Costume

Discutere sulla tampon tax senza argomentazioni di comodo: il caso tedesco

31 Maggio 2019

Qualche settimana fa l’Italia ha visto riaccendersi la discussione sulla cosiddetta tampon tax, ovvero l’IVA sugli assorbenti pari al 22%, la stessa applicata ai beni di lusso, invece che al 5% come avviene per i prodotti medici, a causa di un emendamento proposto dal PD e poi bocciato dal governo.

Il dibattito che ne è seguito, con le donne che giustamente sottolineavano come usare gli assorbenti non è una scelta, e molti uomini che si spingevano a proporre l’uso della coppetta mestruale per questioni ambientali ed economiche, è stato un po’ paradossale (o forse paradigmatico di come alcuni pretendano di poter entrare in scelte altrui, intime sul piano personale oltre che strettamente fisico). L’apice di questa dinamica si è avuto quando il deputato del M5S Francesco D’Uva, durante la trasmissione Omnibus, ha provato a minimizzare la cosa presentando la coppetta (che è comunque tassata al 22%) come un’alternativa assolutamente naturale all’assorbente, come se tutte le donne avessero esigenze e preferenze identiche e come se spettasse a lui trovare una linea guida.

Il tema, oggi, sta facendo discutere anche in Germania, dove una proposta simile a quella italiana è stata avanzata da una petizione presentata sul portale del Bundestag, il parlamento tedesco, e ha ricevuto moltissimo supporto. La petizione, presentata a febbraio dalla testata online Neon e da Einhorn, una start-up già conosciuta per i suoi condom vegani, è già arrivata a oltre 80.000 sottoscrizioni e in base alle leggi tedesche il Bundestag è ora tenuto a discutere la proposta, così come avviene per tutte le petizioni sopra le 50000 firme.

Nello specifico, si richiede di portare l’IVA dal 19% attuale al 7% per tutti i prodotti femminili connessi alle mestruazioni. L’argomentazione alla base della rivendicazione è tanto immaginabile quanto sacrosanta: l’attuale tassazione è eccessiva per un prodotto che le donne sono tenute a utilizzare per necessità e non per scelta, e configura quindi un forte danno per tutte le donne. Portare l’IVA dal livello dei beni di consumo a quello dei beni necessari ai bisogni di quotidiani, secondo la catalogazione tedesca, avrebbe quindi la funzione di ristabilire equità verso le donne, tanto economica quanto di trattamento.

Una particolarità della petizione, rispetto alla proposta italiana, è che nel cambio di IVA verrebbero inclusi tutti i prodotti usati durante le mestruazioni, ivi compresa la coppetta. Questa differenza, apparentemente piccola, ha in realtà ha il merito di introdurre un cambiamento di mentalità per cui tutti i prodotti connessi al periodo mestruale, e non solo gli assorbenti, vengono considerati prodotti medici necessari e tassati di conseguenza.

Indipendentemente dall’esito che avrà la proposta tedesca, accomunare assorbenti e coppetta nella prospettiva di una rimodulazione dell’IVA ha il merito di costringere chiunque ad affrontare la questione per quello che è, ovvero un tema inerente la disparità di trattamento che subiscono le donne, piuttosto che mettere in mezzo argomentazioni ambientali o di altro tipo, certo lecite ma che non colgono il punto. Quando parliamo di abbassare l’IVA sui prodotti mestruali il punto non è l’impatto che hanno gli assorbenti usa e getta sull’ambiente, ma prendere atto di un situazione iniqua che alimenta una disparità di genere. Dopodiché, i vari D’Uva potranno continuare ad avversare la proposta, ma almeno non potranno chiamare in causa lo scioglimento dei ghiacciai.

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