Partiti e politici
Bertolaso, Meloni e come banalizzare una questione importante
Bertolaso dice alla Meloni di fare la mamma anziché pensare di fare il sindaco.
La Meloni dice a Bertolaso che lei farà la mamma comunque, che corra per sindaco o meno.
Metà della popolazione italiana (tra quelli che seguono in qualche modo le notizie) si strappa i capelli per l’uscita di Bertolaso e tira fuori una serie di appellativi che vanno dal sempre verde “maschilista” al “bifolco” passando per il più preciso “primitivo”.
L’altra metà (di quelli che seguono le notizie) tace pensando che in effetti Bertolaso ha ragione, ma si vergognano a dirlo a voce alta.
Ancora una volta ci è sembrato per un attimo che la maternità assumesse una rilevanza nel dibattito politico, ma – no – scherzavamo, non si parlava davvero della maternità e delle possibilità concrete che una donna ha di avere un ruolo sociale anche se gravida o già madre, si parlava solo dell’opportunità che una donna si metta in mezzo a un gioco per soli uomini proprio nel momento in cui non può mascherare o nascondere il fatto di essere una donna.
Ciononostante possiamo cogliere l’occasione per dire che una donna incinta non è malata e che la maternità non è una menomazione, ma forse vale la pena andare anche un po’ oltre. Forse potremmo cogliere il pretesto per raccontare un’altra storia, quella di un piccolo mammifero che quando esce dall’utero cerca la sua mamma, l’unico essere che conosce e riconosce, di cui conosce voce, odori, battito cardiaco e che accanto a questo essere vuole stare giorno e notte per un buon numero di mesi. Questo piccolo non è particolarmente interessato a cosa stia facendo la sua mamma purché sia a portata di mano, o perlomeno lo sia la sua tetta e la sua voce, non pretende un contatto visivo continuo e nemmeno continue stimolazioni, sa benissimo intrattenersi da sé grazie alla sua enorme curiosità per il mondo, gli basta la sua presenza amorevole (e la sua tetta, forse l’avevo già detto).
Io, quando ho scoperto di aspettare mia figlia, ero molto preoccupata di “non perdere il treno” del lavoro, dato che mi ero appena trasferita di città e mi stavo appena reinventando in un contesto e un lavoro nuovo. Poi è nata e all’improvviso ho sentito il desiderio fortissimo di restare a casa con lei, di dedicarmi a lei e tutto il resto si è sfocato, finché non ho deciso di mollare temporaneamente il lavoro, non appena portati a termine gli impegni presi. Questo ha comportato delle rinunce, dei passaggi non facili, ma è stata una scelta consapevole, condivisa e – in ultima analisi – estremamente gioiosa. Eppure a dire la verità proprio questo percorso mi ha portata a comprendere che il nodo della questione non è lavorare-non lavorare, dato che il desiderio di esprimere il nostro potenziale, portare il nostro contributo alla società, guadagnare, ce l’abbiamo tutte, la questione è che qui e oggi questo legittimo desiderio non si combina con l’avere un bambino piccolo accanto. Fino a pochi decenni fa le nostre bisnonne non si sognavano certo di smettere di lavorare in casa o nei campi perché avevano un bambino, se lo portavano semplicemente appresso, e così fanno ancora tutte le donne che appartengono a società rurali tradizionali. Da noi invece ci sono gli “asili nido” e pare che l’unica politica per la famiglia sia farne di più e guai a dire il contrario perché “i bambini devono stare con i bambini”, possibilmente in luoghi isolati, sicuri e che non vediamo. Ma separare la diade madre-bambino non può essere la risposta, perché i bambini hanno bisogno di stare con le loro mamme tanto quanto le mamme hanno bisogno di stare con i loro bambini e la sofferenza che viene dalla separazione (e che le mamme esprimono, i piccoli non sono in grado di esprimere) ne è la prova. Allora la risposta può e deve essere nel fare spazio nei nostri uffici, nei nostri luoghi di lavoro, nelle nostre città per i nostri piccoli. E l’ufficio di un sindaco, ne sono certa, di spazio ne ha e se può rappresentare un esempio e un modello, ben venga!
Quindi per favore smettiamola di schierarci tra chi vuole le mamme a casa e chi le vuole al lavoro, dopo aver affidato la prole ad altri, schieriamoci piuttosto con la diade mamma-bimbo che non vuole essere separata, ma non richiede spazi ovattati e chiusi per vivere, vuole vivere semplicemente nella società, consentendo alla donna di esprimere il proprio ruolo e al bimbo la possibilità di crescere accanto a lei e in mezzo a noi.
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