Questioni di genere

Chiesa e abusi: alla nostra fiducia tradita chi ci pensa?

12 Febbraio 2019

Ora che anche il Papa ha parlato apertamente degli abusi sulle suore, dopo l’editoriale firmato da Lucetta Scaraffia sull’ultimo numero di Donne Chiesa Mondo dell’Osservatore romano,  sembra finalmente che l’ultimo tabù sia saltato (ne avevo scritto qui) eppure la sensazione pressante, come donne e credenti, non è certo quella di un sollievo, bensì piuttosto di una ulteriore lacerazione in quel tessuto vitale e delicato che chiamiamo fiducia.

Mentre l’elenco dei sacerdoti e religiosi accusati di abuso sui minori continua ad allungarsi, un nuovo  -in parte sovrapponibile- elenco di predatori di donne ci viene messo davanti, con alcuni nomi eccellenti, tra i quali Padre Hermann Geissler, capo ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede. E noi che siamo donne e madri cattoliche ci troviamo a sbattere dolorosamente contro la consapevolezza che quella che abbiamo sempre considerato la nostra Chiesa non è un luogo sicuro: né per i nostri figli né per noi.

Nessuno ovviamente intende ridurre la Chiesa agli abusi di alcuni suoi membri, nessuno ne mette in discussione la missione o il valore, ma sembra che in tutta l’azione messa in opera per arrivare – finalmente – a scoperchiare il verminaio che covava sotto il potere indisturbato di un sistema clericale ammalato di clericalismo (come l’ha definito Papa Francesco), non si prenda in considerazione un fatto: come potrà la Chiesa riacquistare la nostra fiducia tradita?

In questo momento la gerarchia cattolica si sta impegnando – finalmente – nel far emergere la verità: nell’appuntamento che si aprirà il prossimo 21 febbraio, e che vedrà il Papa insieme ai capi delle conferenze episcopali di tutto il mondo affrontare il tema degli abusi, c’è da sperare che si facciano passi in avanti nel creare una prassi che impedisca per il futuro insabbiamenti che in passato hanno sottratto i rei alle conseguenze penali che spettano loro. Ma i “protocolli chiari”, che il Papa auspica usciranno dall’incontro, sono sufficienti?

Ancora una volta manca un vero ascolto delle vittime, come hanno rilevato in molti e ai quali sta facendo da portavoce autorevole il cardinal Schönborn arcivescovo di Vienna. Se non si darà voce alle vittime necessariamente al centro dell’attenzione resteranno i carnefici: quelli che per decenni sono stati coperti e tutelati e che ancora oggi la Chiesa considera i principali destinatari della propria cura. Non a caso si parla più della necessità di un sostegno psicologico all’immaturità affettiva dei preti, che della devastazione delle vittime: i protagonisti sono e restano loro.

Oltre agli abusatori e agli abusati c’è però un terzo soggetto, totalmente dimenticato, e quel soggetto siamo noi, noi credenti impietriti di fronte alla realtà che andiamo scoprendo e disorientati. Come laici, laiche, come madri e padri che ogni settimana o ogni giorno affidano i propri figli alle parrocchie, alle scuole cattoliche, ai movimenti ecclesiali, come donne che si mettono a servizio delle comunità coadiuvando i sacerdoti, come religiose che del servizio a Cristo e alla Chiesa hanno fatto il centro della loro vita: abbiamo diritto ad essere presi in considerazione, abbiamo diritto a vedere che questa nostra Chiesa non ha a cuore la preservazione di se stessa, ma la nostra cura, che sia presenza viva del Buon Pastore in mezzo a noi.

La Chiesa di Francesco saprà affrontare con coraggio questa prova? Saprà vedere nello sguardo delle vittime e nella fiducia lacerata di tanti semplici fedeli, la chiamata che il Signore le rivolge oggi? E ci coinvolgerà in questo cammino di purificazione?

È un tempo critico, che non è giusto lasciare alla sola gerarchia affrontare, per questo nella Chiesa – e significativamente dalle donne – arrivano occasioni di riflessione e mobilitazione: tra queste la campagna promossa da Voices of Faith dal titolo #overcomingsilence e finalizzata a sensibilizzare i credenti di tutto il mondo all’urgenza di dare il diritto di voto delle donne nei sinodi e più in generale aprire alla leadership femminile nella Chiesa, della quale si sente profondamente la mancanza.

Difficile dire se una presenza maggiore delle donne in ruoli di responsabilità nella Chiesa avrebbe evitato tutta questa sofferenza, ma è chiaro che da questa crisi non si uscirà senza il concorso di tutti e di tutte. Per questo il tempo è giunto perché le donne trovino posto nel cuore dei processi decisionali ecclesiali.

A una diagnosi esatta del problema fatta da Papa Francesco, che identifica nel clericalismo la radice degli abusi, non si può rispondere solo con un’azione clericale, lasciando ai fedeli il compito di pregare e attendere… in silenzio. Da sola la gerarchia non può farcela, ha bisogno che il popolo di Dio, insieme, si coinvolga in questo sforzo di purificazione e rinnovamento. C’è troppo in gioco per restare a fare gli spettatori.

C’è in gioco la nostra fiducia, che significa – se non si fosse capito – che è a rischio  la trasmissione della fede da una generazione all’altra. Trasmissione che avviene in famiglia e – quasi sempre – attraverso le madri, attraverso le nonne… attraverso le donne.

 

 

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