostro Codice Penale lo stupro è stato rubricato come delitto contro la persona solo dopo una lunga battaglia politica essendo in precedenza considerato un “delitto contro la morale”, quella stessa morale che riconosceva il “delitto d’onore” come un caso a parte e meno grave dell’omicidio (a patto che la vittima fosse una donna, ovviamente).

Quella della violenza sulle donne è un tema di cui si parla troppo a sproposito e solo nei casi del suo affioramento in forma platealmente lenta e mai allorché si manifesta tra “amici”, tra le pareti domestiche, nei luoghi di lavoro, nei luoghi di ritrovo … dove la donna più incline a voler essere rispettata viene presa in giro, stigmatizzata come puritana, perbenista, bigotta, antiquata, non ‘chiavabile’, retrograda, sessualmente repressa e chi più ne ha più ne metta, magari ostentando la preferenza e l’attenzione per quella più disponibile e ricettiva verso le varie manifestazioni dei maschi di turno: amici, conoscenti o estranei che siano.

La violenza sistematica raggiunge il suo massimo effetto allorché la vittima-preda di questi comportamenti finisce, stremata, per considerarlo naturali e perfino un segno di virilità e mascolinità in senso lato, quando non addirittura un metodo educativo.

Le donne uccise a motivo di questo sono fin troppe. ma quante sono quelle che hanno riportato lesioni non denunciate, da un taglio di modesta entità (ma non per questo meno grave), ad un piede, un braccio, una mano, un timpano, un legamento rotti o lesionati perchè colpite da un uomo che ha ascritto il proprio agire alla… “provocazione” della donna che quelle sberle, calci, percosse gliele hanno “tirate dalle mani” facendo lei emergere i tratti peggiori del di lui carattere: scusa tipica del carnefice che imputa alla vittima  l’emersione, appunto. della propria violenza?

Ecco, direi che più che scrivere post o mettere likes in calce agli innumerevoli video, aforismi, esternazioni pubblicati in questi giorni, molti maschietti farebbero meglio a pensare a quante di queste cose, a quanti di questi comportamenti hanno posto in essere nel loro squallido piccolo, così come a quanti “discorsi da…uomini” hanno fatto nella loro quotidianità: e questo lo affermo con forza perchè il non fare una tale autoanalisi – e conseguentemente il non emendare un certo modo di essere maschi–  è ciò che alla fine determina, nei casi più estremi, quello di cui proprio i maschi si stupiscono platealmente per primi e per i quali, ma solo a tempo debito, ipocritamente si indignano.

Decisamente è troppo comodo parlare solo di femminicidio passando sotto silenzio tutto ciò di cui ho testé scritto: alla fine è solo un comodo modo per rifarsi una verginità persa da un pezzo, una violenza ulteriore sulle donne nonché una vera e propria frode emotiva e la riprova la forniscono i dati ISTAT riportati nelle due foto seguenti che permettono di apprezzare il trend.

Elaborazioni Ministero della Salute su dati Emergenza-urgenza (EMUR); Elaborazioni Istat su dati del Ministero della Salute, Scheda dimissione ospedaliera (SDO).[1]
Ma al peggio, a quanto pare, non c’è limite visto che per mascherare il vero problema di cui il femminicidio è solo, come detto, la punta affiorante di un iceberg di ben più vaste dimensioni contribuisce pure il pompaggio a dismisura dei numeri per una ragione molto facile, come vedremo, ad intendersi.
Nello specifico si ha che, come il 22 Novembre scorso ha sottolineato il Prefetto di Padova, i femminicidi di questo 2023 sono stati una quarantina (39 per la precisione) e non 105 come chiunque può verificare andando a controllare i dati sul sito web femminicidioitalia.info[2], cosa che non ha fatto, a quanto pare, nessuno degli ‘esperti’ che, a vario titolo, hanno fatto bella mostra di sé, una volta di più, sui giornali e sui social in quanto ogni occasione sembra buona per guadagnarsi uno spazio pubblicitario ed accaparrarsi i famigerati likes che sembrano essere l’unica cosa che al giorno d’oggi conti veramente.

