Benessere
Ci hanno rubato il parto molto tempo fa
Difficile sfuggire al dibattito sulla GPA in questi giorni, ma a me interessa farlo allargando l’orizzonte ad un percorso che viene da ben più lontano e che riguarda la progressiva assunzione di controllo maschile sulla nascita.
Il parto è stato da sempre “faccenda di donne”, non solo sono le donne a partorire, ma storicamente sono sempre state altre donne ad assisterle. Da quando il parto si è spostato dalla casa agli ospedali prima per alcune categorie di donne e poi per tutte, cosa che in Italia è avvenuta soprattutto dal dopoguerra, l’assistenza è passata dalle donne della famiglia e del vicinato a medici e ostetriche diplomate, sottoponendo la donna, per la prima volta anche in questo particolare momento della sua vita, all’uomo, il medico, che detiene conoscenza, autorità e controllo. Simbolicamente e nei fatti la capacità tecnica di oltrepassare la barriera della pelle e vedere ciò che non si può vedere (l’ecografia) ha poi convinto le donne ad accettare come un fatto inoppugnabile che qualcuno sappia del bambino che portano in grembo più di quanto possa saperne loro… e quel qualcuno è spesso un uomo.
L’insieme di questi elementi ha portato ad una concezione del parto e della gravidanza come eventi medici da tenere sotto controllo per scongiurare qualsiasi inconveniente, perchè potenzialmente pericolosi per la donna che è diventata così una “paziente” e per il bambino, per quel bambino così prezioso perché sempre più raro nel mondo occidentale. I lati positivi di questo processo sono sotto gli occhi di tutti, la mortalità materna e infantile legata al parto si sono infatti ridotti drasticamente, ma c’è anche un lato negativo, che può interessare forse meno le statistiche, ma interessa molto i sociologi e moltissimo le donne: la progressiva perdita di controllo da parte delle donne del momento del parto.
Scriveva il neonatologo americano Marsden Wagner nel 1998: “…In ogni società, il modo in cui una donna partorisce e il tipo di assistenza che viene dato a lei e al piccolo sono indicativi dei valori culturalmente dominanti” di cosa parlano dunque i nostri parti medicalizzati e il nostro 37,7% di cesarei sul totale delle nascite? Di una urgenza di controllo e di sostanziale sottrazione del parto alla responsabilità della madre: ad esempio io ricordo benissimo che quando ho partorito mi è stato detto “stia tranquilla signora che la facciamo partorire oggi”, messaggio interessante dato che a partorire sarei stata io e non loro.
Non trovo così strano quindi, a partire da questi presupposti che possono sembrare “lontani”, ma non lo sono, che si arrivi a sottrarre alla donna non più solo il parto, ma l’intera gravidanza e il bambino che ne è il frutto fino a negare la valenza fisica, emotiva, simbolica della madre e a farne una incubatrice dalle prestazione particolarmente elevate. Il tutto buttando alle ortiche un secolo di studi sul rapporto madre-bambino nell’utero (i primi studi, di Preyer, sono del 1909) nonché le più recenti teorie sugli effetti del parto sul microbioma del bambino e la conseguente importanza del parto indisturbato e dell’allattamento al seno. In tutto questo processo quella che appare con grande evidenza è l’arroganza maschile di accaparrarsi anche l’ultimo spazio di controllo sulla vita e non conta chi beneficerà del “prodotto del concepimento” se una coppia di uomini, di donne, o una coppia etero: è il processo intero ad essere maschilista, alienante per la donna coinvolta e senza alcuna riflessione sulle conseguenze a lungo termine per il bambino.
C’è un cammino iniziato da almeno trent’anni per promuovere le competenze delle donne, che affonda le sue radici nel movimento femminista, e che credo possa illuminare anche questi temi così opachi e complessi: la vera urgenza che accomuna occidente, paesi emergenti e in via di sviluppo non è tanto quella di vietare queste pratiche (sacrosanto!), quanto di educare le nuove generazioni di donne affinché siano consapevoli della potenza del proprio corpo, responsabili fino in fondo di esso anche nella gravidanza e nel parto, libere di scegliere perché protagoniste delle proprie vite. Perché sono convinta che solo le donne potranno mettere un freno a questa tracotanza maschile e restituire alla vita la componente di mistero che le è propria.
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