Questioni di genere
Donne senza leadership
Da alcuni anni mi confronto, sempre più spesso, con donne e uomini sul tema della leadership al femminile. Nell’ultimo anno sto lavorando all’organizzazione di una scuola di leadership per giovani donne e ho animato dibattiti spesso accesi sul ruolo delle donne in politica, nel management aziendale e nelle organizzazioni culturali.
Proprio guardando le giovani donne che seguono il nostro corso di leadership e ascoltando le testimonianze delle donne che vengono a raccontarsi a queste ragazze, ho iniziato a riflettere profondamente su cosa voglia dire essere leader al femminile.
Di recente ho letto le testimonianze di Michelle Obama e Kamala Harris (naturalmente regalatemi da amici e parenti che mi identificano ormai come quella a cui inviare articoli e saggi sul tema) e ho divorato il saggio di Chimamanda Ngozi Adichie “la femminista felice africana che non odia gli uomini”: DOVREMMO ESSERE TUTTI FEMMINISTI (Einaudi) e ho capito che di questo tema, purtroppo, non se ne parla mai abbastanza o, forse, non se ne parla nel modo giusto, sono poco chiare le risposte o, forse, sono sbagliate le domande.
Ho due figli maschi e una figlia femmina e da quando è arrivata lei nella mia vita ho capito sempre di più che il lavoro più grosso devo farlo sui due ragazzi, soprattutto il grande, 15 anni, che riduce tutti i miei discorsi a “sei una mamma femminista” (naturalmente del secolo scorso), la mia piccolina, invece, mostra ogni giorno di più una consapevolezza di sè e una voglia di affermare la propria volontà e il proprio spazio che mi spiazzano.
Sono rimasta profondamente colpita da un questionario che le nostre studentesse del corso di leadership hanno posto a donne di tutte le età dei loro contesti sociali di riferimento: Qual è stato o qual è il tuo modello di riferimento come donna? Il 100% delle intervistate di età compresa tra i 15 e i 30 anni ha risposto: mia madre, a differenza delle mamme, che, intervistate, hanno parlato di donne illustri e solo, marginalmente, delle loro madri, o addirittura le nonne, che in risposta hanno affermato per la totalità di non aver avuto nessun modello di riferimento e di “essersi fatte da sole”.
Care mamme, dunque, la prima cosa che mi vien da dire è che abbiamo un ruolo ancora più impegnativo rispetto alle nostre figlie, da far tremare le gambe, per cui, stiamo molto attente agli esempi che diamo alle nostre ragazze se vogliamo che crescano leader di se stesse e del mondo.
Quello che ho imparato da tutto quello che faccio e che vivo è che il mondo ha bisogno terribilmente di una leadership femminile, ma soprattutto ho capito che sono le donne a dover capire, prima di chiunque altro, cosa significhi davvero essere donne leader, perché credo che darsi questa risposta sia fondamentale per cominciare a costruire un mondo nuovo.
Proprio lavorando con ragazze dai 14 ai 18 anni ho capito che il problema per loro è molto più risolto che per noi, ma soprattutto che le domande che si pongono sono molto più concrete, operative, non sono tanto legate a: ce la farò a diventare una donna leader?, ma, più praticamente, a: come mi devo organizzare se voglio diventare una leader e una mamma?
Noi 40enni, invece, siamo sempre più impegnate a risolvere il problema se sia meglio o peggio la leadership delle donne o quella degli uomini, come se dovessimo sempre chiedere il permesso e quasi giustificare noi stesse per essere delle leader o voler provare a diventarlo. Se siamo mamme ancora peggio, siamo lì a giustificare la nostra voglia di impegnarci in società, anche se mamme. Siamo lì a giustificarci con una società che ci guarda stupita, che non capisce come mai si possa desiderare ancora di far qualcosa per il mondo essendo mamme: “non ti basta?” sembra che ti dicano tutti con quelle domande inutili e retoriche su come fai a gestire tutto e su dove trovi il tempo per pensare anche a fare progetti per il mondo quando hai già i tuoi familiari.
Ho tre figli, e ho sempre amato lavorare con la visione collettiva e comunitaria sempre ben impressa nelle mie azioni, ricordo che mentre aspettavo la mia terza figlia in tanti mi dicevano: “adesso che arriverà il terzo vedrai, sarà finita questa pacchia – me lo dicevano anche quando aspettavo il primo, in realtà – vedrai se riuscirai a tenere insieme tutto. Ma devi capire che una scelta dovrai pure farla”.