Ovviamente, anche se 39 è ben altro da 105, non è questo il problema in quanto che qualcuno sia ucciso per una forma di discriminazione di genere resta un evento delittuoso di estrema gravità non solo per la cosa in sé, quanto piuttosto per ciò che si vuole andare a mascherare in quanto tutto lascia intendere che alla politica nostrana il “Politically correct” vada bene,  ma solo fino ad un certo punto: per la serie  tuteliamo le donne, facciamo subito leggi e leggine, spertichiamoci in roboanti dichiarazioni, ma per l’amor del cielo non andiamo a turbare il machismo dominante in modo bipartisan in Italia, erede del gallismo da quattro soldi di quell’Italietta ben ritratta a suo tempo dallo stesso Giovannino Guareschi (come dimenticare, infatti, la posizione assunta dal mitico Peppone nei confronti dell’attivista comunista troppo assente da casa e ben poco dedita ai lavori domestici in virtù del suo molto essere presente ed attiva nella locale Sezione PCI?), al pari di quel voto concesso alle donne per la prima volta nel 1948, ai tempi del Referendum con il quale gli Italiani furono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica, per la sola ragione che la destra dell’epoca puntava ad accaparrarsi elettoralmente i consensi derivanti dalle maggiori simpatie riservate proprio dalle donne ai membri della Casa Reale.

Questo per non parlare delle “quote rosa”, vero scempio che di fatto nel nostro Paese ha finito per riservare alle donne lo stesso trattamento riservato a suo tempo negli Stati segregazionisti del Sud degli USA ai neri, allorché per legge venne loro riconosciuto il diritto di fruire di alcuni posti a sede in fondo ai mezzi pubblici; come pure dell’uso decorativo fatto della donna dal leader di Forza Italia ai tempi del Cavaliere nostrano per antonomasia, così come delle polemiche sorte all’interno del PD che nel Marzo 2023 valsero la poltrona all’allora Segretario del Partito, Enrico Letta, reo di non aver puntato su un maggior numero di candidature femminili (quello del PD, detto per inciso, è in problema antico, come si evince da un articolo dal significativo titolo “I partiti non vogliono le donne, non basta parlare di parità se non si scardina il sistema dominante. A sinistra sul tema c’è stata la resa”[3]apparso su “il Fatto quotidiano” del 25 Settembre 2021), o ancora della imperante misoginia del mondo del lavoro: cose di cui tanto si ama parlare nei giorni canonici, a cominciare dall’8 Marzo, per poi coprire il tutto con un ben più adeguato e comodo tappeto.

Alla luce di queste considerazioni appare quanto mai evidente la ragione del qui pro quo relativo ai numeri: trarre volutamente in inganno portando avanti una operazione che definire poco corretta è dire poco, soprattutto allorquando si procede come ha fatto il Corriere della Sera del 21 Novembre che ha riportato l’omaggio del Sindaco Sala alle donne uccise per mezzo di un articolo intitolato “Da Giulia Tramontano a Sofia Castelli, il Consiglio comunale di Milano omaggia le 105 donne uccise in Italia nel 2023”, citando, viene da dire, non a caso, due femminicidi veri.
Molto meglio parlare di questo che dei comportamenti tipici della violenza riservata alle donne che si manifestano con modalità e forme ritenute, viene da dire, normali e che troviamo riassunte in questo elenco di atteggiamenti che credo parecchi maschietti indignati di questi giorni possono tranquillamente celare dietro i propri like apposti qua e là.

Ed ecco l’elenco dei comportamenti cui invito a prestare attenzione, per ragioni diverse, le donne, in quanto destinatarie di tali “attenzioni” e gli uomini, nonché i legislatori se veramente interessati a fare qualcosa e non solo a sfruttare mediaticamente certi tragici eventi aggiungendo, di fatto, violenza a violenza convinto, come sono, che arma la mano del femminicida chiunque giustifica chi, rapportandosi con una donna, abitualmente: fa battute pesanti e offensive, la ricatta moralmente, le mente sistematicamente, la inganna, l’ignora, la controlla gelosamente, la colpevolizza, la squalifica, la ridicolizza, l’offende, l’umilia in pubblico, la intimidisce e minaccia, la controlla, le proibisce (amicizie, familiari, soldi, luoghi, cellulare, abiti, aspetto, attività, mail),  distrugge i tuoi effetti personali, ha un comportamento manesco, da carezze aggressive, picchia o colpisce “giocando”, la pizzica e graffia, la spinge e la strattona, la schiaffeggia, la prende a calci, la rinchiude e la isola, la minaccia con oggetti o armi, la minaccia di morte, la forza a un rapporto sessuale, l’abusa sessualmente, la stupra, pone in essere atti che potrebbero uccidere la sua identità con fuoco, acido o altro mezzo atto a modificare per sempre il suo volto[4].

La violenza che porta all’omicidio è, infatti, figlia di un crescendo sicché evitiamo di accogliere i primi comportamenti della lista in virtù di troppi distinguo: se donne non permettiamo che si reiterino, se uomini –ed in qualcuno di questi ci rivediamo– adoperiamoci per rimuoverli e farli rimuovere dai nostri figli perché in caso contrario le cose potranno solo peggiorare e tra i responsabili dovremmo annoverare, sia pure a vario titolo,  noi stessi.

A questo aggiungo l’invito a quanti a vario titolo in questi giorni si sono imbatti in coloro che con le modalità e le forme più disparate si sono dedicati a porre in essere operazioni di vero e proprio sciacallaggio sul caso di Giulia pur di alimentare le proprie battaglie pseudo–ideologiche, ovvero per promuovere la distrazione sociale su altri temi quali quelli della politica estera ed interna, a fare loro il vuoto attorno, ad ignorarli affinché capiscano –se davvero si vuole che facciano qualcosa– a cambiare registro.

Ed in questo senso mi rivolgo anche a coloro che non sono Italiani in quanto il problema della violenza sulle donne è un problema presente anche in moltissimi altri Paesi del mondo e spesso e volentieri preso in esame per dare vita a campagne mediatiche che con la difesa delle donne e dei loro diritti ben poco hanno a che vedere, ma molto con il peroramento dei propri obiettivi di politica estera al solo scopo di spacciare perfino azioni militari come battaglie combattute in nome della civiltà e di non si sa bene quali valori.

Per quello che riguarda, poi, le violenze sessuali in Italia, come emerso da un servizio andato in onda il 23 Novembre 2023 su Sky TG2, si ha che queste sono in crescita. Nel 2013 sulla base dei dati raccolti dal Ministero dell’Interno e relativi quindi solamente agli episodi denunciati, se ne contavano 4.448, mentre nel 2022 si è arrivati a 6.291. Per quello che riguarda i restanti Paesi europei, a partire dai dati raccolti fino al 2021 dall’Eurostat, il confronto con l’Italia mostra che il Belpaese non figura tra i primi Paesi per numero di violenze sessuali e lo Stato dove l’incidenza, ogni 100mila abitanti, è più alta è la Svezia, che supera i 200 casi, seguita dall’Islanda che si colloca sopra i 150, e dalla Francia con oltre 100 (Parigi supera di 10 volte la media italiana) ed a seguire Danimarca, Novergia, Finlandia, Belgio.

Tutto bene? È presto per dirlo in quanto le comparazioni tra i dati assoluti non può prescindere da tutta una serie di altri parametri a cominciare dal fatto che i comportamenti che costituiscono reati di violenza sessuale variano da un ordinamento giuridico all’altro. Su tutto poi grava la cosiddetta questione delle denunce in quanto vi sono realtà, come nell’Est dell’Europa, dove denunciare è molto complesso e altre, come la Scandinavia, dove invece è più semplice, per non parlare di tutta una serie di altri fattori ambientali che possono portare una donna a tacere e subire in silenzio.

I dati sulle violenze sessuali: Paesi a confronto – Sky TG24[5]
Non è in definitiva difficile capire, per quello che riguarda l’Italia, a cosa mi riferisco vista, ad esempio, la più che frequente tendenza di fin troppe famiglie a dare copertura ai propri rampolli giustificandone e banalizzandone il comportamento definendolo “una ragazzata”: un qualcosa che evidenzia un grave stato di malessere generale del luogo educativo primario, ossia della famiglia.

 

 

 

[1] https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-e-accesso-delle-donne-alle-strutture-ospedaliere
[2] https://femminicidioitalia.info/lista/recente
[3] https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/09/25/i-partiti-non-vogliono-le-donne-non-basta-parlare-di-parita-se-non-si-scardina-sistema-dominante-a-sinistra-su-questo-tema-ce-stata-la-resa/6331955/
[4] https://femminicidioitalia.info/lista/recente
[5] https://tg24.sky.it/cronaca/2023/11/24/violenza-sessuale-italia-europa-dati

1 Commento
  1. Finché nella scuola pubblica italiana sarà presente la superstizione cattolica, il principale vettore di maschilismo ed omofobia in occidente, il maschilismo sarà insopprimibile (ai credenti che dovessero storcere il naso, ricordo che il papa non può essere donna, che le suore non possono dare i sacramenti, né ricevere stipendio come i loro colleghi cialtroni sedicenti rappresentanti divini, e che nella bibbia, unica fonte della superstizione cattolica/cristiana, la donna è chiamata “essere inferiore” in modo chiaro, ripetuto e circostanziato.
    Maria, 13nne ingravidata senza consenso dalla divinità e adorata in virtù di questa sua gravidanza, è l’emblema del viscido maschilismo cristiano, che fa passare per normale ciò che non dovrebbe essere

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