E di quale scelta staremmo parlando? La mia è una scelta educativa per i miei figli, il mio impegno civico e sociale è la più grande eredità che posso lasciare loro.
Sono nati in una comunità e crescono in una comunità, in cui i loro genitori provano ad essere protagonisti attivi, agenti di cambiamento per loro e con loro, credo sia l’insegnamento e l’esempio più grande da trasmettere per poter sperare, un domani, che siano agenti di cambiamento quanto noi.
C’è bisogno che sappiano che dalla loro comunità non potranno mai prescindere, che ne saranno parte integrante e dovranno esserne parte attiva se vorranno costruire un mondo migliore e non vivere di lamenti e insoddisfazioni.
Non ho mai voluto scimmiottare la vita o la leadership di qualcun altro, ho solo, da sempre, desiderato essere me stessa, come donna e come madre.
Non abbiate paura di essere voi stesse, potreste essere esempio per altre, potreste aprire la strada a donne nuove che hanno paura di sbocciare.
Dovrete pagare un prezzo, questo è vero, tutti proveranno ad incasellarvi in donne già viste, in modelli già conosciuti, spesso maschili, e spesso le donne, quelle per cui combattete e che vorreste aiutare a cambiare, saranno le vostre peggiori nemiche.
Se pensate che le donne abbiano paura degli uomini vi sbagliate, le donne hanno paura delle donne, spesso hanno paura proprio delle donne diverse, ne hanno il terrore proprio quelle donne che scimmiottano modelli di leadership maschili, che esercitano un potere e che, consapevoli della fatica che hanno fatto per vederselo riconoscere, spesso dagli uomini, non vogliono condividerlo e mollarlo per nulla al mondo, che vivono l’insicurezza di una leadership imparata sul campo, da e in contesti maschili, e in cui sentono fortissime tutte le loro insicurezze.
Le donne così non sanno fare squadra, hanno paura le une delle altre, sentono di essere lì come fosse una concessione degli uomini e non conoscono modelli diversi di leadership, ma ne sono irrimediabilmente vittime.
Spesso purtroppo lavoro con donne così, e provo pena per loro e per quanto sia limitata e limitante l’esperienza che sperimentano ma ho anche la fortuna di vivere la collaborazione e la leadership condivisa con donne splendide, risolte, serene, consapevoli delle loro competenze e attitudini uniche, e altrettanto in pace con le loro imperfezioni, accoglienti, collaborative.
Sono più di quanto pensiate, bisogna cercarle, tenersele strette e costruire mondi nuovi con loro.
Io ho un’idea precisa della leadership delle donne, quella che solo noi sapremo costruire lavorando insieme, è una leadership creativa, accogliente, accudente, sa promuovere la bellezza e la competenza altrui, sa essere di sostegno per le nuove, sa riconoscere i propri limiti e la ricchezza degli altri e se ne avvale come fosse lo strumento magico di cui avvalersi nel superamento di prove quotidiane, le donne che sanno essere leader non hanno paura di incontrare donne più brave di loro ma non vedono l’ora di costruire reti di collaborazione con loro, non vedono l’ora di creare alleanze che le renderanno imbattibili, non eserciteranno una leadership escludente, ma inclusiva, saranno un hub per lo sviluppo di idee, progetti, iniziative, sentimenti, saranno generative.
Ecco, credo che sia forse questa la caratteristica più preziosa di una vera leader, la generatività, quell’elemento innato, impresso nel nostro DNA, quel potere unico e magico che possediamo fin dalla nascita e a cui abbiamo bisogno di risalire per essere costruttive e cambiare davvero il mondo.
Spogliamoci di tutto il resto, di ciò che ci è stato messo in testa da madri, padri, insegnanti, parenti, amiche e amici insicuri, o solo vittime di modelli passati, spogliamoci delle insicurezze che ci portiamo dietro, della paura del giudizio, della necessità spasmodica di sentirci “adatte” e “accettate” in quanto donne e lottiamo per affermare ciò che siamo e l’immenso potere che abbiamo, stiamo unite, stiamo insieme e facciamo squadra e soprattutto stiamo con chi ci fa stare bene e con chi crede che tutto questo sia davvero possibile, il resto lasciamocelo alle spalle.
Vi voglio bene ragazze, io credo in voi, io credo in noi.
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